39. Buonanotte.

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|ℭ𝔥𝔞𝔭𝔱𝔢𝔯 Յգ|

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𝕮𝖆𝖘𝖕𝖊𝖗'𝖘 𝖕𝖔𝖎𝖓𝖙 𝖔𝖋 𝖛𝖎𝖊𝖜

Non appena varcammo la porta della nostra suite schiusi le labbra dalla sorpresa, già il resto dell'hotel in sé era stato spettacolare, ma la camera era qualcosa di unico.
«Wow», fu la prima cosa che dissi a distanza di ore, e soprattutto essendo sola in compagnia di Harry.

La stanza era piacevolmente decorata, profumava di pulito e i colori creavano un mix fantastico rendendo più "appetibile" la suite.

Harry era davanti a me e sbuffò trascinando dentro la sua valigia, io alzai gli occhi al soffitto prima di seguirlo a ruota e lasciai il mio bagaglio al centro della suite mentre corsi nella direzione della chitarra acustica poggiata ad una delle pareti.

Harry non mi parlava da giorni, e non sapevo perché, e sinceramente nemmeno mi era venuto in mente di chiederglielo, altrimenti, per quanto poco lo conoscessi, avrebbe sicuramente cominciato a gridare.

Alzai lo sguardo nella sua direzione, che mi lanciò un'occhiata neutra mentre si sedette pesantemente sul divano.
La mia attenzione venne catturata nuovamente dallo strumento rifinito elegantemente e levigato alla perfezione, toccai le sue corde prima di sistemarla ed intonare alcune note di una canzone che avevo composto qualche anno fa.
Non avevo mai desiderato fare la cantante, né tantomeno mi piaceva cantare, ma da più giovane avevo preso lezioni di chitarra ed era diventata un po' il mio piccolo rifugio. Non scrivevo testi veri e propri, solo parole raccattate a caso con il solo scopo di rendere più melodiosa la base.

Sussurrai a bassa voce alcune strofe a caso mentre suonai delicatamente per un paio di minuti, «finiscila, sei fastidiosa. Non sai nemmeno suonarla» steccai venendo interrotta dalla mortificante affermazione del ragazzo chiuso in stanza con me.

Sospirai esausta e infastidita dal fatto che lui avesse affermato che io non sapessi suonare la chitarra. Okay avere momenti no, ma sembrare più mestruato della mia compagna di classe Ginny no eh?

La riposai con cura e mi alzai in piedi incrociando le braccia al petto: «si può sapere che ti prende?» sbottai catturando finalmente la sua attenzione. Mi morsi il labbro quando le sue iridi verdi scrutarono avidamente le mie, come volendomi dire che non era giornata. Aveva delle occhiaie profonde, ma fin quando non avrebbe vuotato il sacco non lo avrei lasciato in pace.

«Niente» bofonchiò abbassando lo sguardo sulle sue scarpe e sospirai con i nervi a fior di pelle. «Allora perché non mi parli? Quale diavolo di problema ti affligge che ti induce a trattarmi sempre male?» sbottai esasperata facendo guizzare il suo sguardo assassino nella mia direzione.

Si alzò alla velocità della luce per poi puntarmi un dito contro: «vuoi sapere qual è il mio problema?! Lo vuoi davvero sapere?! Il mio cazzo di problema sei tu, sei fottutamente tu!» urlò facendomi schiudere le labbra e allontanarmi di un passo.

𝐔𝐍𝐊𝐍𝐎𝐖𝐍 | [h.s]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora