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Sono soddisfatta di aver lasciato Amanda a piedi: non voleva comportarsi male, ma la conversazione ha preso una brutta piega e si è capito benissimo cosa pensava. Sono ben lontana dal negozio dove ho comprato il vestito, avrò percorso qualche chilometro.

All'improvviso un'auto mi taglia la strada, e per fortuna schiaccio il freno in tempo.
<Accidenti> impreco stringendo il volante facendo diventare le nocche bianche.

Scendo furibonda dall'auto sbattendo violentemente la portiera. Questo cretino mi ha quasi tamponato, cercando di fare il furbo tagliandomi la strada.

<Ma che problemi hai?!> strillo avvicinandomi alla macchina del deficiente.

Ma a mia sorpresa, dalla macchina esce l'inaspettato: Brad Collins. Quel Brad Collins.

<Madison! Che piacere rivederti> esclama sarcastico controllando che la sua auto non si sia ammaccata.

<Sai almeno cos'hai fatto?! Se io non avessi frenato saremmo entrambi spiaccicati sul parabrezza!> lo informo, ma lui mi sta ancora ignorando. Dietro le nostre automobili si è formata una fila non indifferente. Si sente un rumore assordante e fastidioso di clacson: la gente non si rende proprio conto che stavamo per fare un incidente grave.

<Vuoi restare qui tutto il tempo a sbraitare facendo incazzare la gente, o preferisci andare a prendere un bel frullato?> sventola una banconota da cinque dollari che ha appena sfilato dalla tasca. Vediamo se ho capito bene: mi sta offrendo dei soldi per levarmi di torno?

<Okay Brad. Io me ne vado. Ma proprio non li prendo i tuoi soldi, non sono una bambina di cinque anni che va a riscattare il premio in una caffetteria.> detto questo me ne torno in macchina e, sgommando, imbocco una piccola via di questo posto. E' bellissimo, ma della gente che c'è ne farei anche a meno.

Cioè, più o meno.

Pensando a questo mi viene in mente che stasera devo uscire con Calvin e che non mi sono ancora preparata. Anche se mancano 3 ore all'appuntamento.

Non so se ritornare a casa per prepararmi come un'adolescente in preda al panico perchè il ragazzo che le piace la passa a prendere tra 179 minuti e 47 secondi, o andare in una caffetteria per prendermi un cappuccino. Al diavolo, vada per l'adolescente psicologicamente instabile.

Finalmente dopo 30 minuti riesco a trovare la strada giusta di casa mia. Non distinguerò mai queste vie. Parcheggio la macchina davanti a casa e mi dirigo verso la porta d'ingresso. Saluto mia zia che sta preparando una delle sue solite delizie per cena e salgo di fretta le scale.

Che strano. La mia stanza è chiuso a chiave dall'interno. Mi ricordo benissimo che non sono passata dalla finestra per uscire.

<Zia, hai un passepartout?> le chiedo dal piano superiore.

<No, ma la mia camera ha una chiave che apre benissimo tutte le serrature di questa casa.> risponde.

Giro l'angolo dell'enorme casa e sfilo la chiave dalla serratura. Mi domando: come può essere successo? Può essere entrato qualcuno nella mia stanza? Se sì, chi? Perchè? Mille domande mi frullano per la testa, non mi accorgo nemmeno che sono già ritornata davanti alla porta di camera mia.

Finalmente riesco ad accedervi e trovo una scena che sinceramente non mi aspettavo: sul pavimento c'è la scatola che tengo sotto il letto aperta e con i miei disegni e fogli sparsi per tutta la stanza. Corro subito verso la scatola, e mi accorgo che l'unica cosa che manca è il diario di mia sorella.

<No, no, no> mormoro mettendo a soqquadro tutto. Cavolo, no. Tutto, ma quello no. Sono talmente delirante che non riesco nemmeno più a ragionare.

Faccio l'elenco di tutti i nomi delle persone che potrebbero esserne colpevoli. Ed eccolo. Quel maledetto nome che mi ha fatto impazzire da quando sono qui.

Calvin Davidson.

E' stato lui. Ne sono sicura. Sapevo di non potevo fidarmi di quel "Puoi tenerlo. Hai ragione, non faccio altro che ostacolarti". Me l'ha lasciato e poi se l'è rivenuto a riprendere. Al diavolo lui e a quelle cavolo di volontà di Cecilia. L'unica cosa che potrebbero ricondurre a lei, mi è stata tolta.

Sono furibonda, non sono mai stata così arrabbiata in vita mia. Esco sbattendo la porta ed esco da casa mia con un passo che credevo impossibile.

Scavalco la staccionata che divide casa di mia zia da quella del mio caro amichetto Cal e mi addentro verso il suo giardino. Le lacrime scendono contro la mia volontà, non vorrei che mi vedesse in questo stato. Ma sono troppo accecata dalla rabbia per preoccuparmi.

Suono il campanello ininterrottamente e finalmente viene ad aprire.

<Stai bene?> chiede indifferente. Mi chiedo come faccia a non essere palese che sono incazzata nera, ma voglio lasciarlo indovinare.

<Tu che dici?!> rispondo sarcastica <Perchè?! Perchè l'hai fatto?! Perchè vuoi togliermi l'ultima possibilità che ho per ritrovarla?> gli domando ora non più arrabbiata, ma in preda alla disperazione.

<Ma di cosa stai parlando?> chiede incredulo.

<Eddai Calvin, non fare il finto tonto! So che sei stato tu ad entrare di nascosto in camera mia e a prendere il diario di Cecilia!>.

<No! Non è vero! Non sono stato io, te lo giuro. Non avrei mai fatto una cosa del genere>.

<Allora, avanti. Dimmi chi altro potrebbe essere stato. Fammi un elenco, e vediamo di risolvere insieme questo complicato dilemma> rispondo a braccia conserte.

<Oh, oh> dice guardando un punto fisso. <Penso di sapere chi sia stato a farlo>.

Flight #wattys2017 [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora