Capitolo 13

5.7K 191 284
                                    

Potevo decisamente affermare che quella giornata non fosse iniziata nei migliori dei modi. In mattinata, il cellulare aveva squillato nel bel mezzo del mio sonno, facendomi sobbalzare. Avevo testato il comodino più volte, con gli occhi semichiusi, prima di riuscire a recuperarlo e, nel frattempo, avevo quasi sperato che fosse stato Nicola a chiamarmi, dato che ormai da giorni non avevo più sue notizie. Avevo dovuto accantonare il pensiero in un angolino scorgendo il nome di Cristina sul display.
Ero stata tentata dal rimproverarla per avermi svegliata, ma la voce quasi disperata, con la quale mi aveva parlato, mi aveva fatto dimenticare ogni cosa.
Per questo motivo, ero scattata giù dal letto, rabbrividendo a contatto con il pavimento freddo, e avevo lasciato che mi confidasse tutte le sue paure per quell'imminente appuntamento. L'avevo ascoltata e rassicurata dicendole che sarebbe andato tutto bene. Non conoscevo abbastanza bene Edoardo come la mia amica, ma potevo dire che non si sarebbe azzardato a far soffrire Cristina e, nel caso fosse successo il contrario, ci avrei pensato io a fargli una bella ramanzina. Avevo avuto modo di appurare, però, nei giorni in cui avevamo lavorato insieme, che fosse una brava persona, quindi potevo dormire sogni tranquilli.

Il rapporto che lega me e le mie amiche è fatto di tanta complicità ed è bello pensare che ci saremo sempre l'una per l'altra e che faremmo tutto pur di vedere le altre con il sorriso.
Ho un senso di protezione nei loro confronti, che mi porta a tenerle lontane dai pericoli, facendomi sentire quasi una mamma con i propri figli.
Ero felice che avesse deciso di sfruttare questa occasione ed era giusto che ognuno vivesse la propria vita, non potevamo sempre crogiolarci nel pensiero che non avessimo bisogno di un uomo al nostro fianco. E allora perché, all'improvviso, mi si era formato un groppo in gola?

Cristina se ne era accorta, sùbito, che qualcosa non andasse, avevo negato in tutti i modi facendole credere che fosse tutto a posto, ma la sua voce irrimovibile mi aveva portato a cedere. La verità è che desideravo che ci fosse un cambiamento a livello amoroso nella mia vita, e il mio non era affatto un pensiero egoistico né gelosia. Istintivamente, la mia mente era corsa a colui che avevo visto sempre come la persona che avrebbe potuto donarmi l'amore di cui avessi bisogno, Luca. Era completamente impossibile, però, che ci potesse essere qualcosa tra di noi, non sapevo nemmeno che tipo di rapporto ci fosse tra me e lui. Mi sembrava che facesse un passo avanti e poi successivamente uno indietro, costruendo un muro insormontabile tra noi, così come era successo il giorno prima.
Sapevo che quando mi aveva aperto il suo cuore, quella fredda sera sul terrazzo dell'ospedale, era stato solo un momento di debolezza, e dubitavo sarebbe successo ancora facilmente.
Potevo decisamente affermare che il passato mi stesse travolgendo, trasportandomi di nuovo al liceo. Era sempre stato così tra noi, un susseguirsi di alti e bassi, niente di troppo stretto ma nemmeno di distante. Non riuscivo mai a capire fino a fondo cosa pensasse, ma preferivo crogiolarmi nell'idea che un giorno lui si sarebbe accorto di me, per davvero. Non l'avevo mai completamente rimosso dalla mia mente e ne avevo avuto la conferma quando l'avevo rincontrato.
Allora per quale motivo continuavo a pensare che le cose potessero cambiare e che ci fosse, anche se minima, speranza tra noi?

Scossi la mia testa con veemenza, scacciando tutti quei ricordi. Avevo confessato tutte quelle cose alla mia amica e lei aveva cercato di mettermi in guardia come al liceo: non valeva la pena che io stessi male così e nel profondo sapevo che avesse ragione.
"Esci, stasera, e vai a divertirti. Hai bisogno di svagarti un po'"aveva detto prima di salutarmi. A niente era servito raccomandarle di non pensare a me e di godersi la sua di serata perché aveva già attaccato e le mie parole erano rimbombate nella stanza.
L'unica nota positiva era stato arrivare nel pomeriggio in ospedale per il mio turno e trovare Lucia che riposava tranquilla.

Ed ora sono seduta al suo capezzale che l'osservo dormire. Il suo viso è rilassato e le labbra leggermente piegate all'insù, quasi come se sorridesse. È serena  e questo incentiva la mia contentezza. Vorrei davvero che fosse sempre così, che le venisse concesso di vivere la sua vita con spensieratezza come è giusto che sia per una bambina.
Scuoto la testa ripetutamente per scacciare le lacrime che minacciano di uscire e tiro un lungo sospiro, distogliando lo sguardo da lei per puntarlo sul resto della stanza. Il letto accanto a quello della piccola è sistemato, le lenzuola pulite. 
Sara è stata dimessa, della sua presenza non c'è più traccia, solo il ricordo dei giorni passati qui e dell'abbraccio che lei e Lucia si sono scambiate con la promessa di vedersi al di fuori. 
Nessuna certezza, tanta aspettativa. Desidero che qualcuno, da lassù, faccia in modo che questo tacito accordo tra loro venga rispettato. 
Il letto di Francesco, invece, è disfatto, alcune macchinine adagiate sulle lenzuola. Al momento, è stato portato al piano di sotto per una visita di controllo, ma la sua situazione è stabile. È stato riportato in stanza ieri sera quando io non c'ero già da un po' e immagino quanto sia stata felice di rivederlo Lucia.

Ricominciamo da qui (COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora