31. Anna

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«Jack, lasciami andare via» dico, con la voce rotta dal pianto.
Mi vergogno per aver reagito così, non avrei mai voluto che lui vedesse quella scritta sulla mia auto. Jack non ha bisogno di ulteriori preoccupazioni per colpa della sottoscritta. Sono certa che si stancheranno presto di farmi trovare biglietti colmi di insulti nella cassetta delle lettere.

Certo, non sarei riuscita a nascondergli la scritta sull'auto per molto tempo, dato che non posso permettermi di far riverniciare la carrozzeria in questo momento, ma almeno avremmo passato tranquilli la serata del ritorno dei Crunchy Melodies dal tour.
Finora era andato tutto bene, con Tom e Claire abbiamo chiacchierato e ci siamo divertiti. Era la prima volta che stavamo in compagnia di un'altra coppia ed è stato bello, un'esperienza del tutto nuova per me.
Jack continua ad armeggiare con la maniglia della portiera, decido di aprirgli prima che la mia vecchia carretta si ritrovi non uno ma ben due danni da riparare.

«Quando è successo?» domanda, alterato.

«Ieri» rispondo, con voce piatta. Ormai mi tocca dire la verità.

Si inginocchia sull'asfalto, in modo che i nostri occhi si incrocino, dato che io tengo lo sguardo fisso a terra.
«Sai che non è una cosa da nulla? Perché non me ne hai parlato prima? Dobbiamo fare qualcosa per fermare questa gente. Cominciano con gesti del genere e poi potrebbero arrivare a farti del male. Lo sai?» Ha alzato di parecchio la voce. Non l'ho mai visto così arrabbiato e mi fa un certo effetto.
«Non volevo che tu ti preoccupassi. Pensavo che avrebbero smesso.»
«Smesso? Da quanto va avanti questa storia?»

Non gli dirò delle uova, nessuno ha più tentato di aggredirmi direttamente. Ora si limitano a bigliettini e a incidermi "troia" sull'auto.

«Ho trovato qualche biglietto nella cassetta della posta, in cui mi dicevano che dovevo lasciarti perdere, che non ti meritavo. Poi, la scritta, ieri.»

«Non devi più nascondermi queste cose, capito?»

Nei suoi occhi azzurri c'è una preoccupazione tale che mi si stringe il cuore. Gli getto le braccia al collo.
«Piccola, mi dispiace tanto che se la siano presa con te. Ti starò vicino d'ora in poi. Vedrai, non succederà più, scriverò un messaggio per i fan. Anche se avrei voglia di prendere a pugni chi ti ha fatto del male.»

Scuoto la testa, decisa. «Ti prego, non farlo, mi vergogno tantissimo. Chissà quante cose molto peggiori succedono alle persone e io piango come una stupida per qualche scherzo innocente.»
«Questa scritta non è di certo innocente! Voglio leggere i biglietti che hai ricevuto, potremmo denunciare chi li ha scritti.»

«Li ho buttati via e poi non erano firmati. Per favore, voglio solo dimenticare tutto.»
Lui mi stringe forte a sé. «La nostra storia è cominciata proprio male. Forse quello che hai detto prima è giusto. Per te sarebbe meglio lasciarmi.»

«Ho parlato a sproposito, io non voglio lasciarti.»

Sembriamo il Re e la Regina dei Melodrammi in questo momento. Com'è possibile essere a questo punto dopo neanche un mese che stiamo insieme?

«Dovremmo far vedere a queste persone che stanno facendo di tutto per separarci, che non abbiamo nessuna intenzione di darla loro vinta. Allora, domenica vieni a pranzo dai miei?» gli chiedo, ritrovando il sorriso.

«Volentieri.» Si alza in piedi, mi tira su e mi attira a sé, finché i nostri corpi non aderiscono alla perfezione.
I nostri nasi si sfiorano e dalle nostre labbra escono delle nuvolette di vapore per il freddo. Mi sporgo per annullare la distanza tra le nostre bocche e lo bacio in una maniera più audace di quanto abbia fatto finora. Le nostre lingue si sfiorano e danzano insieme, le sue mani si intrufolano sotto il mio cappotto e sotto il maglioncino che indosso. Rabbrividisco.
«Forse questo non è il luogo adatto. Andiamo a casa mia, è più vicina» mormora contro il mio orecchio, con la voce colma di desiderio.

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