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Hope

<<Hope! Vieni qui!>> urlò qualcuno dal piano di sotto.

Io ero tranquillamente sdraiata sul mio letto che tentavo di riposare un po'. Ancora non mi ero ripresa dalla sbornia di una settimana prima. Ero terribilmente spossata e stanca, ogni tanto avevo ancora la nausea e giramenti di testa.

Inoltre, ogni volta che incontravo Chris per i corridoio dell'Università, cambiavo repentinamente strada per non incontrarlo.

Una volta ero in compagnia di Isabel e quando avevo svoltato per un corridoio chiuso mi aveva guardata in modo strano ma io avevo finto di non aver notato la sua espressione dubbiosa.

<<Hope, vieni immediatamente qui!>> urlò isterica Jocelyn, di nuovo, quando non le risposi.

Non avevo nessuna voglia di alzarmi avevo passato tutto la notte sveglia e volevo dormire. Ne avevo il diritto, diamine.

<<Hope!>> entrò qualcuno dalla porta sbattendola.

Che palle. Neanche riposare si può in questa casa.

<<Hope Reeves, alzati subito! È mezz'ora che ti chiamo!>> urlò ancora quella donna.

Si rendeva conto che mi trovavo a meno di un metro da lei?

Feci un verso di disapprovazione e mi rimisi sotto le coperte.

<<Hope, mi sto arrabbaindo!>>.
<<La smetti di urlare?! Io starei cercando di dormire!>> sbraitai esausta, mettendomi seduta sul letto.
<<Sono le undici e mezza! Adesso ti alzi e ti prepari che tuo padre ci aspetta per mezzogiorno al ristorante francese sulla ventisettesima>> concluse sbatrendosi la porta alle spalle, uscendo.

Non la sopportavo. Si credeva la padrona di casa solo perché mio padre si era fidanzata con lei due anni prima.

Sbuffai e, anche se con poca voglia, mi tirai giù dal letto.

Ero morta avevo passato la notte china sul gabinetto.

Possibile che avessi una sbornia a scoppio ritardato?

Dopo essermi fatta una doccia veloce ed essermi truccata, rendendomi almeno presentabile, scelsi il primo vestito elegante che trovai nell'armadio.

Non avevo nessuna voglia di uscire ma non avevo altra scelta. Sicuramente quella strega si sarebbe inventata qualche stupidaggine sulla motivazione della mia assenza e mio padre ci avrebbe creduto.

<<Hope andiamo!>> urlò per la centesima volta, da quando mi ero svegliata, Jocelyn.

Sbuffai sonoramente e, dopo aver preso la borsa, mi decisi finalmente a scendere.

Vivevamo in un attico, che consisteva in due piani. Un appartamento molto grande, con circa cinque stanze da letto e tre bagni al piano di sopra, e un enorme salone, utile per le feste che non mi permettevano di organizzare, una sala da pranzo, una cucina, a mio parere troppo grande siccome poco utilizzata, e lo studio di mio padre, al piano di sotto.

Il tutto era molto ben arredato, senza dubbio, da i migliori designer della città, per ordine di mia madre.

Non la ricordavo molto ma ero sicura che fosse una donna meravigliosa. Mio padre non ne parlava spesso, a causa della presenza della sua fidanzata, e questo mi faceva soffrire, perché ogni volta che gli chiedevo qualcosa mi rispondeva sempre che non era il momento.

<<Eccomi! Piantala di urlare!>> sbuffai scendendo l'ultimo gradino.
<<Era ora! Hanna è pronta già da un'ora!>>.
<<Immagino>> alzai gli occhi al cielo.

Nonostante Tutto Io Ci SonoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora