Capitolo 20

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Da quel giorno mi ero detta e avevo promesso a me stessa quanto fosse sbagliato vedere Luca in un modo diverso da un collega. Eppure, era impossibile ignorare i sentimenti che provavo per lui e che, purtroppo, non sarebbero svaniti così facilmente.

Ne avevo paura, avevo paura che essi mi investissero e non mi permettessero di ragionare a mente lucida. Non potevo evitare che il mio cuore cominciasse a battere più velocemente alla sua vista. Allora mi convincevo che lo odiavo, odiavo lui per avermi attirato in questa trappola, e odiavo me stessa per essermi permessa di ricascarci, per l'ennesima volta. L'attimo dopo, mi dicevo che non l' odiavo poi così tanto e, nel profondo, pensavo che il suo gesto fosse stato maturo e responsabile. 

Mi dicevo che stargli lontano, potesse essere la scelta migliore. Meno l'avrei visto, più sarebbe stato meno doloroso per me e il mio povero cuore. Ma, questa possibilità, si presentava alquanto difficile, quando eravamo costretti a vederci, ogni giorno, per discutere del bene di Lucia. 
Allora, in una recondita parte della mia mente o del mio cuore, appunto, si accendeva la speranza che avremmo potuto essere amici, ma io non sapevo se mi sentissi pronta.
Arrivavo alla conclusione che mi odiavo, e odiavo lui, e la sua fidanzata, spuntata all'improvviso, e questo bambino.

Le voci si insinuavano nei corridoi, passavano di bocca in bocca, che il nuovo medico arrivato, stesse diventando padre era il pettegolezzo del momento.

Luca ne rimaneva indifferente, non aveva mai rivelato niente al riguardo, e io avevo sperato, fino all'ultimo, che lo smentisse, ma non era successo. Lo guardavo, mentre scrutava Lucia con occhi pieni d'amore, e capivo che sarebbe stato un bravo papà. Peccato che non potesse essere il suo.

Potevo contare sull'aiuto di molte persone, ma sapevo che era una battaglia interiore che avrei dovuto combattere da sola. Le mie amiche mi stavano vicine, cercavano di coinvolgermi nelle loro uscite e non mi lasciavano mai sola. Eppure, io mi sentivo quasi un peso, nonostante loro non me lo facessero notare. 

Era successo quella mattina che Cristina mi aveva contattata per berci un caffè insieme, come ormai non succedeva da troppo tempo. Eravamo così prese dal nostro lavoro, da non accorgerci che ci stavamo un po' trascurando, ed è per questo che c'eravamo date appuntamento per fare colazione insieme. Era filato tutto liscio, finché Edoardo non aveva fatto il suo ingresso. Mi aveva guardato e, nonostante avesse tentato di nasconderlo, era rimasto sorpreso di vedermi lì. Mi aveva osservato con uno sguardo che avrei giurato fosse compassionevole e io avevo pensato che non volessi passare per la povera amica che ha bisogno di aiuto, per quella che sta passando un brutto periodo. 
Poi aveva preso a salutarmi, e Cristina aveva sorriso, addolcita, sul posto. Quando, però, lui si era voltata ad osservarla, le aveva accarezzato con dolcezza la guancia e si era avvicinato per darle un bacio, lei si era ritirata, scuotendo il capo, divertita.

In quel momento, avevo capito che non volesse che mi sentissi in imbarazzo in nessun modo e avevo compreso che non volevo limitassero la loro vita per me.

Sembrava che tutti avessero paura che io potessi cedere da un momento all'altro. Anche mia madre, rimasta all'oscuro, si preoccupava per me. Mi telefonava più del solito e me la ritrovavo spesso in casa. Avevo sempre avuto un rapporto aperto con lei, le raccontavo ogni cosa, perché sapevo quanto i suoi consigli si fossero potuti rivelare utili, ma, questa volta, avevo preferito tacere perché non volevo la questione fosse sinonimo di apprensione per lei, ed era successo il contrario. Lei, con discrezione, non poneva domande, sapevo che volesse fossi io a raccontarle ogni cosa, e la ringraziavo. D'altronde, le mamme sono così, ci capiscono e ci conoscono più di quanto facciamo noi stessi.

Poi, al lavoro, c'era Maria che, da una settimana a questa parte, non faceva altro che viziarmi: mi portava sempre il caffè, durante il turno, e faceva in modo che io non mi sentissi mai sola, che avessi sempre una spalla su cui piangere se ne avessi sentito l'esigenza.

Ricominciamo da qui (COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora