28. Il kebabbaro resta.

364 21 15
                                    

|ℭ𝔥𝔞𝔭𝔱𝔢𝔯 շՑ|

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

|ℭ𝔥𝔞𝔭𝔱𝔢𝔯 շՑ|

𝕮𝖆𝖘𝖕𝖊𝖗'𝖘 𝖕𝖔𝖎𝖓𝖙 𝖔𝖋 𝖛𝖎𝖊𝖜

«Cass! Apri questa dannata porta!» gridò Damien sbattendo ancora il pugno contro essa; mi rigirai un'ultima volta tra le coperte asciugandomi il tratto di saliva sulla guancia ed emisi un muggito in risposta, abbandonando il mio comodo letto per andare ad aprire.

«Oh cazzo, quando ti ho vista mi è venuto un colpo. Ma sbavi? Ew» gli mostrai il dito medio e poi uno sbadiglio. «Mi spieghi che cazzo ci fai a casa mia alle sei del mattino? E perché mia madre ti ha lasciato entrare?!» borbottai sciogliendomi la coda per farne una più decente.

«Perché partiamo tra poco, e tu sei ancora in pigiama e con la faccia impiastricciata di bava, e, ew... Cass i tuoi peli si vedono da qui, dovresti farteli» balzai sul posto abbassandomi la gamba del pigiama che si era alzata e poi socchiusi gli occhi a due fessure per minacciarlo con lo sguardo, «ma è il periodo scolastico, quale ragazza si fa la ceretta?» mi lamentai prendendo l'intimo pulito che avevo lasciato appositamente sulla scrivania, mentre tutto il resto l'avevo già sistemato in valigia.

«Lo sai che sarai sotto i fottuti riflettori, vero? Dovrai essere sempre impeccabile, e non potrai certamente vestirti da scialba» indicò la mia camicetta bianca e i miei jeans con uno sguardo da "sei irrecuperabile", quindi glieli gettai contro infastidita: «stronzo non giudicare il mio modo di vestirmi, sono semplice. Parla per te, che hai più papillon che capelli» ribattei ottenendo come risposta un dito medio.

Mi feci lo shampoo e la doccia e poi piastrai i capelli e feci una treccia di lato.
Indossai la camicia e i jeans e dei Dottor Martins.
Mi truccai pochissimo, del mascara e del lucida labbra.

Mi guardai mille volte allo specchio sentendomi sempre sotto pressione, incompleta... non all'altezza.
Lì le persone andavano girando con cani da ventimila dollari e i loro cellularoni costosi; occhialoni Chanel; giacche Blueberry; borse Louis Vuitton e cinte Prada, che poi la cosa meno costosa che avevano, parliamo di cifre sui 980 dollari, erano i calzini Gucci bianchi con cristalli da donna.

Mi sventolai una mano davanti alla faccia prendendo grandi respiri, «sto per avere un ictus improvviso. Non posso farcela Damien». Si affacciò in bagno sfoggiando il suo papillon bianco con una smorfia ammiccante, «se muori posso prendere il tuo posto, vero?» lo guardai sbigottita fingendomi offesa nell'animo e gli tirai dietro la saponetta che colpì lo stipite della porta. Damien si piegò dalle risate: «che mira di merda, Cass».

«Gne, gne, gne». Sbuffai.

«Mi hai rifatto il letto?» gli chiesi accigliandomi quando appurai che la mia stanza fosse stranamente ordinata.
Il mio migliore amico aveva finalmente finito di ridere come un emerito coglione e mi aveva raggiunta rimanendo di un passo più dietro di me, mettendomi una mano sulla spalla con l'intento di darmi un insegnamento di vita: «se ti avessi lasciata fare tutto da sola su quell'aereo non ci saresti salita nemmeno tra due anni» tirò fintamente su col naso e gli tirai una sberla sulla spalla prima di ridacchiare.

𝐔𝐍𝐊𝐍𝐎𝐖𝐍 | [h.s]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora