Capitolo 45

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Anita..." la voce di Carlotta arriva a svegliarmi poco dopo, quando cercavo di godermi un attimo di tranquillità.

Mugugno qualcosa nel sonno, aprendo lentamente gli occhi.
"Ehi..." le sorrido, allora, osservandola sedersi al mio fianco. Carlotta incrocia le braccia al petto, abbassando lo sguardo. Riesco a scorgere della stanchezza sul suo viso. Un po' di riposo servirebbe anche lei.

"Scusa non avrei voluto svegliarti" ammette poi, a bassa voce, accarezzandomi una spalla. "Sto andando via, trattengono Federico per la notte. Ci sono i suoi genitori con lui..."aggiunge, con un piccolo sorriso ad affiorare sulle sue labbra.

Nonostante sul suo viso siano evidenti ancora tracce di pianto e stanchezza, intravedo una certa luce nei suoi occhi, il che mi fa sperare tra di loro sia andato per il meglio.
Appoggio la mia mano sulla sua, ricambiando il sorriso.
"Grazie per essertene occupata" mi fa presente lei con riconoscenza, aumentando la stretta sulla mia mano.
Trattengo un verso al ricordo al battibecco, e nonostante non glielo faccia presente, Carlotta sembra capire perfettamente: "Federico ha un caratterino, ma è solo perché non sopporta che qualcuno lo veda debole."

A quel punto, mi apro in una piccola e breve risata, scuotendo il capo. "Lo vedo, lo vedo...ma puoi star tranquilla che si riprenderà presto".
Carlotta sospira, appoggiandosi allo schienale della sedia.
"Hai bisogno di riposare e ne ho bisogno anche io...andiamo a casa, ok?" le faccio presente, passandole un braccio attorno alle spalle.

Carlotta si volta verso di me, corrucciando la fronte: "Ma il motorino?" mi domanda, mentre mi alzo, sciogliendo i muscoli intorpiditi.

"Passerai a riprenderlo domani, ha ricominciato a piovere e non vorrei dovermi trovare a ricucire anche te" le faccio notare, colpendola scherzosamente a una spalla.

"Ehi!" replica lei, divertita. "Però rimango a dormire da te!" mi fa presente, puntandomi un dito contro.

Appoggio la testa sulla sua spalla, stringendola forte a me. "Non ci sono problemi. Però adesso vieni con me e mi accompagni a recuperare la mia roba, ok?"

Carlotta annuisce, e mentre prendiamo a farci strada verso il mio reparto, mi rendo conto che, stasera, più che mai, abbia bisogno di un'amica.

È notte inoltrata e le luci in corridoio sono già soffuse; l'ambiente è avvolto nel silenzio. Carlotta si muove al mio fianco, voltandosi a guardare a destra e sinistra cosa la circondi, nella penombra.
Dopo gli eventi di questi giorni, non nascondo di avere una certa paura, quindi la vicinanza della mia amica si rivela essere proficua.
Carlotta mi segue negli spogliatoi, scrutandomi corrucciata per questo improvviso cambio di rotta, ma nonostante il suo sguardo si veli di sorpresa, non sembra commentare.
Così, dopo aver riposto il mio camice e aver recuperato i miei effetti personali, mi volto in direzione della mia amica, appoggiata a uno degli armadietti posti accanto alla porta.
"Andiamo?" le domando, accennando un sorriso.
Lei annuisce, distratta chissà da quali pensieri.
Quando, finalmente, usciamo dal reparto, mi ritrovo a rilasciare un respiro.

Nonostante sia ormai notte e Luca abbia di sicuro terminato il suo turno da molto, il mio sguardo corre al padiglione che ospita il suo reparto. I miei occhi scrutano quella porta come se, da un momento all'altro, io potessi vederlo uscire da lì.
Carlotta, nel frattempo, si è allontanata per richiamare l'ascensore al nostro piano e, insospettita dal mio non averla raggiunta, si volta nella mia direzione, scoprendomi avvolta nei miei pensieri.
"Anita" mi richiama, allora, riscuotendomi.
Incrocio il suo sguardo, abbassando gli occhi, come colta in flagrante.
"Arrivo, arrivo..." sussurro a mezza bocca.
Le porte dell'ascensore si aprono dietro di noi, rendendoci impazienti di raggiungere il pianoterra.

Guardo il mio riflesso nello specchio dell'ascensore e mi rendo conto che abbia proprio una brutta cera. Gli occhi infossati e stanchi, il colorito pallido, le labbra secche e screpolate: insomma, non sono proprio un bel vedere. Mi passo una mano sul volto, sperando che una bella dormita possa
rivelarsi rigenerante.
Proprio mentre Carlotta sta per piggiare il pulsante del piano terra, qualcuno da fuori richiama la nostra attenzione.
"Aspettate" sibila, cercando di mantenere un tono basso: riconosco dal respiro che sia trafelato.
Dal riflesso dello specchio, mentre le porte dell'ascensore, finalmente, si richiudono, incrocio lo sguardo sorpreso di Luca.
Mi volto, allora, nella sua direzione, cercando di nascondere un certo entusiasmo alla sua vista. Scruto lo sguardo di Carlotta, al mio fianco,e lei sembra voler reprimere un sorriso.
Osservo Luca, composto e stretto nel suo peacot blu navy, da cui spunta un maglione a collo alto grigio. Lui si appoggia alla parete dietro di sé, le mani che tengono saldamente la sua borsa da lavoro. Nonostante sembra che voglia dirmi qualcosa, dalle sue labbra non accenna a trapelare una sola parola. I suoi occhi, però, mi rimangono con insistenza addosso e, improvvisamente, avverto che inizi a mancarmi ossigeno qui dentro.
È Carlotta a rompere l'imbarazzo creatosi. Non mi sfugge che prima di cominciare a parlare, faccia alternare lo sguardo prima su di me e poi su di lui, ripetutamente, come se stesse assistendo a una partita di ping- pong.

Ricominciamo da qui (COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora