Capitolo 31

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Luna

Un tonfo, ecco cosa ho sentito nel petto una volta ritornata in questa realtà. La freddezza, il distacco con cui Michele ha trattato Lyen. Questi non sono atteggiamenti che mi sarei mai aspettata da parte di un sovrano dei cieli, eppure c'è da tenere a mente il fatto che a quei tempi, non c'era ancora un vero e proprio re del paradiso. Eppure guardando adesso il serafino e confrontandolo a quello che era stato, mi appare inconcepibile l'idea che siano la stessa persona, ma ciò che più mi ha lasciata scombussolata è stato l'atteggiamento di Lucifero che oltre ad avere un aspetto differente da Demonio attuale, ha anche un carattere completamente diverso. È quasi come se le due entità opposte entità di quest'oggi, si fossero scambiati di ruolo. Adesso comprendo il dolore che ha attraversato il viso di Michele quando ho menzionato il nome di Lyen, il senso di colpa e afflizione. Ma ancora non mi spiego come quest'ultima quest'oggi appare non esistere, è veramente morta? Interrogativi su interrogativi si iniziano a formare tra i miei pensieri, mentre mi sento incapace di riporre i tasselli di quest'intricata storia a suo posto. Ma sopratutto in tutto questo Tenebrus dov'è finito? Che si sia dissipato assieme a Lyen? Che Lucifero li abbia uccisi entrambi? Probabilmente l'ultima opzione sarebbe stata l'ipotesi più plausibile da applicare, ma se si tiene in conto il portatore di luce d'allora, tale cosa appare impossibile, si vedeva che quest'ultimo ci teneva sia a Tenebrus che a Lyen. Persa come sono nei miei pensieri, ci metto vari minuti prima di captare un bussare alla porta e spero per il bene di Astaroth che quest'ultimo non sia dietro questo pezzo di legno.

"Astaroth, se sei tu puoi andartene via, non sono dell'umore per qualsiasi cosa tu abbia in mente." Affermo, ma dopo un breve lasso di silenzio dove ho creduto, che quest'ultimo se ne fosse andato via, lasciandomi in santa pace, le mie orecchie vengono percosse nuovamente dal suono di un paio di nocche tirate contro il pezzo di legno in questione. "Ho detto di andartene via. Non ho voglia di fare nulla." Aggiungo contro il suo insistente bussare che sembra non voler cedere. A un certo punto, frustrata più che mai, decido di dirigermi a grandi falcate verso la porta che apro con violenza. "Ti ho detto di lasciarmi in pace!" Urlo contro la figura posta di fronte a me, ma quando realizzo di chi si tratta, la mia voce si affievolisce pian piano, lasciandomi la sensazione di voler esser assorbita dal pavimento.

"Grata di vederti anch'io." Risponde con un sorriso pieno di sarcasmo la figura della demone della vita accompagnata dalle usuali iridi verde-arancio, che ti portano sempre in confusione in quel loro gioco tra luci e tenebre, non dandoti mai la sensazione di poter esser certo riguardo il fatto se quest'ultima stia scherzando o meno, se sia di buon umore o meno.

"Io non sapevo che si trattasse di te." Cerco di giustificarmi, mentre quest'ultima mi osserva analitica con quei suoi occhi felini che trasudano astuzia e malizia.

"Questo lo avevo intuito." Afferma con fare annoiato la demone, mentre con eleganza ripone al suo posto una delle ciocche della sua scarlatta fulgida chioma. Mi sento presa contropiede di fronte la presenza di un tale imponente essere. Che diavolo ci fa sull'uscio della mia porta la demone della vita? Non ho alcun anima da donarle. Che motivo avrebbe mai quest'ultima per ritrovarsi da queste parti, per di più facendo tutta la strada dai cieli? Ha smarrito per caso la via della retta distorta?

"Mi stavi per caso cercando?" Chiedo ancora perplessa e insicura riguardo il motivo della sua presenza.

"Tesoro, di certo non sarei qui, se non ti avessi voluto incontrare." Constata con ovvietà Karma, la cui curvata e formosa figura mi sovrasta di una buona manciata di centimetri con l'addizione di un paio di alti tacchi, i quali slanciano ancor di più la sua persona così imponente e perfetta che trasuda millenni di esperienza da ogni poro. Messa di fronte a lei, mi sento un essere infimo, quasi inesistente, così piccola da non poter essere nemmeno notata, nonostante l'evidente chioma argentea che adorna il mio capo.

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