Capitolo 36

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A quel punto la scena cambia e Luna si ritrova ad essere di fronte una dimora semplice, ma maestosa nella sua sobrietà. L'edificio pare emanar radiosa luce dai propri candidi muri così immacolati e semplicemente perfetti con sottili rifiniture in purissimo lucente oro. Le porte in legno bianco sono aperte, dando una sensazione di accoglienza e benvenuto a chiunque vi approcci i dintorni. L'angelo perduto a passo cadenzato inizia a entrarvi all'interno, intuendo già cosa possa il palazzo simboleggiare. In poco tempo ella capta voci alle sue orecchie e inizia a dirigersi verso di esse, portandola così a ritrovarsi in una vasta camera, in cui una delle pareti è interamente occupata da un'enorme finestra che illumina radiosamente la stanza, rendendola più leggiadra e ampia. Il luogo di per sé non è lussuosamente decorato, se non per una semplice scrivania in marmo, dietro cui adesso vi poggia Michele con il capo chino e concentrato su varie scartoffie, sopra cui la sua mano va avanti e indietro in modo meticoloso e preciso con una una piuma intrisa d'inchiostro. Alle sue spalle vi è la figura di Lyen, che osserva il serafino con sguardo d'apprensione nella sua graziosa e delicata eleganza in quella sua postura inalzata con la schiena rivolta in direzione dell'enorme finestra, che la porta a esser inglobata dalle ombre, facendo apparir il suo semplice lungo abito color crema, quasi grigio. Altri oggetti che vi risiedono nella stanza sono due semplici poltrone azzurrine dai dettagli in argento che sono posati di fronte alla scrivania di Michele. Poi vi sono una serie di scaffali chiari, che appaiono esser stati fatti in chiara pietra; essi son poggiati lungo una delle pareti, essendo in parte occupati da vari quaderni, scartoffie e diari e l'altra parte ancora ben vuota. Luna è rimasta leggermente sorpresa nel constatare, che in quella piccola libreria non vi è alcun libro stampato, realizzando poi che la cosa è più che normale per un'epoca così remota nel tempo.

"Quanto ancora ci metterai per finire queste carte?" Chiede Lyen con voce affabile, poggiando con dolcezza una sua mano sulla spalla di Michele, il quale non pare esser minimamente toccato dal gesto.

"Ci sono ancora molte cose da annotare, quindi ci vorrà ancora molto." Risponde frettoloso il serafino dalla chioma color sabbia in quel suo austero, rigido tono di voce, dove predilige l'inflessibilità, scrollando poco dopo le spalle, portando la donna ad allontanare la mano con espressione ferita e rammaricata, che incupisce il suo viso solitamente radioso. Adesso Luna comprende la rabbia che prova il Lucifero di quest'epoca nel constatare, che questa serafina sia destinata a Michele. Quest'ultimo non la merita e la donna si merita un uomo che la tratti con più riguardi. È strano pensare al fatto che quell'uomo, che sia capace  di trattare degnamente Lyen, possa esser Lucifero; lo stesso severo sovrano che governa oggi gli inferi, che a suo tempo aveva bandito l'amore dal suo regno per un capriccio, la stessa persona che aveva esiliato demoni su demoni anche senza alcun apparente motivo, che aveva procurato tanta di quella sofferenza, seminando anche distruzione e catastrofi lungo il suo cammino burrascoso.

Prima che la donna possa dire altro, si sente un bussare alla porta della stanza, gesto che poteva essere evitato, dato che l'entrata è socchiusa. "Avanti." Afferma Michele, smettendo di scrivere e rivolgendo il suo sguardo impassibile verso l'entrata per vedere di chi si trattasse.

"Mio sire, mi chiedevo se aveste un momento da regalarmi." Chiede un angelo con umiltà, mentre rimane fermo accanto all'ingresso in quel suo minuto, gracile corpo, in veste di una semplice maglia bianca e un paio di pantaloni celesti, accompagnato da quel viso diafano punteggiato da varie lentiggini con una chioma dorata, in un viso con incastonati i soliti occhi azzurri. Osservandolo, Luna prova una sorta di senso di familiarità, quasi come se lo avesse già incontrato in precedenza, non riuscendo però a collegare la sua figura a un qualche ricordo in particolare.

"Certo, ho sempre tempo per i miei compari." Asserisce Michele con gentilezza e radiosità, accompagnando la sua frase con anche un sorriso, che ammorbidisce quei suoi tratti altrimenti duri. Allo stesso tempo alle sue spalle anche l'espressione di Lyen muta, perdendo la precedente apprensione, sostituendolo con una gentile calma che irradia calore. Ma Luna può ben scorgere il tormento e la delusione che macchiano quei suoi topazi che si ritrova come iridi, probabilmente perché anche lei stessa ha sopportato lo stesso senso di rammarico e amarezza. Perché Michele non può rivolgere a lei lo stesso sorriso che ha rivolto a questo angelo? Perché deve esser sempre così austero, freddo e distante nei suoi confronti? Osservando il Michele di adesso, Luna vi può notare con sorpresa il Lucifero di adesso, l'unica differenza è che il serafino attuale dimostra tale distaccato carattere solo a tratti, mentre il Diavolo che l'angelo perduto é solita conoscere, lo mostra sempre. La figura dalla chioma argentea, guardando il tutto da spettatrice, si sta chiedendo se anche i presenti riescano a sentire la fragilità che si sta pian piano insinuando in questo regno, un tempo più sicuro e non in fase di declino. È proprio vero che l'odio avvelena tutto ciò che tocca, infatti il seme della discordia è nato a causa del disprezzo che c'è tra Michele e i due sommi serafini. Sorridendo a sua volta ai due serafini, l'angelo comune va a sedersi in una delle poltrone di fronte la scrivania del governatore di quel paradiso, mentre quest'ultimo pacato, attende con pazienza che il giovane parli. "Cosa hai da comunicarmi, mio caro Nathaniel?" Chiede il serafino con toni morbidi, mentre udendo tale nome Luna riesce finalmente a riconoscere la minuta figura del ragazzo. Si tratta dell'angelo che ella ha incontrato la prima volta in questo paradiso.

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