Non viene verso di me, è troppo codarda per affrontarmi qui davanti a tutti, soprattutto davanti ad Amelia.
Quando sono entrati nell'enorme salone l'ho vista immediatamente. Tutta la mia attenzione si è focalizzata su di lei, avvolta da un abito che le sottolinea ogni forma e che, comunque, non rende ancora la sua bellezza.
Non credo che esista un abito che possa renderle giustizia a pieno.
Steph mi strattona. - Allora, la smetti di fissarla? - dice ridendo.
- Chi starei fissando?
- Non far finta di non avere capito. Ti conosco troppo bene. In ogni caso, è proprio bella, approvo.
- Non c'è nulla da approvare, Steph. Non è il mio tipo.
- E chi sarebbe il tuo tipo? Megan?
- Io non ho tipi, mi basta scopare. Non ho bisogno di legarmi per tutta la vita ad una persona per essere felice. Non dipenderò mai più da un'altra persona.
- Come puoi pensare di stare tutta la vita da solo? Senza rapporti veri e sinceri? Senza...
- Steph. - la interrompo, prima che cada nello smielato. - Lo sai anche tu che queste cose non fanno per me. Io sto bene così.
- E che farai quando qualcuno te la porterà via?
- Non è mia, Steph.
- Da come ti guardava e da come la guardavi tu, non si direbbe.
La fisso, incapace di controbattere perchè non so dare una spiegazione a me stesso, figuriamoci a lei.
- È solamente attrazione, nulla di più. Non vedere più di quanto c'è in realtà.
- D'accordo. - dice, arrendendosi. - Andiamo, accompagnami a prendere qualcosa da bere.Andiamo all'esterno, sotto il porticato dove sono allestiti i lunghi tavoli pieni di cibo e bevande.
- Champagne?
- No Matt, va bene un succo di frutta. Dovresti prendere lo stesso per te.
- Non preoccuparti, è solo il secondo.
Le porgo il succo di frutta e poi prendo un calice di champagne per me, e lo porto subito alla bocca.
Mi guardo intorno, i ricordi mi invadono e la nostalgia, per quei tempi che mai ritorneranno, prende il sopravvento.
Quasi mi manca l'aria per quanto fa male, così allento, per quanto mi è possibile, il papillon.
Prendo un' altra coppa di champagne e bevo.
Bevo perché è l'unica cosa che mi aiuta, bevo perché è l'unica cosa che mi permette di sopportare tutta questa inutile farsa, bevo perché altrimenti il dolore mi vincerebbe e io non posso permetterlo.
Non posso cedere al dolore.
Guardo altrove e vedo Amelia, con attorno il braccio di Liam, è intenta a ridere ad una delle sue battute.
Perché diavolo non le leva quelle mani di dosso?
Bevo ancora.
Questo è l'ultimo.
- Dovresti rallentare amico.
Mi volto e vedo Trevis intento a baciare la sorella.
- Adesso fai gli agguati alle spalle?
- Se fossi stato più attento e meno perso nei tuoi pensieri te ne saresti accorto. - ride.
- Sai che lo reggo bene, non preoccuparti. E poi se devo sorbirmi tutto questo, ho bisogno di qualcosa di forte che mi aiuti.
- Perché sei venuto Matt? - mi chiede Trevis abbassando di un tono la voce.
Lo guardo, cercando di capire dove vuole arrivare. - Perché sono venuto ogni anno e non me la serei perso.
- Il motivo reale, Matt.
- Che vuoi Trev?
- Voglio che tu mantenga la calma, perché si vede che questo non ti fa bene. Non eri ancora pronto ad affrontare tutto questo.
- Trevis, figliolo!
La voce di mio padre mi rimbomba nelle orecchie, così chiudo gli occhi per tranquillizzarmi quel tanto che basta.
Forse ha ragione Trev. Forse non sono ancora pronto.
Non sono pronto ad affrontare tutto in una sola sera.
Gli occhi dei presenti sono, per la maggior parte, rivolti a noi.
Aspettano.
Non si arrendono.
Vogliono lo spettacolo.
Vogliono vedere chi sarà il primo a cadere.
- Dovresti smetterla di bere. - dice rivolto a me.
- È solo il secondo, tranquillo: non la rovino la tua bella festa.
- Vedo che, come al solito, non ti rendi conto di quello che fai. Sei almeno al quarto bicchiere, ma tanto non te ne importa delle conseguenze. O sbaglio?
Eccolo qui. Non poteva trattenersi dal tirare in ballo la storia. Invece no, ogni occasione è buona per ricordarmi ciò che ho fatto.
Quanto male ho fatto.
Ma io, di ciò che pensa lui, delle sue frecciatine, me ne frego. Forse questo ancora non lo ha capito. Lui per me non conta. Lui è morto.
Steph trattiene il fiato e Trev, che si è spostato vicino a me, mi preme sul braccio come a dirmi di stare tranquillo.
- Hai ragione. A me, delle conseguenze che derivano dalle mie scelte, non importa nulla. A te, invece? Te ne importa qualcosa o continui ad imporre anche agli altri le tue di scelte?
- Cosa sei venuto a fare qui? - mi chiede nervoso, quasi infuriato.
Un po' lo compatisco, la mia presenza è stata una sorpresa per tutti, neanche mia madre si aspettava che venissi.
Ed eccola lì, Gloria, è appena accorsa, non appena ci ha visti vicini si è diretta, a passo spedito, verso noi. Consapevole dell'imminente catastrofe.
- Sono stato invitato e vengo quando voglio, non sei di certo tu a dirmi cosa posso o non posso fare. - dico acido. Se potessi lo atterreri con un bel gancio destro.
- Tu sei l'errore più grande di questa famiglia. Tu ci hai mandanti in frantumi.
I volti di Trev e Steph sono attraversati dapprima dall'incredulità e poi dalla rassegnazione, quello di mia madre, invece, è il volto dello sbigottimento.
- Cole! - lo redarguisce mia madre.
Lui, colto in fallo, la guarda con uno sguardo di scuse.
- Sta' tranquilla. Non ha detto nulla che già non sapessi. Almeno lui, a differenza vostra, ha il coraggio di dire ciò che pensa. Ha il coraggio di dirmi la verità. Almeno in questo sei bravo! - gli dico fulminandolo con lo sguardo.
- Non è assolutamente vero! - dice mia madre con le lacrime agli occhi.
- Che poi tu sia uno stronzo bastardo è un'altra storia.
- Ma come ti permetti? - chiede lui, afferrandomi per il bavero della giacca.
Mia madre si porta le mani alla bocca, preoccupata per quello che potrebbe accadere, Steph le va incontro e la stringe in un abbraccio, Trev si mette tra di noi.
- Signor Wilson, non è il luogo e tantomeno il momento questo. - dice in tono severo.
- Ma no Trevis, è proprio il momento adatto questo. - dico, togliendomi, con forza, le mani di quello stronzo di mio padre di dosso. - Finalmente! - urlo, sfogandomi. - Avete ottenuto ciò per cui siete qua questa sera! Per cui permettetemi, - prendo l'ultimo bicchiere di champagne e me lo scolo d'un fiato, poi trascinando una sedia al centro del portico, mi isso su e li guardo, tutti, uno per uno. I nostri ospiti. Quelli che amano definirsi nostri amici, ma che godono nel vederci spezzati.
- Matthew! - dicono Trev e Steph, poi Trev si dilegua, ma non importa, non me ne importa più nulla ormai.- Avrete il vostro spettacolo di fine estate signori! Perché lo sapete tutti che questa famiglia è ormai caduta a pezzi. Perché l'unica persona che la teneva insieme era Lucas, ma Lucas è morto! - urlo ancora, con tutti il fiato che mi resta in corpo - E a dire di Cole Wilson, l'uomo che impone le sue scelte e che voleva essere l'artefice del destino di Lucas, nonché del mio, è colpa mia se Lucas è morto.
Ma se chiedete bene questa è un'opinione condivisa un po' da tutti. Pure da chi con questa famiglia non c'entra un cazzo!
I volti degli invitati sono sbigottiti, ma c'è anche della tristezza e dell'amarezza sul volto di qualcuno, sul volto di quei pochi che, in fondo, sanno quello che ognuno di noi sta passando da un anno a questa parte.
- Lo si vede dagli sguardi di mia madre, che piange il figlio ormai sottoterra da quasi un anno, e lo si legge nel volto di Steph, al quale ho strappato l'amore della sua vita. Ma tu... - la guardo - tu hai strappato molto di più a questa famiglia, tu ci hai tolto la possibilità di avere ancora qualcosa di Lucas.
Lei mi guarda, le lacrime le rigano il volto e istintivamente si porta una mano in grembo.
Chiudo gli occhi, sento le lacrime rigarmi il volto, ma non posso cedere. Sono stanco di tenere tutto dentro. Io con loro ho chiuso, con tutti loro.
- Ma carissimi ospiti... - la vedo arrivare, correre verso di me, seguita da Amy e Trevis. - La persona di cui, più di tutti, mi fidavo ciecamente, la persona alla quale dicevo ogni cosa senza sapere che in realta è il volto della falsità. La persona con cui ho condiviso, anzi, abbiamo condiviso gioie e dolori e che più di tutti mi incolpa è lei. - dico allungando una mano come per presentarla. - Jillian Wilson, la mia sorellina. - prendo un bel respiro d'aria fresca. - E adesso che lo spettacolo è finito, gradirei che ve ne andaste tutti a fanculo! È stato un vero piacere intrattenervi!
Salto giù dalla sedia e vado verso Jillian.
- Mi fidavo di te. - le dico ad un orecchio. - Mi fidavo come mai di nessuno e mi hai tradito. Questo è solo un piccolo assaggio, sorellina.
- Matt... - cerca di afferrarmi per un braccio, ma io mi scanso. - Non posso perdere anche te... - piange.
- Mi hai già perso.
Poi mi volto verso Amy, di colpo bianca, la prendo per un braccio e la trascino via con me.
- Lasciami! - dice, con la voce spezzata.
- Sta' zitta.
La porto di peso verso la macchina, senza nessuno che mi segua.
Sono troppo sconvolti, gli stronzi.
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L'AMORE NON HA BISOGNO DI PAROLE
FanfictionIl college per Amelia dovrebbe segnare un nuovo inizio e il mezzo attraverso il quale ripagare tutti i sacrifici della madre, che l'ha cresciuta senza l'aiuto di nessuno; l' inizio di una nuova vita che le permetta di dimenticare l'abbandono del pa...