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Hope

<<Papà?>> domandai all'improvviso irrompendo nel suo studio. L'uomo alzò il capo dai documenti che stava attentamente studiando e mi guardò. Aveva gli occhi stanchi e un espressione triste. Ma lui aveva sempre un'espressione triste.

Avevo sei anni ma già mi rendevo conto di quanto mio padre soffrisse.

<<Dimmi Hope>> mi sorrise forzatamente senza coinvolgere gli occhi.

<<Vieni a giocare?>>.

<<Tesoro lo sai che sto lavorando>> mi ripeté per la centesima volta. Me lo diceva sempre, ad ogni ora del giorno lui lavorava. Una volta avevo sentito dire ad una domestica che lui lavorava perché così non pensava ma non avevo davvero capito che cosa significasse.

<<Ma tu lavori sempre... Non puoi neanche un attimino?>> gli feci gli occhi dolci che funzionavano con tutti.

<<No, Hope. Ti ho già detto che non posso. Chiedi alla tata di giocare con te>> sospirò riabbassando il capo.

<<La tata non c'è è in vacanza, papà...>> gli ricordai. A volte pareva essere fuori dal mondo e che vivesse in uno tutto suo.

<<Allora gioca da sola, Hope!>> esclamò esasperato, <<io devo lavorare!>>.

Mio padre era sempre stato un uomo molto paziente. Forse perché non lo vedevo molto spesso. Solo che quando si innervosiva e mi sgridava gli occhi mi si riempivano di lacrime. Non lo facevo apposta. Non potevo farne a meno. Anche perché quasi mai capivo perché mi sgridasse.

<<Papà?>> lo chiamai ancora con gli occhi lucidi.

<<Che cosa c'è Hope?>> sospirò passandosi due dita sugli occhi.

<<Quando torna la mamma?>> chiesi ingenuamente.

E poi, come sempre quando nominavo mia madre, lui si irrigidiva e dopo aver preso un respiro profondo tornava a guardarmi, senza farlo veramente.

<<Presto tornerà, adesso esci e chiudi la porta>> mi fissava severo.

<<Lo dici sempre però lei non torna>> gli feci notare piagnucolando.

<<Hope adesso non ho tempo quindi esci!>> alzò la voce facendomi sobbalzare. Dai suoi occhi notai quanto fosse furioso ma io ero una bambina non potevo capire ciò che provasse.

<<Ma papà io voglio giocare, magari mamma non deve lavorare e può giocare con me>> insistetti saltando sul posto.

<<Hope per favore>> sospirò nuovamente mi padre.

<<Dai papà chiamala e dille di venire>> continuai sentendo nascere in me una speranza.

<<Hope...>>. Il suo tono era neutro ma dentro di sé stava covando della rabbia repressa che, pensandoci dopo anni, doveva essere tutta verso mia madre.

<<Dai papà! Poi ti lascio stare!>> sorrisi saltando allegra sul posto.

<<Hope smettila!>> urlò alzandosi di colpo dalla sedia.

Lo guardai spaventata per alcuni istanti mentre la vena sul suo collo si gonfiava.

<<Tua madre non verrà a giocare con te! Né adesso né mai più!>> sbraitò guardandomi dritta negli occhi.

Nonostante Tutto Io Ci SonoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora