Capitolo 24

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Luna

Dopo aver passato la maggior parte della giornata con Astaroth, ho deciso alla fine di separarmi da quest'ultimo per farmi un giro tra i borghi degli inferi che non ho mai realmente avuto l'occasione di esplorare per bene. Intanto dall'altra parte il demone ha deciso di andare alla ricerca di Morgana, la quale appariva esser sparita nel nulla dopo il commento da parte di Alexander. Ma del resto non c'era altro da aspettarsi da uno come lui, egli un demone, una creatura che si nutre d'odio e delle sofferenze altrui, ha semplicemente mostrato il suo vero volto, toccando di proposito un tasto dolente per la donna. Mi dispiace soltanto che sia stata lei la vittima delle fauci del demone. Ma il modo in cui è scattata Morgana mi ha portato a pensare. Come fa ancora a provare tutto questo affetto e sofferenza per una figura che l'ha lasciata millenni fa? Come ha fatto il tempo a non risanare ferite che sono state inferte in un tempo tanto lontano quanto la creazione dell'umanità? Tutto ciò mi porta a pensare e a figurarmi come una persona meschina che ha a quanto pare ha superato la morte di James fin troppo semplicemente, se la cosa viene messa in confronto al senso di lutto provato dalla demone per la morte di Sytri. E mi chiedo se la donna abbia vissuto tutti questi secoli, rimanendo fedele all'angelo, probabilmente sì, io al contrario sono caduta tra le braccia di Lucius alla prima occasione. Che senso ha esser angeli, se certi demoni dimostrano di avere una nobiltà d'animo superiore alla tua? Alla fine la separazione tra demoni e angeli diviene solo un gioco d'etichetta, se lo si osserva da questo punto di vista. Si può amare qualcuno così tanto da finire col cadere tra le fiamme dell'inferno? Si può buttare all'aria tutto per un illusorio tocco al cielo? È veramente amore se lasci che un'altra persona cada tra le tenebre per te? Oppure è soltanto egoismo e senso del possesso? Lucius mi ha mai amato o il suo era solo un comportamento da usuale demone che non riesce ad ottenere ciò che desidera?

Mentre tali pensieri assillano la mia mente, io mi ritrovo presto immersa tra i demoni comuni che come al solito finiscono col fermarsi per fissarmi, poiché come sempre sono la nota stonante in mezzo a un'armoniosa melodia. Diversa. Persa. Senza un posto d'appartenenza. Ecco cosa sono sempre stata, lo sono e sarò sempre. Forse mi sarei dovuta presentare in disguido tra i demoni, con la chioma corvina e iridi delle tenebre, almeno avrei potuto percorrere queste strade inosservata. Nonostante ormai la mia presenza sia quasi una costanza agli inferi, gli sguardi che mi vengono rivolte dalle creature del male continuano a essere di disapprovazione, di diffidenza, odio, disdegno e ripugno. In un certo senso comprendo questa loro riluttanza nei miei confronti, del resto sono soltanto un'intrusa nel loro regno. Ma come al solito nessuno osa scalfirmi con un solo dito per timore della punizione che ci sarebbe per loro in serbo da parte della nobiltà. Persino il brusio della gente cala al mio passaggio e addirittura le persone in miseria mi scoccano occhiate di disprezzo. Ho appena passato la bottega di Ithea dove dubito metterò mai più piede nuovamente. Continuo a camminare, passo dopo passo, ricevendo sempre più sguardi d'astio e ostilità, facendomi memore del motivo per cui non scendessi mai tra il borgo dell'inferno. In un certo senso questo loro risentimento è reciproco, ma ha davvero senso provare tutto questo acredine? Insomma che danni abbiamo recato all'altro per accrescere questo sentimento d'intolleranza? Antichi rancori e pregiudizi hanno portato a questa situazione. L'uno crede male dell'altro e così l'odio accresce e non cessa di esistere.

"Guarda, guarda chi si vede da queste umili parti. Chi si sarebbe mai immaginato che una principessina avrebbe sporcato la propria calzatura, camminando da queste parti." Dice una voce familiare da dietro le mie spalle, cosa che mi porta a voltarmi e rivolgere la mia attenzione verso tale fonte di voce. "Ne è passato di tempo, principessina. Non credi?" Domanda poco dopo il demone con un sorriso cordiale.

"Non chiamarmi principessina, sai che in realtà non lo sono." Constato con casuale neutralità, mentre il sorriso non si estirpa dalle labbra del mio interlocutore.

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