MATTHEW

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Le mie mani seguono i contorni del suo corpo.
La sento al mio tatto, come mai prima.
Vedo le emozioni che ogni mio tocco le provoca.
Vedo come ogni parte del suo corpo risponde al mio, come ogni cellula del suo copro segue il richiamo delle mie.
Siamo pelle contro pelle, labbra contro labbra.
Le divoro il labbro, la tengo stretta a me, la strattono per i capelli così da avere il suo collo alla mia mercè.
E lei, lei non si tira indietro.
È me che vuole.
E io voglio lei, come non mai.
Questa volta non mi fermo, mi prendo ciò che mi spetta.
Mi prendo quello che desidero, ormai da tanto, troppo, tempo.
Ho un bisogno incommensurabile di sprofondare dentro di lei, di bearmi di lei.
Le sfioro il seno con le mani, che ne coprono perfettamente la superficie e le riempiono completamente, continuando a baciarla, fino a quando non la sento.
-Cavoli, cavoli, cavoli!!- dice, saltando giù dal letto e cercando la maglia che le ho tolto.
Dannazione, che tempismo perfetto la mammina!
-Tieni- le dico, intercettando per primo la sua t-shirt, buttata sul pavimento.
-Non ci posso credere!- dice lei, infilando convulsamente la t-shirt. -e guarda qua!- dice osservandosi allo specchio, posto dietro la porta della sua camera.
-Cosa?- le chiedo sollevando le sopracciglia e tentando, invano, di trattenere una risata.
-Sono tutta rossa!- dice indicandosi la parte che, fino a pochi secondi fa, le torturavo -lo capirà subito- dice sbuffando.
Mi avvicino a lei portandole una ciocca di capelli, sporchi di fango, dietro l'orecchio -Non preoccuparti. E poi, anche se lo capisse?
Sbatte le lunghe e folte ciglia, indugiando sul mio volto.
Quegli occhi. Parlano al posto suo. Mi trapassano. Pieni di.. che cosa?
-Forse è meglio scendere di sotto, prima che si insospettisca- le dico, cecando di sciogliere quegli sguardi, che parlano più di mille parole.
-C- certo. Andiamo.
La seguo giù per le scale e ,quando arriviamo in quello che è il soggiorno, mi rendo conto del casino che abbiamo lasciato.
-Amelia! Ma che diav..- le parole di mamma Eleonor si fermano quando i suoi occhi si posano sui nostri corpi, rivestiti completamente di fango.
-Oh santo Dio, ma che avete combianato?
-Mamma, scus..- ma non do il tempo ad Amy di terminare, perchè mi intrometto.
-In realtà, signora Philipson, è colpa mia.- dico, sfonderando il mio miglior sorriso e il solito sguardo da cerbiatto intristito.
-Oh...e..e cosa è successo?- chiede lei, a fior di labbra, incantata.
-Be', stavamo lavando i piatti e siamo passati da qualche innocuo spruzzo ad un vero e proprio bagno di fango. Ma non si preoccupi, ovviamente ripuliremo tutto, in men che non si dica.
Osservavo Amelia guardare intensamente la madre, che sposta lo sguardo da me a lei, riflettendo sulle mie parole, poi abbozza un sorriso -Non preoccuparti, Matt, non è nulla di grave.
Poi la osserviamo mentre sale al piano di sopra e si dilegua.
-Io.. davvero... sono sbalordita.
La guardo in maniera interrogativa, non capendo a cosa si rifersica.
-Se non fossi intervenuto o se avessi fatto tutto questo da sola, non sai che predica mi sarei dovuta sorbire.
-Ma tu non hai il mio stesso fascino, splendore- le dico avvicinandomi.
-Mia madre è di sopra- sussurra.
Sorrido della sua timidezza e della sua voglia di non mostrare a nessuno quello che abbiamo.
Non le piace mostrare in pubblico quello che le faccio provare, le emozioni e i desideri che nascono in lei quando le sono così vicino.
-Allora mi sa che dovremmo sbarazzarci della mamma.
-Niente affatto, caro mio, la mamma resta qua- dice ridendo- e adesso smettila di fare questo- indica me e lei con un dito- e aiutami a mettere in ordine.

Impieghiamo diversi minuti per riportare tutto all'ordine precedente, e spesso mi perdo a guardare Amy mentre riordina; la osservo mentre si porta, con una periodicità allucinante, una ciocca dietro l'orecchio, mentre si abbassa a raccogliere la sporcizia da terra, mentre si issa sulle punte dei piedi, per cercare di arrivare agli sportelli in alto.
-Ti serve aiuto?- le chiedo avvcinandomi pericolosamente a lei, che sobbalza.
-Devi smetterla- sorride.
-Di fare cosa, esattamente?
-Di prendermi alle spalle.
-Oh, piccola, non sai in quanti altri modi vorrei prenderti- le dico e vedo il suo volto accendersi per la vergogna mista al desiderio.
-Sei proprio un pervertito!- mi canzona, sorridendo.
-No, ti voglio. Ti voglio come non ho mai voluto nessun'altra. Voglio farti scoprire cose che neanche immagini, e voglio essere io, e solo io, ad insegnarti.
-Davvero?- mi chiede lei, innocente, girandosi lentamente e allacciando il suo sguardo al mio- vuoi insegnarmi?
Annuisco, quasi incapace di proferire parole.
Si morde il labbro, e so che è eccittata dalle mie parole - Allora insegnami. Insegnami, sono qui Matt. Sono qui, per te.

L'AMORE NON HA BISOGNO DI PAROLEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora