Capitolo 28

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Lucius

Mi ritrovo adesso nella stanza di Alexander e la cosa mi porta certe strane sensazioni, dato che solitamente la situazione è in ribalto ed è lui che finisce col ritrovarsi in camera mia più spesso di quanto voglia ammettere, ma ciò non significa che non mi sia mai ritrovato in camera sua. Dopo che ho lasciato Luna, ho mandato un messaggero per infornare Alexander che avevo ritrovato l'angelo, ma la cosa comunque non gli è andato molto a genio, dato che ha dovuto passare tortuosi minuti con la macabra figura dell'angelo della morte. Beh! Se lui si lamenta per una piccolezza del genere, io, che ho passato praticamente un'intera giornata col rosso in questione, cosa dovrei dire? Intanto, dando una fugace occhiata intorno, posso notare che la mania dell'ordine di Alexander non si è dissolto con il tempo, anzi si può quasi dire che lo abbia perfezionato e più mi guardo attorno, più credo che egli sarebbe una perfetta donna delle pulizie; a mio parere ha sbagliato a perseguire la strada di guardia regale, quella di donna delle pulizie gli si addice meglio. È così fissato con l'ordine, che di solito rifiuta che la camera gli venga sistemata da una serva. Sono ora seduto su una poltrona grigio-argento dalle decorazioni in nero, mentre Alexander è in piedi a camminare a grandi avanti e indietro per la stanza.

"Non tieni ancora alcuna arma nella tua stanza?" Lo stuzzico, conoscendo bene il motivo per cui fa così, mentre dall'altro lato il capitano arresta per un attimo il suo passo per lanciarmi una truce occhiata. Ricordo l'evento quasi come se fosse ancora ieri, l'allora piccolo, non proprio innocente, Alexander aveva appena iniziato ad allenarsi per divenire un soldato dell'esercito come del resto anche suo fratello. Lucifero ha sempre avvertito ai due pupilli di non tenere mai armi in camera, perché così come l'oggetto è d'aiuto per chi risiede nella stanza, è allo stesso tempo anche un oggetto che può essere utilizzato dall'attaccante nemico per pugnalare. Ma il piccolo Alexander pieno di entusiasmo nel poter possedere delle armi, non ha mai ascoltato questa regola imposta dal suo re, al contrario dall'altra parte il gemello era più rigido e duro con se stesso, seguendo pertanto l'avvertimento del suo sovrano. Lucifero non affatto contento del fatto che Alexander avesse ignorato le sue istruzioni, - poiché entrambi insieme a me eravamo i suoi pupilli e dovevamo essere addestrati alla perfezione - ha deciso di punire il demone per questa sua noncuranza, decidendo una notte di inviare Setesh nella stanza del fratello con l'ordine di attaccare il gemello per dimostrare come questa sua noncuranza potesse essere letale. Al contempo nessuno di noi era sorpreso del fatto che Setesh avesse veramente adempito a tale ordine, tutti eravamo consapevoli della sua determinazione nel voler divenire guardia reale. Però quest'ultimo pur attaccando suo fratello con le stesse armi di quest'ultimo, custodite gelosamente in camera, non era stato magnanimo e si era fermato soltanto, quando Lucifero glielo aveva ordinato. Certe volte mi vien da credere che Setesh avrebbe veramente finito coll'uccidere il gemello, se non fosse stato per mio padre che lo ha fermato. Comunque da allora in poi Alexander non ha più tenuto alcuna arma in camera. Mentre tali ricordi riaffiorano nella mia mente, il mio occhio cade sulla scacchiera presente sopra la grande scrivania, che domina parte dell'ampia stanza. I pezzi di tale gioco sono posti in modo tale da far pensare che ci sia una partita in corso. Visto da fuori sembrerebbe strano a una normale persona notare pezzi non messi in ordine, se non ci sono persone a tavola a fare una partita di scacchi, sopratutto se la cosa è associata a un maniaco dell'ordine come Alexander. Ma ciò che a un occhio straniero sfuggirebbe è il fatto che in realtà c'è una partita in corso. "Posso fare la prossima mossa?" Chiedo, accingendomi anche ad alzarmi per compiere la prossima mossa da uno dei due lati della scacchiera. Tale proposta mi porta solo a guadagnarmi l'ennesima truce occhiataccia da parte del mio consigliere.

"Non osare nemmeno pensarci." Mi avverte Alexander per poi riprendere a camminare a grandi passi per la stanza, mentre io mi rimetto comodo sulla poltrona. Per quanto possa sembrare strano pensare a ciò, la partita che è in corso è tra Alexander e se stesso. Lui crede, che uno dei migliori modi per migliorare in qualcosa è sfidando se stessi. Questo suo pensiero ha portato alla presenza di partite lunghissime di scacchi contro se stesso, che possono anche durare mesi interi e tutto perché egli vuole darsi il tempo di dimenticare le strategie, che ha pianificato per un lato della scacchiera, rendendo la vita più difficile a se stesso quando deve fare una mossa dall'altro lato di questo gioco da tavola. Il motivo che porta il mio consigliere a fare tutto ciò con il gioco dello scacchi, è per allenare la sua mente che a mio parere rischia solo di implodere, se continua su questa strada.

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