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Mi sveglia di soprassalto il campanello, e mi accorgo di essere sul divano. Devo essermi addormentata.

Complimenti, Madison. Buon momento per addormentarti.

Mentre mi domando chi possa essere, all'ingresso del salotto vedo i miei genitori che mi fissano. Corro verso di loro e li abbraccio entrambi.

<Mi dispiace tanto> sussurro ai miei con gli occhi lucidi.

<Non è colpa tua, Madison.> mi risponde la mamma sciogliendosi dall'abbraccio e guardandomi compassionevolmente.

<Dovremmo chiamare la polizia.> le uniche parole che ha saputo pronunciare mia padre da quando è arrivato. E' sempre stato così freddo con tutti tranne che con Cecilia, ovviamente.

<Max...> lo rimprovera mia madre.

<No, Cara. Basta. Voglio sapere dov'è mia figlia>. Le risposte sarcastiche mio padre me le serve proprio su un piatto d'argento.

<Sono tua figlia anch'io, se non l'avessi notato> inarco la sopracciglia come faccio sempre quando devo far notare qualcosa a qualcuno.

Mio padre, ignorando il mio sarcasmo, se ne va dalla stanza e raggiunge mia zia in cucina, dove presumo chiamerò la polizia per denunciare ciò che ho visto.

<Com'è?> mi chiede mia mamma con gli occhi lucidi.

<Eh?>.

<Cecilia.> specifica alzando gli occhi al cielo. Lo fa sempre quando non capisco al volo.

<Ah, giusto> mi schiarisco la voce <sempre la stessa. Non è cambiato niente>.

Dovrei dirglielo? Intendo dire ciò che ho visto tre anni fa, quando sono andata a quel locale con Marty e Brooklyn. Dovrei dire a mia madre che sua figlia maggiore si vestiva dark quando non la vedeva?

Decido cosa fare, non dandole il tempo di rispondere.

<Mamma, devo dirti una cosa, riguardo a Cecilia. Non arrabbiarti, e se la ritroveremo non dirle che te l'ho detto. Tre anni fa...> mi interrompe mio padre che ritorna nella stanza con il suo solito passo da persona prepotente.

<La polizia arriverà fra poco>.

<Grandioso.> commento roteando gli occhi <Però volevo finire di parlare.> so che me ne pentirò, ma devo farlo. Non è giusto che i miei continuino a considerarla una ragazza modello anche se non lo è affatto.
<Tre anni fa, quando una volta sono uscita assieme a Marty e sua cugina, ho visto Cecilia. Era tutta vestita di nero ed era con amici poco raccomandabili>.

<Madison, per favore. Cecilia non lo farebbe mai>.

<No, mamma. Ti prego, credimi.> la prego. Non mi crede. Come poterla biasimare, è difficile crederlo da un tipo come Cecilia.

Suonano al campanello. Dei brividi mi percorrono tutto il corpo. La polizia.

I miei vanno ad aprire, e dopo aver spiegato agli ufficiali la situazione, entrano nel salotto osservando accuratamente la stanza.

<Chi è il testimone?> chiede un ufficiale basso e tozzo rivolgendosi a mio padre.

<Sono io> rispondo. Il poliziotto dalle dubbie abilità nel suo lavoro, si gira e mi squadra da capo a piedi.

<Vieni con me, ragazzina. Ti porteremo in interrogatorio a farti qualche domandina>.

<Mi chiamo Madison> preciso guardandolo storto. Tutto, ma ragazzina proprio non lo sopporto. Ma poi, lo sa che sono maggiorenne? Non si vede che ho diciotto anni? Un ufficiale di polizia non potrebbe chiamare 'ragazzina' qualcuno, in teoria.

<Sì, come vuoi, Mavis.> Eh? Mi ha chiamata Mavis? Decido di lasciar perdere e di guardare un'ultima volta mia madre, quasi come se per avere il suo consenso bastasse solo uno sguardo.

Mi fa cenno di andare ed io mi volto subito, come se me lo avessi ordinato. Speriamo che non mi trattengano molto.

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Entra nell'interrogatorio un uomo di colore alto e snello. Al collo ha una specie di cartellino, su cui presumibilmente c'è scritto il suo nome. Ma purtroppo non riesco a leggerlo.

<Buongiorno> mi saluta <io sono l'ufficiale Chad Parkerson>.

<E' un piacere> gli sorrido, ma lui non ricambia. Che persona scorbutica...

<Signorina Madison, lei dichiara di aver visto sua sorella Cecilia Parks, scomparsa da due anni e dichiarata morta. Sua sorella quest'anno dovrebbe compiere vent'anni, giusto?> si siede sulla sedia davanti alla mia. A dividerci c'è solo un tavolo di ferro molto vecchio.

<Sì>.

<Bene. Mi dica, che rapporto aveva con Cecilia?> mi chiede l'ufficiale inarcando le sopracciglia.

<Eravamo molto legate, come amiche. Ci dicevamo segreti, ci confessavamo cotte e altre cose. Ma a quanto pare non la conoscevo quanto pensavo>. Inizia ad appuntare qualcosa su un piccolo taccuino, con una calligrafia incomprensibile.

<Perché dice questo?>.

<Perché tutti pensavano che fosse perfetta. Almeno, alcuni lo pensano ancora. Ma io ho capito in questi anni che non era affatto. L'ho trovata alcune volte con persone... poco raccomandabili o vestita da punk> gesticolo.

<Oh. E cosa ne pensa di tutto ciò?>.

<Che Cecilia ci abbia preso tutti quanti per il culo> mi scuso subito coprendomi la bocca <Mi scusi>.

<Non si preoccupi> continua <perché lo pensa?>.

<Insomma, una scompare da due anni da uno Stato, e viene ritrovata in quello di sua zia. Dove, tra l'altro, sono presenti tutti i suoi amici e quello che le piace. Lei non si sentirebbe presa in giro?>.

<Come si chiama quello che le piace?>.  Perché ha ignorato la mia domanda per concentrarsi su Calvin?

<Calvin. Calvin Davidson.> rispondo scocciata di domande che non c'entrano niente con Cecilia.

<Oh. Sa, è mio nipote. Sono il fratello di sua madre>. Sulle casualità presenti nella mia vita potrei scriverci un volume intero. Forse due.

Lo ignoro e aspetto che finisca di scrivere sul taccuino.

<E pensa che potrebbe essere stata una delusione d'amore ad averla fatta scappare?>. Bella domanda, anche io non so rispondere. E' stato Calvin? Boh, chi lo sa.

<Non lo so. E' quello che sto cercando di capire>.

<Dove e quando l'ha vista?>.

<Nella Summit Street stamani mattina.> ripensando a stamani mattina, mi sembrano passate solo poche ore. Invece adesso sono le undici e mezza di sera e mi si chiudono gli occhi.

<Bene, Madison. Ho solo un'ultima domanda da porle> intreccia le mani <Sta dicendo la verità?>.


Flight #wattys2017 [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora