U͎n͎k͎n͎o͎w͎n͎
Casper Evans è una giovane diciannovenne euforica e tremendamente maldestra, legata alla vita solo grazie al suo migliore amico, Damien, un disperato fanatico dei papillon, e il suo gruppo musicale preferito.
Emarginata per via del s...
Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
Casper's point of view
Damien tirò più a sé la coperta di lana ricevendo in risposta un'occhiataccia da parte mia. Sbuffai mettendo in bocca un cucchiaio di caviale facendo una smorfia subito dopo, abbattuta.
«Non ci credo che lo hai sul serio lasciato lì da solo a pagare il sushi che non si è beccato e due enormi ciotole di caviale» disse Damien con le labbra sporche di salsa di soia e la bocca ripiena di un rotolo primavera. Scrollai le spalle tenendomi la testa con una mano, il braccio poggiato sul divano mentre con l'altra giochicchiavo con il rotolo di sushi che poi infilzai con una delle mie bacchette. «L'ho fatto sul serio» e mi riempii la bocca di sushi.
Sentivo lo stomaco chiuso, ma mi ero ripromessa di mangiare fino all'ultimo boccone di quel sushi solo per provare dentro di me il gusto della vittoria, anche se sinceramente mi sentivo solo da vomitare; come se ci fosse stato un masso al centro del mio stomaco che mi impediva di mangiare oltre.
«Ehi, Cass» due dita di Damien sfiorarono il mio braccio nudo facendomi sollevare il mio sguardo triste sul suo dispiaciuto, «è solo un coglione, non ti merita».
«Un coglione perfetto» replicai.
Alzò gli occhi al cielo, «sì, è carino ma l'abito non fa il monaco, Cass, ricordatelo».
Tra noi calò nuovamente il silenzio, le mie emozioni sempre intente a mandarmi in subbuglio lo stomaco; diedi una veloce occhiata al mio paio di tacchi lasciati a se stessi sul tappeto a terra al divano.
«Non voglio il caviale, puoi mangiarlo» dissi notando che la sua ciotola l'aveva più che finita, spingendo verso di lui la mia con l'aiuto delle bacchette. «Grazie» mormorò silenziosamente. Guardai l'orologio: l'una. Perché doveva andarmi sempre tutto male, possibile che Gesù ce l'avesse così tanto con me? Gesù una gioia ti chiedevo, una sola.
Mi tolsi la coperta di dosso rotolando ancora più vicina a Damien, che posò sul tavolino da caffè il restante sushi per avvolgermi un braccio attorno alle spalle e abbracciarmi per darmi conforto. «Non trattenerti, Cass. Sono qui per te se devi piangere» mi sussurrò dolcemente tra i capelli il mio migliore amico.
Nascosi il viso nel suo petto stringendo in un pugno la sua maglietta prima che le sue parole furono la goccia che fece traboccare il vaso colmo delle mie emozioni. Piansi contro di lui singhiozzando in silenzio, asciugando quanto bastasse le mie lacrime ogni volta che mi ritrovavo il viso completamente bagnato. Sarei voluta sprofondare dalla vergogna, non tornare più a scuola a causa della figura dell'idiota che avevo fatto. Gesù, che ho di così sbagliato a parte il nome? Non so, non potresti mandarmi un cobra assassino stanotte ad uccidermi, così domani non sarò costretta a tornare a scuola? Ti preparerei panini con nutella e marmellata di mele tutte le volte che vorrai.
«Ti ha scritta l'anonimo» mi fece notare Damien, passandomi il cellulare. Lo afferrai dalle sue mani, il mio dolore un po' alleviato sapendo che aveva rintagliato per me un po' del suo tempo nel bel mezzo del suo appuntamento... concluso in bellezza, probabilmente.