2. Jack

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L'idea di venire a questa festa tra ex studenti è stata tutt'altro che grandiosa. Appena siamo arrivati, io, Tom e Alex siamo stati assaliti da una piccola folla di curiosi. Non che non me l'aspettassi, ci ho fatto l'abitudine e non sono uno di quei tipi asociali a cui dà fastidio la compagnia in generale: solo gli ipocriti e gli opportunisti.
Persino persone che hanno trascorso tutti i cinque anni di superiori a deriderci e chiamarci "banda di sfigati" si sono presentate per parlare con i membri dei famosi Crunchy Melodies.
Forse la fama ha rivoluzionato la mia vita, ma non ha cambiato me: detesto la gente falsa e che mente per salvare le apparenze. Se non ho da dire qualcosa di interessante, taccio.
Perciò le riunioni come questa mi sembrano una farsa. Se Alex e Tom non avessero insistito, me ne sarei rimasto a casa.

In un momento in cui i due stanno tenendo banco e tutta l'attenzione è concentrata su di loro, ne approfitto per andarmene. Si sa, il batterista passa sempre inosservato rispetto agli altri componenti del gruppo. Meno male, aggiungerei, in questo caso.
Una volta fuori, lontano dalle voci, le chiacchiere inutili e le risate di circostanza, mi dirigo verso il parcheggio.
Sto per raggiungere il mio pick-up, quando sento la voce di una ragazza, evidentemente ubriaca, che canta un brano irriconoscibile per quanto biascicato e storpiato.
Un attimo dopo la individuo. È a piedi nudi e tiene le scarpe in una mano, con l'altra gesticola animatamente a ritmo, più o meno, con la canzone.

La guardo meglio e ci rimango di sasso.
Quella è Anna, la ragazza di cui sono stato innamorato, in segreto, per tutte le scuole superiori. Lei, ovviamente, non sospettava nemmeno della mia esistenza. Moriva dietro a un certo Andrea, un pallone gonfiato che non l'ha mai degnata di uno sguardo e l'ha umiliata pubblicamente.
Chissà perché stasera ha bevuto così tanto. Non posso di certo lasciarla tornare a casa in quelle condizioni. Non deve essere venuta in compagnia di qualcun altro, altrimenti non sarebbe qui fuori da sola.

Mi avvicino e lei smette di cantare quando mi vede. Mi vede. Dopo anni, sta guardando proprio me con i suoi grandi occhi da cerbiatta. Ai tempi della scuola portava gli occhiali, ora avrà le lenti a contatto.
«Ciao!» mi saluta con voce squillante e fa un salto in maniera talmente scoordinata che rischia di perdere l'equilibrio.
«Attenta» mormoro, prendendola per le spalle.
È ancora più bella vista dal vivo, rispetto alla ventenne che ricordo dalle foto su Facebook. Non ho mai avuto il coraggio di chiederle l'amicizia, quindi l'ho potuta spiare solo fino al giorno in cui ha deciso di rendere il profilo privato. Poi è arrivato il successo dei Crunchy Melodies e l'ho allontanata dalla mia mente.
Non che conoscessi chissà cosa su di lei, ma, ai tempi della scuola, sapevo a memoria gli abiti che indossava e le scritte sul suo zaino rosso. Ero uno stalker, lo so. Per questo non faccio troppo caso alle fan matte con cui ho a che fare. So cosa significa prendersi una sbandata assurda per qualcuno che non sa neanche che esisti.
«Come sei diretto» farfuglia Anna e si inumidisce le labbra, passandoci sopra la lingua.
È davvero ubriaca persa e mi chiedo se la causa di tutto ciò sia ancora Andrea. Bisogna essere ciechi per non accorgersi di quanto è carina e unica.
I suoi capelli biondi dovevano essere acconciati in boccoli perfetti che ora si sono spettinati e afflosciati, indossa un tubino con le maniche lunghe ma è senza cappotto. Siamo oltre la metà di ottobre, avrà freddo.
Mi tolgo la giacca e gliela poso sulle spalle. «Forse è meglio che ti...»
Non faccio in tempo a terminare la frase che lei mi getta le braccia al collo e mi bacia. Un bacio da ubriaca, preme forte le sue labbra sulle mie. Non è così che avrei voluto baciare la ragazza che ho sognato per tanto tempo.
La allontano da me nella maniera più delicata possibile.
«Non piaccio nemmeno a te, non piaccio a nessuno!» piagnucola, con le lacrime agli occhi.
Perfetto, dalla sbronza allegra a quella triste in meno di dieci secondi.
«Calmati, lascia che ti riaccompagni a casa» mormoro, prendendola per mano e la guido verso la mia auto.
«So camminare da sola, grazie» sbotta, lasciandomi andare e accelerando il passo per seminarmi. Dopo qualche passo, forse rendendosi conto di essere stata un po' brusca, si volta di colpo verso di me e inciampa nei miei piedi. Per non perdere l'equilibrio si aggrappa al bavero della mia camicia e, chissà come, strappa quasi tutti i bottoni, ritrovandosi a terra, in ginocchio.

«Anna! Tutto bene?» Mi chino e l'aiuto a tirarsi su.

Lei non si accorge neanche che l'ho chiamata per nome, dato il suo stato di ebbrezza.
«Le mie calze sono strappate.» Ride e piange allo stesso tempo, mentre si indica un ginocchio. Mi chino verso di lei, per accertarmi che non si sia fatta male sul serio. «Anche la tua camicia non se la passa bene, ma stai molto meglio così. Quei pettorali ti donano proprio. Che bei tatuaggi, sei una rockstar per caso?» Mentre parla mi sfiora la pelle con un indice, in un gesto alquanto languido.
Non le rispondo, interdetto, ma recupero le scarpe che le sono cadute, poi riprendiamo a camminare, in silenzio. Intanto cerco di chiudere come meglio riesco la camicia, ma non c'è molto da fare, senza la maggior parte dei bottoni.
Una volta che ci troviamo davanti alla mia auto, Anna ridacchia: «Come faccio a salire su questo mostro? Cos'è un cioccolatino gigante?» accenna alla Dodge Ram del sottoscritto.
«Ti aiuto» rispondo, aprendo la portiera e porgendole una mano.
Non mi sarei mai aspettato una scena del genere con Anna. Alle superiori sognavo di prendere la patente per portarla a fare un giro con la mia macchina, mentre lei chiacchierava al mio fianco o rideva delle mie battute.
Nel salire, poggia male un piede e perde l'equilibrio. C'era da aspettarselo, con tutto l'alcool che ha in corpo. La prendo per i fianchi e l'aiuto a salire, cercando di non guardare la gonna del suo tubino che si è arrotolata, scoprendole quasi tutto il fondoschiena. Ok, lo ammetto, ho guardato.
Quando finalmente è al sicuro a bordo, riesco a cavarle fuori l'indirizzo e la porto a destinazione. Durante il tragitto si giustifica in mille modi, dicendo che non è da lei bere così tanto, ma aveva qualcosa da dimenticare. Accenna a un'amica traditrice e a un ragazzo stronzo. Spero che non si tratti di Andrea, né di nessun altro d'importante per lei. Non so perché io stia prendendo tanto a cuore la faccenda, dato che probabilmente non la rivedrò nemmeno dopo questa sera.

Una volta arrivati nella via dove abita Anna, l'aiuto ad aprire la porta di casa sua; faccio in tempo a dare una sbirciata all'interno di quello che mi sembra un bilocale perfetto per una persona sola, ed evito il suo secondo bacio sulle labbra, segno di gratitudine.
Me ne torno a casa a mia volta, ripensando alla serata surreale appena trascorsa.

***

Ecco il secondo capitolo, ora avete avuto modo di leggere entrambi i punti di vista. Come li trovate? Fatemi sapere cosa ne pensate. Grazie a chi segue la storia.Alla prossima!

Maria C Scribacchina


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