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Canzone per il capitolo:

Imagine Dragons - Demons

Non posso credere che Cecilia sia solo dietro questa porta.

Solamente dietro una porta.

Dietro pochi strati di compensato, si nasconde il motivo per cui la mia vita è andata a rotoli negli ultimi due anni.

Sono pronta? Sono pronta per riavere di nuovo la sua presenza nella mia vita? Sono pronta a ritrovarla a casa tutti i giorni per il resto della mia adolescenza? Sono pronta per riconsiderarla mia sorella?

No, affatto. Ma ormai è troppo tardi per prendere qualsiasi altra tipo di decisione, ed i miei genitori stanno già varcando la soglia.

Cecilia è seduta su un tavolo identico a quello che si trovava nella stanza dove sono stata interrogata. Oppure è la stessa stanza, non lo so. Non è il mio problema principale al momento.

Ha lo sguardo basso sulla superficie del tavolo,e respira come un cane arrabbiato.

Noto che ha delle manette ai polsi. Perchè avrebbero dovuto ammanettarla? Avrà cercato di ribellarsi?

Naturalmente è sempre uguale all'ultima volta che l'ho vista in macchina; capelli mossi e biondi, matita nera intorno agli occhi e labbra al naturale.

Mia madre scoppia a piangere. È un pianto di gioia, e ripete la parola 'grazie' all'infinito. Anche a mio padre scappano un paio di lacrime, ma se le asciuga subito.

Ci mettiamo tutti e tre a sedere di fronte a Cecilia, e lei a volte alza lo sguardo per rendersi conto di cosa stiamo facendo.

<Tesoro mio...> le prende la mano mia madre <come stai?>.

Cecilia sfila la mano da sotto di quella di mia mamma in modo teatrale, ma non risponde.

<Non parlatemi> esordisce pochi minuti dopo.

Io e mia madre ci guardiamo come se potessimo parlarci attraverso uno sguardo.

Ma poi decido di parlare. No, Cecilia non l'avrà vinta di nuovo. Le tirerò fuori le parole che non ha mai detto.

<Così non hai niente da dire, dopo due anni? Non hai niente da dire alle persone che ti hanno cresciuta? E a me? Che ti ho cercata per tutto questo tempo?> esclamo indignata. Che si rifiuti di parlare proprio non lo accetto.

<No, non ho niente da dire. Tu saresti l'ultima persona a cui dovrei dire qualcosa>.

Ha davvero il coraggio di dire queste cose?

<Mi dispiace che tu dica questo, Cecilia> i miei genitori mi stanno fissando, increduli <Questo giorno me lo sono sempre immaginato diverso. Pensavo che sarei stata felice di poterti riavere insieme a me. Ma adesso ho capito che non sono poi così fortunata>.

Piango. Mia sorella è nata per farmi piangere.

<Non dire cavolate, Madison.> si limita a dire solo questo.

Mi alzo di scatto dalla sedia e le mollo uno schiaffo. Sì, uno schiaffo forte in pieno viso.
So che è esagerato da parte mia, perché, d'altra parte, non ha detto niente di male. Ma se lo merita per ciò che ha fatto in passato. Per tutte le notti che mi ha fatto passare insonni. Per tutti le lacrime che mi ha fatto versare perché mi mancava. Per tutte le persone che ha fatto soffrire: me, i miei genitori, Calvin e tutti i suoi amici. Per tutto quello che ha fatto passare a tutti.

Il poliziotto che prima era in un angolo della stanza mi ha raggiunto velocissimo e in un attimo mi ha messo le mani dietro la schiena.
Sento mia madre e mio padre chiamarmi, ma l'ufficiale mi ha già condotto fuori dalla stanza.

Mi guarda come per dire 'Non puoi più entrare, mi dispiace'.

<No, grazie, amico. Non ci tengo.> gli rispondo secca. <Aspetto solo i miei>.

                         ********
So che potrebbe sembrare strana la mia reazione. L'ho desiderata così per tanto tempo, e adesso, non vorrei rivederla mai più.
La conclusione dei miei pensieri alla fine è che si sta meglio quando si è figli unici. Come Calvin.

Già. Calvin.

Lui non sa che l'abbiamo ritrovata e che è qui.

Il mio orgoglio, che di solito vince sempre, dice di non dirglielo e far finta di niente.
Ma so quanto Calvin sia innamorato di Cecilia, e voglio renderlo felice, nonostante ciò che mi ha fatto e detto.
Non ci guadagno niente comunque, si sa ormai che la mia vita è un disastro.

Compongo sul tastierino del mio telefono il numero di Calvin e dopo due squilli risponde.

<Madison?>. Sì, sarei sorpresa anche io.

<Mmh... sì, sono io. Volevo dirti che Cecilia è qui alla centrale di polizia> pronuncio con voce debole.

Sento silenzio per qualche minuto dall'altro capo del telefono.

<Calvin?> mi assicuro che non abbia avuto un infarto per la notizia improvvisa.

<Sì, scusami. Posso venire?> il suo tono infantile come un bambino che chiede qualcosa ai suoi genitori è adorabile. In un altro momento mi sarebbe scappato da ridere.

<Certo. Magari con te parla> e attacco. Non che non volessi parlare più con lui, ma l'ho fatto senza pensarci.

Speriamo che con Calvin riesca a farle spiccicare parola e a dirci cos'è successo davvero.

Flight #wattys2017 [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora