Febbraio è stato un mese particolare; potrei definirlo malinconico e doloroso per quello che mi ha tolto, ma, allo stesso tempo, sento che mi stia donando la forza di rinascere, finalmente.
Così, quando quella mattina mi sveglio, mi sento carica della voglia che ho di riprendere la mia vita in mano e ricominciare.
Mi impongo l'obiettivo di andare avanti: se io affronto le cose con la giusta grinta, sono sicura che possano assumere una prospettiva diversa.
Mi avvicino alla finestra di camera mia e spalanco le imposte, lasciando trapelare la luce calda e luminosa del sole. La giornata comincia a prendere da sùbito una nota positiva. Poi giusto perché sento che non sia mai abbastanza, prima di cominciare a prepararmi, collego il cellulare alle cuffie bluetooth, mettendo su della buona musica, e facendo in modo che si propaghi per l'ambiente.
La musica ha sempre avuto un effetto rigenerante su di me; da sempre, quando mi sono sentita giù di morale, demoralizzata, ascoltare qualcosa che mi mettesse carica, è l'ideale. Oggi non mi è difficile ritrovare il buonumore, sarà perché sento di trovarmi su una nuvoletta immaginaria, spensierata e felice. Sento che, piano, piano, tutto si possa sistemare.
Così mi preparo, canticchiando e muovendomi a ritmo sulle note di Swam Song.
Quando, finalmente, sono pronta, indosso il mio cappotto caldo, sistemando la sciarpa attorno al collo, ed esco di casa.Arrivo al lavoro, puntuale e, per la prima volta, quando avverto che qualcuno parli di me, io continuo a camminare fiera nella mia direzione.
Devo imparare a farmi scivolare tutto addosso...
Improvvisamente mi ritrovo a sospirare di soddisfazione: quando ti senti sicura di te stessa, sembra davvero che niente riesca a scalfirti. Luca ha avuto ragione quando mi ha detto di non curarmi di loro e, incredibilmente, sembra proprio che il mio atteggiamento indifferente, riscuoti un certo successo: i sussurri persistono ma ho come la sensazione che siano sorpresi dal mio non curarmene.
Mi chiudo la porta dello spogliatoio alle spalle, e mi rendo conto che io non sia sola. Le mie colleghe sono radunate qui, e per un attimo, mi sfiora il pensiero di non riuscire a sorbirle così, tutte insieme. Arianna non c'è ancora e vorrei averla qui, qui con me.
Mi volto, allora, nella loro direzione, rendendomi conto di aver fatto calare un certo silenzio nell'ambiente. Ognuna di loro ha messo da parte qualsiasi azione stesse compiendo e i loro sguardi si posano su di me, meccanicamente, prendendo a fissarmi guardinghe. Mi sento accerchiata.
Poi ripenso a Luca e alle sue parole: la loro è tutta invidia, queste pettegole non fanno che sparlare di me, quando vorrebbero solo potersi trovare al mio posto. Adesso capisco perché in questi anni io non abbia intrapreso un rapporto di amicizia con nessuna di loro.
Così mi porto le braccia al petto, ricambiando le loro occhiate e inarcando un sopracciglio.
"Beh?" domando, facendo passando lo sguardo su ognuna di loro, ripetutamente. "Non avete altro da fare?!"
Non mi aspetto una reale risposta, vorrei solo che la smettessero di additarmi.
Nessuna delle streghe osa replicare, così, cercando di malcelare una sorta di soddisfazione, raggiungo il mio armadietto. Le osservo di sottecchi lanciarsi delle occhiate stranite prima che anche loro tornino a prepararsi per il lavoro. Devo davvero pensare che mi lasceranno in pace?.Io e Arianna ci incontriamo poco dopo, in sala comune. È lei a venirmi incontro, con l'esuberanza che la caratterizza sempre.
Sono contenta di averla qui con me, perché per la prima volta, mi sono sentita un pesce fuori d'acqua. Negli anni, l'unica amica che ho davvero potuto considerare come tale è stata Maria e, oltre lei, ho fatto amicizia con davvero pochi dei miei colleghi. La mia non è mai stata superiorità, chiariamoci, sentivo solo che non potessi fidarmi. Gli unici colleghi con cui ricordo di aver simpatizzato anche un minimo, adesso, sembrano avermi voltato la faccia e mi evitano come se avessi una malattia infettiva. Fino a qualche giorno fa non sarebbe stato un problema, perché avevo il mio ufficio dove rifugiarmi.
Arianna mi coglie alla sprovvista, abbracciandomi di slancio e, quando scruto Giorgio passarci accanto, capisco che il suo gesto non sia poi così casuale. È protettivo, di vicinanza.
Lui lascia posare il suo sguardo su di noi, scrutandoci come se fossimo delle nullità al suo confronto. Osservo i suoi occhi rimanermi addosso e macchiarsi di quella luce malevola che lo caratterizza, prima che lui si volti, per proseguire nella direzione opposta.
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Ricominciamo da qui (COMPLETA)
RomansaAnita, un metro e sessanta di dolcezza e allegria, è una specializzanda in pediatria. Adora il suo lavoro, sa che è quello che deve fare perché ci crede da sempre e, spinta dalla passione per questo lavoro, comincia a passare le sue giornate in ospe...