34. Jack

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È la seconda notte che passo con Anna. Durante la prima non abbiamo dormito molto, mentre questa volta le ore di sonno sono state sufficienti a farmi capire una cosa: Anna si agita molto durante il riposo.
Sbuffa e spalanca le braccia, mollandomi un pugno sul petto, non forte, ma così improvviso e inaspettato che mi strappa un verso a metà tra un gemito e una risata. Apre piano gli occhi e io non riesco a trattenere un sorriso che mi si allarga su tutto il volto.
Anna si accorge del suo braccio abbandonato sul mio petto e lo ritrae, poi si volta dall'altra parte, timida.
«Cosa fai?» le domando.
«Ti ho dato un pugno, scommetto.»
Le sue spalle iniziano a tremare e le sfioro la schiena, preoccupato.
«Tutto bene?» Lei non risponde, facendomi aggrottare le sopracciglia, in attesa.
«Non starai mica piangendo. Sono grande e grosso, ci vuole ben altro per stendermi.»
Ancora nessuna risposta.
Mi sporgo verso di lei e le afferro una spalla, facendola voltare verso di me. Scopro che sta ridendo sommessamente, così inizio a farle il solletico e lei scoppia a ridere forte.
«Questa me la paghi!» esclamo, afferrandola per i fianchi e tirandola sopra di me.

Dopo colazione noto che l'allegria di Anna sembra essere svanita di nuovo. Lancia delle occhiate furtive fuori dalla finestra di casa sua e poi scrive dei messaggi con il cellulare, stando attenta che io non sia nei paraggi. Quando provo a chiederle se ci sia qualcosa che non va, lei elude la mia domanda e cambia argomento, dicendomi che deve andare al lavoro.
«Se ci fosse qualcosa che non va, me lo diresti, vero?» le chiedo, attirandola a me e guardandola dritto negli occhi grandi e castani.
«Certo» mormora, senza troppa convinzione, poi si stacca da me e sale sulla sua auto nuova.
Sono contento che abbia accettato il mio regalo, è vero che la portiera della sua vecchia Peugeot si può riparare, ma meno cose le ricordano quello che è successo, meglio è, secondo me. Mi fa male anche solo immaginare come deve essersi sentita nel momento in cui ha scoperto lo sfregio che le avevano riservato. Tutto per colpa del fatto che sta con una persona famosa, me.
«Dopo passi in libreria?» prosegue lei, abbozzando un sorriso non troppo convinto.
Annuisco, dandogliela vinta per il momento. Temo che mi stia nascondendo ancora qualcosa e questo non mi va giù. Vorrei evitarle nuovi guai e che si cacci in altre situazioni spiacevoli. Credo che mi toccherà indagare da solo per scoprire se c'è ancora qualcuno che la sta tormentando.

Dopo averla salutata, torno a casa per chiarirmi le idee e trovare un modo per risolvere i problemi che affliggono Anna, qualunque essi siano. Decido di mettermi a suonare la batteria: mi aiuta a pensare meglio. Il mio telefono però comincia a squillare. È un numero che non ho salvato in rubrica.
«Pronto?»
«Jack, sono Valentina, la moglie di Alex.»
Mi viene da ribattere in malo modo, ma sto a sentire cosa vuole da me.
«Mi senti?» incalza, con voce squillante.
«Sì, ti sento, anche se non vorrei.»
«Non dirmi che la pensi anche tu come la vostra amichetta Claire!»
«Io non penso proprio niente. Quella che dovrebbe farsi un esame di coscienza, sei tu.»
«Speravo che almeno tu, che nel gruppo sei quello con la testa sulle spalle, mi avrebbe sostenuta. Per il bene di Alex.»
Mi trattengo dallo scoppiare a ridere. È davvero patetica, con questo tono falso e lamentoso. «Proprio perché voglio solo il bene di Alex e sono suo amico, ti dico di farti un esame di coscienza. Cosa pretendi da lui? Che torni da te e ti perdoni, dopo quello che hai fatto?»
«Ho sbagliato, ma non lo farò più. Voglio che mi perdoni.»
«Non dovresti parlarne con me. Sono tra le persone meno inclini al perdono in situazioni come questa, ma non voglio mettere il becco nei vostri affari. Non farò da paciere tra te e Alex, sia chiaro. È libero di decidere con la sua testa ed è una persona adulta, in grado di farlo.»
«Grazie, davvero, eh!» esclama Valentina in tono ironico prima di attaccare.
Sospiro rumorosamente. Fosse per me direi ad Alex di mandarla a quel paese per sempre, ma non tocca a me scegliere.

Quando quel pomeriggio vado in libreria da Anna, trovo una piccola folla a popolare la Tana delle Storie.
«Ecco qui il mio ragazzo!» esclama lei, con un sorriso che mi riempie di gioia stampato sul volto. Mi presenta con orgoglio alle persone che non conosco, due donne di mezza età e un nostro coetaneo.
Una delle due donne mi squadra con aria critica da capo a piedi, porta i capelli tagliati molto corti, tinti di biondo e degli occhiali dalla montatura di metallo.
«Jack, ti presento Patrizia, Monia e Carlo. Fanno parte del gruppo di lettura.»
Stringo la mano di Patrizia, a cui non sembro piacere molto, al contrario di Monia, che ammicca e si sposta casualmente lo scollo del maglioncino verde attillato, lasciandomi intravedere il pizzo del suo reggiseno nero.
Anna mi fulmina con lo sguardo e io mi stringo nelle spalle, mentre la donna si arrotola una ciocca di capelli tinti di nero liquirizia intorno all'indice della mano destra e mi fa un paio di domande sulla mia carriera da musicista, complimentandosi più volte per le mie spalle larghe.
Carlo è il più silenzioso dei tre e Anna lo spinge a parlare del romanzo che sta scrivendo con molto impegno, di cui ha letto le prime pagine in anteprima.
Questa volta sono io a guardarla con aria interrogativa, chiedendomi che rapporto ci sia tra i due. Lei pare capire e si sporge a scoccarmi un bacio sulla guancia, per rassicurarmi.
«Abbiamo scelto Il giocatore per il prossimo incontro, Anna ha detto che ti piacciono gli scrittori russi» strilla Monia, tirandomi per una mano e andando a sbattere non proprio casualmente con il suo seno messo in mostra contro il mio braccio.
Mentre sono lì a parlare di Dostoevskij, il mio scrittore preferito, interessato a tutto fuorché alle avances di quella donna sfacciata, Anna ha perso la sua solita vena chiacchierona e controlla spesso il cellulare. Di nuovo sospetto che ci sia qualcosa che non va.
Riesco staccarmi da Monia con una scusa e mi avvicino alla mia ragazza che sussulta non appena le sfioro la schiena.
«C'è qualcosa che non va?» chiedo di nuovo, con tono fermo.
«Nulla che ti riguarda.»
La sua risposta mi spiazza.
«Stai tranquillo, è Giulia. Le sta succedendo una cosa, non posso parlartene ora.»
«Pensavo che non ci sarebbero stati segreti tra di noi» mormoro, mentre le scosto una ciocca di capelli dal viso.
Lei allontana la mia mano, nervosa. «Questo non ti riguarda, è una questione privata di Giulia.»
So che è stupido essere geloso di un rapporto disinteressato e totalmente diverso dall'amore come può esserlo quello che la lega alla sua migliore amica, ma mi sento escluso. Vorrei che lei si confidasse con me, che chiedesse al sottoscritto ogni volta che sentisse il bisogno di qualcosa.
«Se Alex o Tom ti confidassero un segreto e ti chiedessero di non parlarne a nessuno, so che faresti lo stesso anche tu.»
«Detesto i segreti.»
«Eppure non avete detto ad Alex della relazione di Valentina.»
«Ne abbiamo già parlato.»
Lei annuisce. «Hai ragione. Ora basta, allora. Contento che leggeremo uno dei tuoi romanzi preferiti?» mi domanda, dopo avermi posato un lieve bacio sulla guancia.
Annuisco. «Non mancherò alla riunione.»
Lei ridacchia sotto i baffi. «Temo che quando si spargerà la voce avremo un esercito di donne come Monia che vorranno iscriversi.»
«Che mi dici invece di Carlo? Ha il fascino dello scrittore.»
«Può darsi...» Anna assume un'aria birichina e lancia uno sguardo fuggevole in direzione dell'uomo, che studia con aria concentrata un romanzo preso dall'espositore delle novità.
«Però gli manca qualcosa» osserva, a bassa voce, in modo che la senta solo io. «Non sa usare bene le bacchette.»
«Vorrai dire la bacchetta» ribatto, pronto, facendola avvampare e strappandole poi un bacio a fior di labbra.
Veniamo riportati alla realtà da un commento di Patrizia, su quanto siano vergognose le effusioni in pubblico. Anna diventa ancora più rossa in volto e si allontana per andare a recuperare le copie del romanzo per i partecipanti al gruppo di lettura.
Rimango con lei fino alla chiusura della libreria e dopo che i tre se ne sono andati l'aiuto ad allestire una vetrina dedicata a Dostoevskij e le suggerisco anche alcune citazioni da scrivere su dei foglietti da attaccare qua e là.
Ettore oggi non è in libreria perché ha starnutito una volta di troppo e Anna lo ha spedito a casa senza troppe cerimonie.
Mentre lei sta chiudendo a chiave la porta della Tana delle Storie, il suo telefono comincia a squillare, riproducendo Thinking of you dei Crunchy Melodies.
«Bella suoneria, Tom approverebbe!» esclamo, scherzoso.
Lei mi sorride e si stringe nelle spalle, poi risponde.
«Ciao Claire, sì, tutto bene. Monia, Patrizia e Carlo hanno acquistato le loro copie.» Scoppia a ridere e mi lancia uno sguardo allusivo.
«Esatto, non ti dico come se l'è mangiato con gli occhi.»
Mi sento chiamato in causa e assumo un'espressione interrogativa.
«Certo, è qui con me. Te lo passo, se vuoi. No, non credo che abbiamo altri programmi. Aspetta che glielo chiedo.»
Anna sposta il cellulare dall'orecchio e mi riferisce che Claire ci ha invitato a cena.
«Ci sarà anche Alex, non le va di lasciarlo solo, ora.»
«Mi sembra un'ottima idea» convengo.
«Dici che perdonerà Valentina?» domanda Anna, dopo chiuso la conversazione con Claire.
«Non lo so. Mi augurerei di no, ma spero che Alex prenda la scelta che lo renderà più felice.»
«Forse dovreste consigliarlo, tu e Tom.»
«Non è detto che lui seguirebbe i nostri consigli.»
«Già, quando si tratta dell'amore si diventa ciechi e sordi, anche Giulia non mi da più retta.»
L'abbraccio stretta a me, intenerito dalla sua aria sconsolata. «Ci sono io che ti ascolterò sempre.»
«Auguri, allora!» esclama, ridacchiando. «Ho bisogno di passare un attimo da casa per cambiarmi. L'appuntamento a casa di Claire e Tom è tra un'ora e mezza.»
«Dici che abbiamo un po' di tempo per noi, tra una cosa e l'altra?» le domando, senza lasciarla andare.
«Se tu avessi bisogno di fare una doccia, forse sì, ma mi sembri bello profumato.»
Poggia il naso nell'incavo del mio collo, su una parte di pelle lasciata scoperta tra la sciarpa e il colletto del cappotto.
«Bugiarda, non ho per niente un buon odore» ribatto, sentendo poi le sue labbra premere calde e morbide.
«Hai ragione. Allora non c'è altro tempo da perdere, mio caro esperto nell'uso della bacchetta!»

***

Ciao a tutti! Perdonatemi la lunga attesa, ma sto avendo delle difficoltà nella revisione, soprattutto perché mi manca il tempo materiale da dedicare alla scrittura e la cosa mi sta dispiacendo un sacco. Spero di riuscire a riprendere un ritmo accettabile nella pubblicazione al più presto possibile. Vi ringrazio comunque moltissimo per il vostro sostegno!

Alla prossima!

Maria C Scribacchina

Foto, bugie e melodieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora