Capitolo Undici

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L'acqua si tinge di azzurro mentre mi sciacquo i capelli

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L'acqua si tinge di azzurro mentre mi sciacquo i capelli. Farsi la tinta in un bagno pubblico, sporco, su un lavandino accanto a una donna che sta cambiando il pannolino a suo figlio non è esattamente il massimo o ciò che mi sarei aspettata per il mio nuovo inizio. Ma sono comunque abbastanza soddisfatta, non riuscivo più ad aspettare per farmela. Aspettare cosa poi, non so, ci sono troppe cose che non so come, ad esempio, dove andrò questa notte.

Entro nella Toilette che è praticamente ricoperta di cartigentica e materiale non identificato verde, sulle pareti vi sono incise o scritte, con diversi pennarelli indelebili, iniziali o diverse offese. Non ho mai capito il senso del vandalismo, della street art o del vandalismo, tra l'altro gli uni con gli altri sono strettamente legati tra di loro, ma sembra che la gente abbia il disperato bisogno di lasciare un segno indelebile che ti farà sempre chiedere chi sia stato. Vorrei anch'io poter rimanere impressa, poter fare in modo che chiunque veda che io c'ero.

Ma la vita è un viaggio troppo torbido e breve per riuscire a fare grandi cose, in men che non si dica ci spegniamo o i rapporti finiscono e quelle due iniziali scritte su un bagno appartengono a qualcun altro. Nessuno finirà nella storia, siamo tutti uomini invisibili di cui ogni traccia diverrà solo qualcosa di cui nessuno saprà mai.

Prendo un respiro profondo, appoggio il borsone a terra ed entro nel bagno. L'odore che si sente è talmente forte da farmi venire il voltastomaco, probabilmente quello lì a terra è vomito e, presto, potrebbe mischiarsi con il mio.  Mi sfilo velocemente il maglione tenendo su la canottiera, l'idea sarebbe stata quella di cambiarmi, ma l'odore è talmente pungente che non riesco a stare un minuto in più. Esco tenendomi la felpa tra le mani, mi riavvicino allo specchio e guardo ma mia minuta figura, come può sembrarmi tanto differente rispetto a prima? Sono pur sempre la stessa persona.

Mi piego ed inizio ad usare la felpa come asciugamano, al centro si forma una macchia azzurra che mi fa sbuffare. Non era certo una delle mie felpe preferite, ma ora sarà inutilizzabile. Afferro il borsone da terra e vi infilo il capo piegato malamente.

Appena esco sento immediatamente lo sguardo avido appartenete al proprietario del minimarket, da quando sono entrata non fa che fissarmi e leccarsi le labbra screpolate. Fingo di guardare gli articoli esposti facendo finta di nulla, "Dolcezza, non vorresti un lavoro?" Mi volto di scatto guardandolo leggermente sorpresa, non sapendo cosa dire.

Ho estremamente bisogno di un lavoro, mi resta solo un dollaro. Ma non posso restare qui, sono troppo vicina alla California e, soprattutto, non mi fido di lui. "No, grazie" mormoro prima di legarmi i capelli in una piccola coda, si allontana dal bancone e, in men che non si dica, le sue mani sporche di grasso finiscono sulle mie spalle "Andiamo, ti pagherò bene..." il suo tono è infimo e sembra fare allusioni a qualcosa di poco onesto. "Sei sordo? Ti ha detto di no. Togli quelle luride mani da lei".

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