17. Anna

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Nessuno fino a ora mi aveva detto delle parole del genere. Ho avuto un paio di fidanzati, ma non mi hanno mai parlato con il cuore in mano come ha appena fatto Jack.
Forse gli altri hanno ragione, devo dargli una seconda possibilità. Del resto, la sera di Halloween, quando ancora ignoravo tutto sulle foto, mi sono divertita, sono stata bene in sua compagnia. Ora mi ha rivelato un nuovo particolare, che ci siamo baciati, anzi che sono stata io a prendere l'iniziativa e a farlo.
Al momento la cosa che mi fa innervosire è non ricordare niente, perché quelle labbra hanno proprio l'aria di essere molto piacevoli da baciare.
«Quello che mi hai detto, è tutto vero? Anche il bacio?» chiedo, sentendomi le guance in fiamme.
Lui annuisce. «Ti ho allontanata e tu sei scoppiata a piangere.»
Chissà perché, ma non mi è per niente difficile immaginare una reazione del genere da parte della sottoscritta.
«Avrò distrutto ogni ideale che ti eri creato su di me negli anni passati» affermo, mogia.
So cosa vuol dire idealizzare qualcuno e cosa si prova quando quella persona fa qualcosa che non ci saremmo mai aspettati. Come Andrea, quando mi è scoppiato a ridere in faccia quel giorno del quinto anno, in mensa. Avevo deciso di dichiaragli i miei sentimenti e lui l'aveva intuito, così mi aveva deriso davanti a tutti, senza nemmeno darmi l'occasione di parlare con lui in privato.
«Non è così. In quel momento non eri padrona di te stessa. Mi piaci ancora.»
La sua convinzione mi spiazza, ma non riesco a fare a meno di ribattere: «Anche se mi hai vista piangere e ubriaca fradicia? Chissà che bello spettacolo devo aver dato!»
«Possiamo dimenticare la cosa e ricominciare da capo. Sono venuto qui per chiederti questo.»
Si alza in piedi e fa il giro del tavolo, dopodiché mi porge la mano. «Piacere, Giacomo.»
Mi alzo a mia volta e gliela stringo. «Piacere, Anna.»
Accenno un sorriso e lui ricambia. Tutta la rabbia accumulata nei suoi confronti svanisce. I suoi occhi azzurri sono sinceri, persino teneri, come dice Giulia, e il mio sorriso si allarga ulteriormente.
«Oggi hai impegni?» mi domanda.
Scuoto la testa, avrei dovuto uscire con Andrea nel pomeriggio, ma mi ha mandato un messaggio questa mattina presto per annullare.
«Ti va di fare un giro in montagna? Ti porto in un posto dove gli occhi indiscreti non possono arrivare.» Mi rassicura e colgo la tensione nel suo sguardo. Dev'essere davvero insopportabile avere gli obiettivi puntati contro e non potersi muovere liberamente.
Annuisco. «Perché no?» Guardo le ballerine e la gonna che indosso. «Quando si parte?»
«Anche subito se vuoi. Intendo, dopo che abbiamo mangiato queste bontà» accenna alle brioche alla gianduia.
Quando l'ho visto sulla porta di casa con quell'enorme mazzo di girasoli, ho pensato di trovarmi in una commedia romantica. I ragazzi che ho frequentato non erano così premurosi con me e nessuno di loro si era mai preso la briga di sapere quale fossero i miei fiori preferiti.
«Allora facciamogli la festa e dopo, se non ti dispiace, vorrei mettermi qualcosa di più comodo. Ti va un caffè?»
«Certo, volentieri.»
Mentre armeggio con la caffettiera, domando, incuriosita: «Hai scelto i girasoli per caso?»
Lui scuote la testa e ridacchia sommessamente. «Sapevo che erano i tuoi fiori preferiti. Ti ho sentito parlarne con un'amica a scuola.»
«Sul serio? Ricordi ancora un particolare così insignificante?»
«Non è insignificante, sono i tuoi fiori preferiti.»
«E tu sei uno stalker.» Osservo l'espressione stranita sul suo volto e vorrei tanto essermi morsa la lingua in tempo. Che risposta sciocca!
Jack però scoppia a ridere e io continuo a preparare il caffè, sperando che la mia faccia ritorni presto di una tonalità accettabile.

Mezzora dopo sono sulla Dodge di Jack, ho avvisato i miei che non ci sarò a pranzo e detto loro dove mi recherò, in modo che non si preoccupino. Quando Elena ha sentito che parlavo con mia madre di andare in montagna con Jack, ha strillato entusiasta e mi ha raccomandato di non fare cavolate, perché è già un miracolo che lui mi abbia cercata una seconda volta.
In effetti anche a me sembra incredibile che un giovane uomo così affascinante e che ha raggiunto la fama mondiale, sia cotto di me dai tempi della scuola. Di me, che pensavo di essere la persona più insignificante dell'istituto.
«Soffri il mal d'auto?» mi domanda Jack, mentre percorriamo l'autostrada.
«Per niente.»
«Meno male, perché per arrivare dove siamo diretti dovremo affrontare un bel po' di curve e tornanti.»
«Non vado in montagna da anni. Ci andavo coi miei da piccola e per le vacanze prediligo i posti di mare.»
«Quando sono libero e ho voglia di stare un po' tranquillo, faccio un salto. I miei genitori hanno una piccola casetta. Si trova in un posto un po' sperduto e il cellulare non prende, ma credo che sia solo un pregio. Essere irraggiungibili per qualche ora e rilassarsi totalmente, senza i rumori della città, ogni tanto fa bene.»
«Oggi non avevi impegni con la band?»
«No. Partiamo domani per il tour promozionale della biografia e avevamo il week end libero. Gli altri lo passano in famiglia.»
«Tom e Claire formano una coppia stupenda e i loro bambini sono davvero adorabili» commento, sincera.
«Lo sono meno quando cominciano a strillare e fare i capricci. Sai, ogni tanto ho fatto loro da babysitter.»
«Sul serio? Il batterista scatenato nelle vesti di bambinaia, questa è proprio bella» ridacchio.
Mi sento euforica e a mio agio, nonostante mi trovi su questo enorme pick-up e in compagnia di un tipo con cui sono stata fotografata in pose imbarazzanti. Jack sembra una persona genuina e senza secondi fini, non voglio che quel malinteso pregiudichi il parere che mi sto facendo di lui, ora che sto avendo modo di conoscerlo meglio.
Chiacchieriamo allegramente durante il viaggio, finché arriviamo al punto in cui cominciano la salita e i tornanti. Anche quando la strada non è più asfaltata, la Dodge prosegue e non conosce ostacoli.
«Queste strade sono una passeggiata per quest'auto.»
«Sei un tipo che ama l'avventura, eh?»
«Sì. Anche se un po' di calma e stabilità non sarebbe indesiderata.» Mi lancia uno sguardo allusivo e mi sento arrossire. Non è uno di quei ragazzi che ti chiedono di uscire tanto per, lui ci tiene sul serio, non fa inutili giri di parole, ma mette in chiaro fin da subito le sue intenzioni. Ce ne sono pochi come lui al giorno d'oggi, sinceri e onesti.
L'ambiente circostante è imbiancato di neve e sembra di trovarsi in una cartolina.
A un certo punto arriviamo in uno spiazzo, dove Jack parcheggia. Ci sono solo altri due mezzi oltre al nostro, un furgoncino grigio che ha l'aria di aver visto giorni migliori e un'utilitaria nera.
«Sono persone che hanno la casa qui, tranquilla. Di sicuro non verremo disturbati da nessun curioso. E poi la gente che viene da queste parti non è fan dei Crunchy Melodies, quindi passeremo inosservati.»
Scendiamo dall'auto e l'aria di inizio novembre mi sferza il viso, gelida.
«Ho fatto bene a mettere questo cappotto pesante, fa proprio freddo.» Affondo gli scarponcini nella neve e mi sento emozionata come una bambina. Mi abbasso e faccio una pallina con le mani, poi la lancio addosso a Jack, che non se l'aspetta. Lo colpisco al centro del petto, lasciando un'impronta bianca.
«Hey! Cosa sono questi scherzi?» Tenta di colpirmi a sua volta ma io sono preparata e lo evito. Peccato che scivolo e cado con il sedere per terra.
«Che male!» esclamo, e lui viene verso di me, premuroso.
«Anna! Tutto bene?» domanda e mi aiuta a tirarmi su. In quel momento ho come un flashback e me lo ricordo davanti a me, con la camicia aperta, la sera della festa degli ex alunni.
«Come mai non rispondi?»
La mia mente sembra essersi come sbloccata e le immagini di quella sera attraversano il mio cervello. Scoppio a ridere, sollevata e imbarazzata allo stesso tempo.
«Mi sono ricordata tutto! Mi ricordo della sera della festa.»
«Sul serio?» I suoi occhi azzurri sono attraversati da una luce d'incredulità.
«Certo. E mi sento incredibilmente in imbarazzo. Se non ci fossi stato tu, chissà che cavolo avrei combinato. Non ti sarò mai grata abbastanza.»
«Ho fatto quello che andava fatto.»
«Scusami per il bacio» mormoro, a bassa voce, portando lo sguardo a terra, mentre altri ricordi imbarazzanti riaffiorano.
«Figurati. È acqua passata, ormai.»
Il momento di silenzio viene interrotto dal mio stomaco che brontola.
«Scusa, la strada non è molto breve e credo che ormai sia quasi ora di pranzo...»
Lui recupera un sacchetto dal sedile posteriore dell'auto.
«Nessun problema, la casa è quella là.» Indica un edificio a un piano, con i muri di mattoni a vista e delle piccole finestre con le persiane di legno chiaro, al termine di una piccola salita che si può raggiungere solo a piedi. Sembra il rifugio perfetto per un incontro d'amore. Mi riscuoto dai miei pensieri alla domanda di Jack: «Come te la cavi in cucina?»
«Non sono quella che si definirebbe una cuoca provetta, ma vivo da sola e ho dovuto imparare a preparare qualcosa di più complicato di un uovo al tegamino.»
«La stessa cosa vale per me.»
Scoppiamo a ridere entrambi, dopodiché ci dirigiamo verso la casa.

***

Ciao a tutti! 

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, alla prossima.

Maria C Scribacchina

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