Capitolo 8

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Quel giorno sono decisamente più tranquilla: passare una serata con le ragazze non ha fatto altro che giovare sul mio umore.
Sono i momenti passati in sana compagnia, a ridere e scherzare, quelli che preferisco.
Durante la mia vita ho avuto molto delusioni, soprattutto nel campo dell'amicizia. Sono sempre stata molto buona e ho sempre dato tanto, a volte ricompensata con niente, e ho finito per aprire il mio cuore, lasciando trapelare tutte le mie debolezze, alle persone sbagliate.
Prima che conoscessi le ragazze, il mio rapporto con quella consideravo la mia migliore amica era finito bruscamente, senza nemmeno un motivo in particolare. Mi ero sentita ferita nel profondo da una persona che credevo fosse come una sorella e che poi si era rivelata essere una gran vigliacca. Preferiva parlare male di me alle mie spalle, senza avere il coraggio di affrontarmi per dirmi cosa fosse successo, se davvero ce ne fosse stato uno di motivo. Si era allontanata, infatti, senza una minima spiegazione e io ero arrivata a pensare che non gli servissi più ora che aveva trovato qualcuno da comandare e che eseguisse i suoi ordini senza battere ciglio. C'ero rimasta di sasso e ciò era andato a compromettere una situazione già precaria. Stavo attraversando il periodo più brutto della mia vita dopo la morte di mio nonno e vari problemi di salute che erano subentrati in quell'anno.
L'arrivo delle ragazze era stato come una ventata di aria freschezza, lo spiraglio di luce in un tunnel buio senza via d'uscita. Mi avevano aiutato a stringere i denti e a rialzarmi più forte di prima, con il sorriso sempre sulle labbra, e le avrei ringraziato infinitamente per questo. La nuova Anita esisteva anche grazie a loro.

                                                                                           ***

Aggiusto le maniche del camice, arrotolandole, e tiro un lungo sospiro. Sono pronta ad affrontare anche questa giornata lavorativa. 
Il mio primo pensiero corre a Lucia e mi fiondo in corridoio per passarle a dare un saluto prima di cominciare. Mi fermo a guardarla sull'uscio della porta: gioca distratta con i pollici delle mani muovendo la testa a ritmo, e a un tratto il suo viso si contrae in una smorfia di dolore, forse infastidita dall'ago della flebo ancora nel suo braccio.

"Anita..."un sussurro richiama la mia attenzione, improvvisamente. 

Mi volto a guardare Luca, il volto stanco contornato da delle occhiaie profonde, i capelli che gli ricadono senza un ordine preciso sulla fronte. 

"Ciao, come stai?"indugio. 

Lui si passa una mano dietro la nuca, tentennando. "Ho potuto darle un ultimo saluto prima che la salma partisse per Milano, è stato...straziante"ammette, chiudendo d'istinto gli occhi.

Non so cosa sarebbe giusto dire adesso, ma anche se avessi pensato a qualcosa, non avrei il coraggio di pronunciarlo. La mia mano tocca inconsapevolmente il suo braccio mentre ne accarezza delicatamente la stoffa del camice. 

I suoi occhi si fissano nei miei, inibendomi. Mi sento impotente davanti al suo sguardo, che non so nemmeno spiegare come mi faccia sentire in subbuglio. Le sue dita affusolate si muovono caute ad accarezzare il dorso della mia mano, provocandomi un lieve solletico e riuscendo a calmare la tempesta che c'è in me in questo momento.

"Mi dispiace...so come ti senti. Perdere una persona cara è sempre qualcosa di così difficile da accettare. Sono anni che mio nonno ormai non c'è più ma a me sembra che sia sempre il primo giorno"ammetto a quel punto, abbassando lo sguardo.

"Già..."indugia lui, formando cerchi immaginari sulla mia mano. "È brutto sapere che non sentirai più la sua voce o non vedrai più il suo sorriso. Sono bravo ad aggiustare il cuore degli altri e in questo vorrei che qualcuno aggiustasse il mio"il suo tono diventa improvvisamente basso a quelle parole, lasciandomi spiazzata.
Sento dei brividi attraversarmi la schiena.

Ricominciamo da qui (COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora