Capitolo 46

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Guardando attorno, l'unica cosa che si può osservare nei cieli è la desolazione. Tutti i drappi candidi che solitamente caratterizzano il paradiso, son ora tinti del color del sangue, un cremisi appartenente ai loro fratelli sia alleati che nemici. Ci sono macerie e corpi inerti dappertutto, i quali pian piano si stanno dissolvendo in polvere dorata, per poi esser trascinati via dal vento, lasciando il nulla, se non il ricordo di quello che era della vittima o dei suoi ultimi istanti che possono esser stati gloriosi tanto quanto patetici. Ovunque rivolgi lo sguardo, puoi soltanto osservare desolazione e volti grevi in corpi stremati e feriti sopra macerie di pavimenti, colonne, abitazioni e fontane. Nemmeno il paradiso ha il volto di chi ha vinto una battaglia, sopratutto non in questa landa in macerie che è stato il campo di battaglia. In quelle poche fontane rimaste in piedi non scorre nemmeno più acqua limpida, ma soltanto acqua sporca, macchiata dalla polvere e cenere che vi è attorno e che vi si respira nell'aria. Intanto che gli ultimi angeli, rimasti fedeli alla luce, si alzano e cercano di aiutare come meglio possono i feriti per riprendersi da questa cruda battaglia; colui che dovrebbe esser la loro guida, si trova in ginocchio ai piedi di quello che è rimasto del corpo di Nathaniel, con il volto greve e teso segnato da collera e malinconia mista ad angoscia assieme a sensazioni di pentimento e di colpa, di chi si è appena reso conto dell'errore compiuto. Nathaniel è stato un angelo leale e coraggioso che è caduto in battaglia, con la consapevolezza di aver intuito il giusto, ma il suo governatore ha preferito ignorare le sue parole, ripetute più volte, nonostante ci fossero state evidenze al tempo a sostenere i sospetti del minuto angelo. Adesso Michele si trova a pagare pesantemente questa sua mancanza, sentendosi immensamente stolto e infimo in ginocchio di fronte a colui che gli è rimasto fedele, nonostante le sue parole siano state ignorate. Il corpo di Nathaniel si è iniziato pian piano a ridurre in lucente cenere dorata partendo dai piedi; quel suo giovane viso da angelo sarebbe adesso rimasto eternamente tale, non avrebbe più avuto occasione di maturare in un venerando serafino, in un secondo e in un colpo fatale gli son strappati via i sogni di una vita. Egli non avrebbe più potuto trovare la sua compagna, metter su famiglia e continuare a vedere le nuove generazioni crescere assieme l'uno dopo l'altro, i suoi occhi sono stati prepotentemente resi ciechi a ciò. Intanto che gran parte del corpo del minuto angelo è ancora presente, Michele poggia una mano sopra gli occhi di quest'ultimo e gli chiude le palpebre, osservando per l'ultima volta quelle iridi azzurre in quel volto lentigginoso, mentre attende con pazienza che il suo corpo si dissolva di fronte i suoi occhi. La sua mente nel mentre continua a richiamare l'eco dello straziante urlo intriso di atroce sofferenza che Lyen ha proferito, colei che sarebbe dovuta esser la sua compagna. È stato un clamore intriso di così tante meste afflizioni da esser stato capace di portare in arresto un'intera popolazione, capace di catturare e imprimere dei suoi medesimi dolori ogni singolo essere vivente ancora in piedi, capace di sconvolgere mari e monti. Al sol ricordo di tale suono, Michele si ritrova a stringere le mani in due stretti pugni poggiati sulle sue muscolose cosce. È tutta colpa sua, ha perso regno, soldati e la sua donna, per la sua mancanza come compagno e come governatore, accecato da rancori e dall'invidia nei confronti dei due ex sommi serafini. Egli ha portato il paradiso verso la rovina e non si è reso conto di chi ha avuto accanto, finché non l'ha perso. Lyen è un'anima troppo pura per esser riuscita a sopravvivere alla caduta e il pensiero che ella possa non esser più tra di loro, porta una sensazione di mera pesantezza nell'animo di Michele che si trova ad esser ancor più afflitto da sofferenza a tale realizzazione. Il suo spirito combattente appare adesso esser soltanto un grumo di grigia, spenta cenere immersa in una fitta nebbia, portandolo a ritrovarsi nell'oblio di non saper più cosa fare o cosa credere, mentre anche l'ultimo granello di cenere del corpo di Nathaniel vien portato via dal vento, il quale purtroppo con il suo soffio non riesce a portar via anche le sofferenze che impregna gli animi dei presenti, i quali si trovano a dubitare riguardo al fatto se siano o meno le anime pure di un tempo, adesso che osservano le proprie mani macchiate di sangue. Michele é così immerso nella sua disperazione e nel suo supplizio che non riesce nemmeno a percepire il dolore che segna il suo corpo, il quale gli appare quasi nullo se messo in confronto alle pene, che il suo animo macchiato sta ora patendo. Avrebbe pagato questa sua mancanza e questo è solo l'inizio della sua lunga punizione, che ha segnato la storia che verrà scritto da adesso in poi. Luna osserva questo serafino che ha errato e non riesce a credere che sia lo stesso Michele che ha sempre conosciuto, quell'arcangelo sempre così magnanimo e con un sorriso sempre pronto a rivolgerle, nonostante quest'ultima possa a volte esser stata irrispettosa.

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