18. Piangere ti rende vulnerabile.

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|Giorno 13#|

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|Giorno 13#|

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Casper's point of view

«Casper Evans, esigo che tu esca da quel letto e che vada a scuola. Non accetterò un altro no come risposta!» le urla di mia madre mi fecero sbuffare dalla frustrazione e coprire la testa con un cuscino, ancora rannicchiata nel mio delizioso e caldo letto disfatto.

Perché Gesù ce l'hai tanto con me?
Una madre premurosa che ti sveglia con tanto di cioccolata calda a letto non potevi mandarmela?
Invece di questo demonio dai tratti perfetti?

«Casper, mi hai sentita?!» mi liberai definitivamente del piumone più che infastidita dal comportamento di mia madre, «sì, ho capito!» gridai in risposta stringendo i denti.

Andai a lavarmi in fretta e non mi preoccupai di fare il mio letto, ci avrei pensato al ritorno da scuola.
Presi i primi panni che tirai fuori dall'armadio e infilai i pantaloni, poi il maglione nel frattempo che cercai di conficcare il mio piede in uno dei Dottor Martins.

La mia voglia di curarmi i capelli era pari a zero, così optai per una coda fatta a caso. Sciacquai la bocca con del collutorio e presi lo zaino assieme al cellulare. Arrancai dopo aver visto l'ora realizzando di essere in estremo ritardo e ancora dovevo fare il caffè per Damien.
Per Dio.

«Non fai colazione?» mi chiese mia madre scrutando dall'alto in basso il mio outfit; cercai di non guardarla male mentre cominciai a preparare il caffè a Damien, sapeva che detestavo quando mi squadrava, eppure lo faceva sempre senza nemmeno nasconderlo.

Misi un tappo di plastica sul bicchiere di cartone e sbuffai «no, mamma, sono in ritardo e devo il caffè a Damien. Ci vediamo stasera». Lei si sporse per farsi baciare la guancia, ma scossi la testa avviandomi direttamente verso la porta di casa.

Damien stava guardando sul cellulare mentre era parcheggiato nel vialetto di casa mia. Mascherai il mio fastidio con un sorriso e mossi la mano nella sua direzione per essere notata da lui, «Ehi, Damien!» urlai attirando la sua attenzione, i suoi occhi nocciola con mulinelli dorati si incastrarono nei miei anche a metri di distanza e mi alzò il dito, «sei in ritardo!».

«Lo so, ecco il caffè» glielo porsi non appena entrai nella sua auto.
«Mmh, allora lo hai fatto per davvero» ridacchiò fissandolo fiero; gli diedi un pugno giocoso sulla spalla, «certo, mantengo le mie promesse» dissi fintamente offesa guadagnandomi una sua occhiataccia, «ne sei proprio sicura?».

«E va bene, a volte no. Ma ti voglio bene ed è questo che conta, non è così?» mi arresi facendo gli occhi da cucciolo.
«Non mi incanti, strega». Schiusi le labbra mettendomi una mano sul petto come ferita dalle sue parole, «che comportamento increscioso il suo, Damien Ontario».

𝐔𝐍𝐊𝐍𝐎𝐖𝐍 | [h.s]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora