Capitolo Uno

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Ho sempre avuto l'impressione di fare tutto per gli altri, per compiacerli come se non potessi farne a meno

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Ho sempre avuto l'impressione di fare tutto per gli altri, per compiacerli come se non potessi farne a meno. Come se mi importasse realmente degli altri, del loro parere. Ora non so più chi sono, ferma in un tempo che non mi appartiene è bloccata in un corpo che non rispetta ciò che vorrei. Sono solo una marionetta, pronta a ricevere e obbedire agli ordini. Ho perso me stessa o, forse, non ho mai avuto modo di conoscermi.

Questi sono gli unici pensieri, sensati, che riesco a formulare appena stringo la mano di questo estraneo, un estraneo che dovrò sposare per il semplice fatto che mia madre ha bisogno di soldi e io sono la sua merce di scambio, ciò che le permetterà di ottenerli. Mia madre è sempre stata una persona ambiziosa ma, purtroppo, i suoi progetti sono morti alla mia nascita e lei non fa che ripetermelo costantemente.

Si parlava di matrimonio combinato ancor prima che io dicessi la mia prima parola, tutto era prestabilito. Ma -nonostante conoscessi bene la mia posizione e avessi già incontrato il ragazzo al mio fianco- mi appare ancora così estraneo, io mi sento una estranea. Come se nella mia vita fossi di troppo, vorrei poter spegnere la mente e lasciare il più totale controllo a mia madre, per lo meno, sarebbe felice delle 'mie' decisioni.

Lui mi rivolge un timido sorriso per poi sistemarsi meglio gli occhiali sul viso, mentre suo padre gli da una pacca sulla spalla. Non è un brutto ragazzo con i suoi capelli neri ricci, i suoi occhi azzurri e, nonostante odi i ragazzi con gli occhiali, i suoi lo fanno apparire tanto colto. Ma tutto nella sua fisionomia mi spinge a provare solo tenerezza nei suoi confronti, nulla di più.

Sento le gambe molli, lo stomaco attanagliasti e la bocca asciugarsi appena mia madre afferma che sia il caso di affrettare i preparativi, così, senza troppi giri di parole come se non vedesse l'ora di liberarsi di me. Mi siedo prima degli altri non riuscendo più a reggermi in piedi, le loro voci mi appaiono lontane e quella sensazione opprimente che sento da anni si fa più forte. Vorrei poter sparire o non esistere affatto.

"...e al momento sto studiando psicologia" conclude il suo discorso riportandomi alla realtà, non si accorge nemmeno che non lo sto ascoltando o, forse, non gli importa più di tanto. Gli altri vogliono semplicemente parlare, senza mai ascoltare. Mi alzo improvvisamente dal tavolo del ristorante -è un luogo talmente raffinato, un luogo lontano da tutto ciò che ho sempre vissuto- proprio quando il cameriere si avvicina al nostro tavolo. "Scusatemi, non mi sento bene" mormoro prima di scappare via.

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