Capitolo 44

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Il weekend passa così velocemente che quando si ripresenta l'ora di tornare al lavoro, quasi non me ne rendo conto.
Dire se mi sento pronta? No, non lo sono affatto, eppure non è qualcosa che posso rimandare.

Ora o mai più.

Mi preparo lentamente, scegliendo con cura cosa indossare e come truccarmi. Come se questo non potesse farmi sfigurare.
Fino a poco tempo non mi sarebbe importato cosa la gente mormorasse o dicesse su di me, eppure, adesso è tutto diverso, perché, oltre alla mia persona, viene giudicata la mia professionalità.
Tiro un respiro profondo, socchiudendo gli occhi, come a voler placare l'agitazione che si sta impossessando di me e mi chiudo la porta del mio appartamento alle spalle.

Nonostante mancassi da una settimana, sembra che sia passata un'eternità dall'ultima volta che abbia messo piede qui dentro. Mi faccio spazio tra queste quattro mura, a disagio, piano, come se in realtà questo posto non mi fosse familiare per nulla.
Stringo il maniglione della porta antipanico del reparto tra le mani, con forza, con il cuore che, improvvisamente, mi batte così forte. Pochi passi mi dividono da quella che è stata la mia seconda casa per mesi e che adesso si sta per rivelare il mio peggior incubo.
Lucia non sarà più qui quando avrò bisogno di passare del tempo con lei per svagarmi dal carico di lavoro e questo comporta un cambiamento nella mia quotidianità e nella mia vita stessa. Sono sempre stata poco incline ai cambiamenti, lo ammetto: li ho vissuti spesso con paura e avversione. Quando qualcosa andava ad intaccare la mia metodicità, era capace di destabilizzarmi, così come è successo con Lucia. Ma ho fatto una promessa a me stessa, riuscire a dimostrare che sia in grado di superare quello che è successo e lo farò.

Ora o mai più.

Apro la porta, che produce un suono quasi sinistro e sembra che io viva questa scena a rallentatore.
Faccio un passo in avanti, poi un altro, stando attenta a non incespicare nei miei passi; ma lo vedo, come improvvisamente, distogliendosi dalla loro attività, tutti si voltino a guardarmi, impietositi, con dei sorrisi di scherno ad affiorare su i volti di molti, i mormorii, i pettegolezzi che sembrano riaffiorare mentre mi faccio strada per il corridoio. Io sento e vedo tutto, nonostante cerchi di mantenere il mio sguardo alto e fisso davanti a me, ed è  a quel punto che avverto qualcosa dentro di me sgretolarsi.
E mentre mi ripeto: respira, Anita, continua a camminare, mi viene da pensare se io sia forte abbastanza da sopportare tutto questo.

Poi, come se avessero percepito la mia richiesta di aiuto, vedo sbucare dal corridoio Maria e Arianna e, prima che possa solo rendermi conto del loro avvicinamento, mi ritrovo stretta in un abbraccio; la capigliatura riccia della mia amica ad offuscarmi anche la vista.

"Anita, che bello rivederti" pronuncia Arianna, euforica, artigliando la mia maglia tra le sue mani.

"Ci sei mancata, Anita" aggiunge Maria, accarezzandomi una spalla. Premurosa e composta come è sempre.

Arianna scioglie il nostro abbraccio, tenendomi per le spalle. Sembra puntare ogni minimo dettaglio del mio viso alla ricerca di una sofferenza nascosta.
"Ho saputo tutto, Anita, e mi dispiace tantissimo, davvero. Ma come stai?" ammette, con uno sguardo costernato.
Maria rimane un po' più indietro rispetto a noi ma riesco quasi a notare che sia sollevata di avermi qui.

"Va tutto bene, Arianna, sul serio. Grazie per l'interessamento" le faccio presente, sciogliendomi in un sorriso.

A quel punto Maria prende la parola, facendo un passo nella nostra direzione. "Sono stata io a raccontare tutto ad Arianna: è venuta da me, una sera, preoccupata sul perché non le rispondessi, aveva capito che la tua non fosse solo influenza e ho pensato che dovesse sapere. Siamo state davvero in pensiero per te, ma adesso questo posto ha bisogno di te" ammette, tesa in volto, come se avesse paura di aver sbagliato.

Ricominciamo da qui (COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora