AMELIA

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Non ho la più pallida idea di dove andare; quando sono uscita dal dormitorio ero in preda alla rabbia e non ho ragionato.
Sono sola tra le strade di Charlotte alla ricerca di un motel o qualsiasi altro posto in cui passare la notte.
Di tornare a casa non se ne parla, perché dovrei spiegare a mia madre che ho buttato all' aria il mio futuro, rimanendo incinta di un ragazzo problematico e che, infondo, non mi ama.
Non ho neanche accettato l' offerta di Jill di andare a casa dei suoi, che a suo dire mi avrebbero accolta con piacere; ma anche in questo caso avrei dovuto dare una spiegazione e, se mai Matt fosse tornato sui suoi passai, Jill avrebbe sicuramente detto dove mi trovavo; ecco perché non sono neanche nel motel che mi ha consigliato.
Devo essere certa di poter passare una nottata tranquilla, per quanto possa esserlo, senza la paura che lui venga a bussare alla porta della mia camera; anche se dubito lo farà.
Ho riempito un piccolo borsone con il necessario per una notte.
Devo assolutamente capire cosa fare di tutta questa situazione che si è venuta a creare.
Sono sola, non ho un lavoro e frequento il primo anno di università; ho ripetuto gli stessi errori di mia madre, solo che sono di qualche anno più grande, il che mi fa stare ancora peggio.
Mi ripeto in mente che le alternative sono solamente due: ho accetto questa nuova sfida oppure domani mi presento all' appunto che ho preso con il ginecologo e metto la parola fine a tutto.
L' insegna luminosa di un motel attira la mia attenzione; con prudenza attraverso la strada, poco illuminata, e mi fiondo all' interno dello stabile, che da fuori non sembra messo neanche troppo male.
Quando entro un signore di mezz'età si trova dietro ad una scrivania, con le parole crociate tra le mani e degli occhiali rotondi che poggiano sull'estremità del naso; ha le guance paffutelle e rosse, un baffo brizzolato un po' sporco di caffè, e posso anche intravedere una pancia abbastanza prominente, sulla quale si trovano diverse briciole.
-Salve, come posso aiutarla?- chiede cordiale con un sorriso rassicurante mentre si spazzola via le briciole.
-Volevo una camera singola per la notte. Ne avete una?- chiedo ricambiando il suo sorriso.
-Certo, mi servirebbe un documento così posso registrala e poi le farò vedere la camera.- dice tirandosi su le lenti con l' indice.
Gli porgo il mio documento di riconoscimento e aspetto che mi registri per poi seguirlo lungo un corridoio sul quale affacciano diverse porte; quando arriviamo davanti alla camera 33 si ferma, prende le chiavi da un mazzo e apre la porta.
-Ecco a lei, non è grandissima ma per una persona va più che bene. Da questa parte c'è il bagno- dice facendomi strada- e da questa parte c'è questa porta-finestra che si apre su un balconcino che si affaccia sul giardinetto- dice scostando la tenda e mostrandomi un giardino nel quale si trova anche la piscina.
Annuisco contenta di aver trovato un posto grazioso; quando si congeda prendo la biancheria intima e il pigiama da dentro io borse e mi avvio in bagno, dove faccio una lunga e rigenerante doccia cercando di riflettere sulla mia vita e sulla stupida piega che ha preso.
Quando l'acqua calda ha portato via la stanchezza che sento, esco dalla doccia indosso la biancheria intima e il pigiama e mi accoccolo sul letto.
La suoneria del mio cellulare mi risveglia dal dormiveglia nel quale sono caduta; mi rigiro sul letto e vado alla ricerca del cellulare sul comodino, proprio quando lo prendo tra le mani smette di suonare.
Guardo l' ora sul display accorgendomi che non ho dormito chissà quanto e che sono ancora le tre del mattino.
Il cellulare ricomincia a squillare con insistenza, leggo il nome di Jill e rispondo.
-Pronto?- dico con voce assonnata.
-Amelia, dove cazzo sei?- la voce dura di Matthew mi mette subito in allerta.
-Matt..- sussurro.
-Già, sono io! Ti do cinque minuti per dirmi dove diavolo sei!- dice furioso dall' altro capo del telefono.
-Sono fuori..- dico decisa.
-Se..sei fuori? Che diamine di risposta è questa? Voglio un luogo. ORA!- urla.
-Smettila di urlare,Matt! Che te ne importa dove sono? Cosa vuoi ancora?- chiedo ormai sull' orlo delle lacrime.
-Voglio sapere dove sei.
-Non posso.
-Non puoi cosa?
-Non posso farlo...- dico catturando una lacrima che è sfuggita la mio controllo e che mi ricade lungo il viso.
-Ma di che stai parlando?- chiede Matt confuso.
-Di tutto e di niente..- sussurro ancora -ciao Matt..- dico infine, chiudendo la chiamata.

Mi sveglio improvvisamente a causa di un forte rumore che proviene dal corridoio; mi avvolgo nel lenzuolo e vado verso la porta della camera che occupo così da poter guardare attraverso il piccolo spioncino.
Sono terrorizzata dall' idea che Matt mi possa aver trovata.
Fortunatamente il suono è stato provocato da uno degli ospiti che ha inciampato e ha rovesciato per terra alcune tazze.
Rincuorata e un po' più tranquilla mi dirigo verso il letto, sul quale mi stendo.
È come se avessi passato tutta la serata sveglia, come se non avessi riposato davvero.
Mi sento fiacca e demoralizzata ma non posso farmi prendere dallo sconforto proprio ora.
Non oggi.
Non posso avere ripensamenti.

Mi faccio una doccia veloce, indosso un paio di jeans e una maglia puliti, raccolgo le mie cose ed esco dalla stanza.

-Buongiorno!- dice il vecchio signore alla reception -come è stata la sua nottata?- chiede cortese.
-Buongiorno a lei- dico con un sorriso -ho dormito davvero bene, il letto è comodissimo!

Dopo essermi intrattenuta ancora pochi secondi e aver saldato, esco dal motel.
È il momento di chiamare.
Prendo un lungo respiro e lo faccio.

-Amy...- risponde dopo pochissimi secondi.
-Ho bisogno di un favore..- sussurro piano, come se qualcun altro potrebbe sentirmi.
-Dimmi tesoro..
-Devi venirmi a prendere ma tuo fratello non lo deve sapere. Me lo devi Jill.
-Questa volta mi uccide... dove sei?- chiede subito.
Le do l' indirizzo e mi siedo su una panchina posta all' interno di un piccolo parco, poco distante dal motel.
Prendo un libro dalla mia borsa e iniziò a leggere, devo canalizzare la mia attenzione su questo dannato libro.
Leggo e rileggo la stessa pagina, non riesco ad andare avanti perché, in realtà, non sono per niente concentrata; la mia mente vaga, arrovellandosi tra i problemi della mia stupida vita, che si è rivelata totalmente diversa da quella che avevo previsto.

-Amy, tesoro!- la voce di Jill mi fa tornare alla realtà.
Sbatto gli occhi e la guardo -Ehi..- le dico alzandomi e salendo in macchina.
-Cos'è è successo? Dove sei stata?- chiede preoccupata.
-In un motel- dico sbrigativa.
-Nient' altro?- mi guarda sbigottita- non hai altro da dire?
-No- dico alzando le spalle.
-È assurdo..- dice alzando gli occhi al cielo.
Sbuffo sistemandomi meglio sul sedile -Devi accompagnarmi in un posto.
-Dove?
-In ospedale.- dico guardando dritto davanti a me.
-Non ti senti bene?- mi chiede preoccupata.
-È solo per un controllo.
-Oh d'accordo mammina- dice sorridendomi- andiamo a controllare questo mio bel nipotino.

Il tragitto fino all' ospedale è piuttosto tranquillo, Jill non fa altro che fantasticare sul sesso del bambino, su come si chiamerà, spera che non prenda il caratteraccio del padre, ed io, io muoio poco alla volta; muoio ad ogni metro che facciamo verso l' ospedale.
-Eccoci arrivate!- dice euforica- fammi solo trovare parcheggio!
-Oh no tranquilla, sarà una cosa veloce. Finirà tutto in un attimo.- dico scendendo dall' auto velocemente.
Mi guarda circospetta mentre si magia le unghie a causa del nervosissimo -Amelia!- urla - va tutto bene, vero?- chiede perplessa.
-Sì- dico- arrivo subito, aspettami!
Corro verso l'entrata sperando che non ci sia troppa fila perché l' ho capito: l' ho capito che non mi ha creduto, l' ha capito che sto per fare qualcosa di cui mi pentirò per tutta la mia vita, ma non posso fare altrimenti.

L'AMORE NON HA BISOGNO DI PAROLEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora