18. Jack

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Una volta arrivati in casa accendo il fuoco nel piccolo caminetto dell'abitazione, per scaldare l'ambiente.
Questa mattina, quando sono uscito, avevo già intenzione di venire a fare una capatina alla casa in montagna e mi ero fermato a comprare qualcosa da cucinare.
«Ci sono delle bistecche e un po' di verdura, spero ti piaccia il menù.»
«Mangio di tutto, soprattutto quando ho fame.»
«Ho comprato anche del pane a fette, potremmo farne delle bruschette.»
«Ottimo!» I suoi occhi castani si illuminano e comincia a rovistare per scovare l'olio d'oliva.
«In quel mobile ci sono delle spezie che sono rimaste qui dall'ultima volta che sono venuto, un mesetto fa» la informo.
«Ho una fame che non ci vedo» esclama lei, voltandosi nella mia direzione e sorridendo, felice.
«Accendo il forno, allora.»
«Non avrei mai detto che uno famoso come te fosse un tipo casalingo, sai?»
Alzo le spalle. «Ammetto che, vivendo in una casa grande, non mi occupo io delle pulizie e la donna di servizio cucina anche, quando io ho tanti impegni con la band. Per molti mesi all'anno sono in giro per il mondo, ma quando ho tempo e sono a casa, mi piace preparare qualcosa da me. Mi rilassa quasi al pari della lettura.»
«Quest'ultimo hobby lo abbiamo in comune. Mercoledì siete stati davvero bravi alla Tana delle Storie. Non sapevo suonassi anche la chitarra.»
«All'inizio ho cominciato con quella, poi al gruppo serviva un batterista e allora ho preso lezioni. Non me ne pentirò mai, adoro suonare la batteria, è così liberatorio.»
«Allora è per questo che sei sempre così tranquillo, ti sfoghi mentre suoni» domanda lei, mentre stacca un po' di mollica di pane da una delle fette e poi la mastica, con aria pensierosa.
«Già. È un perfetto antistress, dovresti provare.» Recupero le verdure dal sacchetto e comincio a sciacquarle sotto l'acqua del piccolo lavello della cucina.
«Magari una volta mi farai suonare la tua batteria» mormora, con le guance che diventano rosse.
Sono stupito dalla sua allusione. Nonostante il casino che è successo tra di noi, mi sta dando una seconda chance e non voglio bruciarmela.
«Scusa, forse sei geloso del tuo strumento» continua e poi scoppia a ridere al suo doppio senso. «Sono tremenda! Intendevo la batteria.»
Se ci fosse stato Tom al mio posto le avrebbe fatto una battuta sconcia, ma io mi limito a sorriderle con fare rassicurante.
Finiamo di preparare il pranzo, chiacchierando di libri e letteratura. Ad Anna non piacciono molto gli autori russi, che io invece adoro, lei è più un tipo da romanzi ambientati in Irlanda e Inghilterra.
Mentre le bistecche cuociono, gustiamo le bruschette e apriamo una bottiglia di vino rosso.
«Meglio che io ci vada piano con quello, non vorrei saltarti addosso un'altra volta» afferma Anna con un sorriso sulle labbra.
È bello vedere che si trova a suo agio con me e lo stesso vale per il sottoscritto.
Dato che lei è estremamente timida e io sono piuttosto taciturno, pensavo che sarebbe stato più difficile trascorrere del tempo insieme da soli, invece è tutto così spontaneo e divertente.
«Posso chiederti come mai quella sera avevi esagerato con l'alcool?»
Lei si stringe nelle spalle. «Avevo visto Andrea flirtare con Giulia e quando sono spariti entrambi dalla festa ero convinta che fossero andati via insieme.»
Detesto quel pallone gonfiato ed ero certo che c'entrasse qualcosa.
«Però Giulia mi ha assicurato che non è andata a letto con lui, anche se ultimamente si comporta in modo strano. Sospetto che esca insieme ad Andrea e non voglia dirmelo perché sa quanto mi piace.»
Ha usato il presente e non il passato, quindi non le è ancora passata; quell'idiota occupa ancora i suoi pensieri.
«Anche io ho visto Giulia andare via dalla festa, ma non era con Andrea. Si è allontanata con il vostro compagno di classe secchione, di cui non ricordo il nome. Quello che si era candidato come rappresentante di istituto.»
«Giorgio?» esclama con voce stridula, un'espressione sul volto piena di stupore. «Ne sei sicuro?»
Annuisco. «Sì, è così strano?»
«L'ha sempre preso in giro e voleva appiopparlo a tutti i costi a me. Non è di sicuro il tipo di ragazzo con cui starebbe Giulia.»
«La gente cambia e anche le opinioni. Qualcuno che non ci piaceva può cominciare ad interessarci e viceversa. Si può anche smettere di provare attrazione per qualcuno che ci ha fatto perdere la testa anni fa.»
«Quello che succederà a te quando mi avrai conosciuta meglio» sussurra.
«Mi riferivo a te e Andrea. Come fa a piacerti ancora, dopo quello che ti ha fatto passare?»
«Non ho detto che mi piace» si difende lei, risultando incoerente subito dopo, quando aggiunge: «E poi credo che sia lui ad aver cambiato opinione su di me, dato che mi ha chiesto di uscire.» Una luce birichina le brilla negli occhi castani e, ancora una volta, la causa non è il sottoscritto.
Mi sento bruciare di gelosia e al tempo stesso ho la sensazione che Andrea non abbia in mente nulla di buono.
«Anche il solo fatto di pensare di accettare è un'idea assurda» commento, brusco.
«Non credo che la cosa debba interessarti. Mi conosci a malapena.»
«So che sei una ragazza fantastica che non merita di essere presa in giro da nessuno.» So molte più cose di quante lei possa immaginare. Con il mio carattere, silenzioso e tranquillo, ho imparato a osservare la gente ed è nei momenti in cui si crede di non essere visti da nessuno che si mostra il proprio vero essere.
«Andrea non vuole prendermi in giro, mi ha solo chiesto di uscire a bere una cosa con lui, tutto qui.»
Mi alzo a controllare le bistecche e le verdure, che sono pronte.
«Senti, non importa di Andrea, ok? Anche io non sono così stupida da farmi incantare da uno che non ne ha mai voluto sapere di me.»
So che non è del tutto sincera, ma decido di cambiare argomento, non voglio rovinare la giornata ad entrambi con una discussione.

Finito di pranzare le propongo di fare una passeggiata all'aria aperta. La temperatura si è alzata un pochino e un pallido sole rende piacevole il clima, perfetto per un'escursione nella natura.
Si vede che lei non è abituata a camminare in montagna, ma cerca di starmi dietro senza lamentarsi.
A un certo punto arriviamo a un rifugio e le chiedo se ha voglia di fare una pausa.
«Se sei stanco, fermiamoci» scherza e la sua espressione è adorabile.
Mi viene spontaneo prenderla per mano e la guido all'interno della baita, dove ci sono altri avventori, perlopiù persone di una certa età.
«Direi che abbassiamo l'età media» osserva Anna. «Dici che la fanno la cioccolata calda?»
Scoppio a ridere, senza riuscire a trattenermi. Il rifugio ospita perlopiù gente del posto di una certa età, che chiacchiera oppure gioca a carte.
«Che idiota che sono, ovvio che la fanno.»
«Non ridevo per quello.»
Lei mi fissa con sguardo interrogativo, ma io non le svelo che ridevo perché non mi sentivo così felice da un sacco di tempo. Va bene essere romantici, ma mielosi al secondo appuntamento mi sembra un po' troppo persino per me.
Finita la nostra merenda, torniamo verso casa e arriviamo che ha già cominciato a fare buio.
«Certo che passare la notte qui in mezzo al nulla deve essere spaventoso. Ci sei mai stato da solo?»
Mi domanda.
Annuisco.
«Credo sia meglio avviarci, la strada per tornare a casa non è breve. Devo ancora preparare i bagagli per domani.»
«Ti aiuto a sistemare» ribatte.
Una volta che ci siamo rimessi in viaggio, Anna dice, mentre guarda fuori dal finestrino con aria sognante: «Sarebbe stato bello vedere le stelle. Qui in montagna si possono osservare meglio.»
«Se ti va possiamo tornarci un'altra volta, appena avrò un momento libero» le propongo, sperando ardentemente che accetti. Ho superato la fase della cotta da adolescente per lei e vorrei continuare a conoscerla meglio. Le mie intenzioni sono quelle di un venticinquenne, non frutto di un capriccio o di qualcosa provocato dagli ormoni in subbuglio.
«Volentieri» risponde e ci scambiamo un sorriso.

Arriviamo a casa che è quasi ora di cena e Anna mi invita a fermarmi. Vorrei accettare, ma ho alcune cose da sistemare prima della partenza.
«Ti ringrazio per la bella giornata, mi sono divertita molto» mormora, appoggiata alla soglia di casa, con un'espressione allegra.
«Grazie a te per avermi fatto compagnia.»
«Quando vuoi» assicura, posandomi una mano sul braccio.
Rimaniamo in silenzio, a guardarci negli occhi.
«Non mi resta che augurarti buon viaggio.»
Mi dà un bacio sulla guancia ma tiene le sue labbra premute sulla mia pelle più a lungo del dovuto.
Le cingo le spalle con il braccio destro e la tengo per un po' stretta a me.
Tolgo una foglia incastrata tra i suoi capelli e sussurro: «Grazie.»

***

Ciao a tutti! Che ne pensate di questa gitarella di Jack e Anna in montagna, vi è piaciuta? Altrimenti fatemi sapere cosa non vi convince!

Grazie a chi continua a seguire la storia,

alla prossima!

Maria C Scribacchina

Foto, bugie e melodieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora