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Apro lentamente gli occhi e vengo accecata dal colore bianco del soffitto della stanza, allungo la mano cercando il mio comodino ma non tocco niente.  Appena giro lo sguardo ricordo di non essere a casa mia, in realtà non so neanche dove sono ma cerco di non pensarci per quanto sia possibile.
Mi metto a sedere con non poca fatica e appoggio le mani sul letto cercando di fare forza per alzarmi ma sento come se di forza non io non ne abbia neanche un briciolo, alla fine mi arrendo buttandomi all'indietro con la schiena appoggiata al letto.

Sento bussare alla porta e mi affretto ad indossare la maglietta nera che ho tra le mani.
Vado ad aprire sistemandomi i capelli con le mani e mi trovò davanti Aiden, indossa dei jeans e una maglietta bianca dalla quale si intravede la forma dei suoi addominali scolpiti, rimarrei per ore a guardarlo.
-possiamo andare?- mi chiede, ma è più in affermazione dato che mi afferra per un braccio e inizia a trascinarmi per i corridoi.
-si ma stai calmo- dico arrabbiata tirandomi il braccio per cercare di togliere la sua presa.
-dove andiamo?- sbuffo.
-a studiare- dice con un sorrisetto malizioso continuando a camminare.
Arriviamo di fronte ad una grande porta di legno scuro e ci fermiamo, Aiden la apre lentamente e si gira verso di me.
-parla a bassa voce- mi dice entrando nella stanza.
Io lo seguo, siamo in una specie di grande salotto pieno di poltrone e divani e in un angolo ci sono tre tavolini rotondi.
Aiden non si ferma qui ma prosegue verso un altra porta più piccola, aperta per metà.
Ci entriamo velocemente e ci ritroviamo in una stanza della grandezza di quella di prima ma piena di tavoli e con alle pareti delle librerie colme di strani libri.
-Eccoci, andiamoci a sedere- dice il ragazzo davanti a me dirigendosi verso uno dei tavoli.
-okay-sussurro.
-guarda che qui puoi parlare- ridacchia sedendosi.
Io mi risparmio brutte risposte e mi siedo di fronte a lui.
-allora, devi sapere che noi angeli esistiamo da sempre, ci ha creati Dio ancora prima che esistessero gli umani. I nostri antenati non facevano niente di che nella vita, stavano in paradiso a giocare e divertirsi, qualunque cosa volessero Dio gliela dava. - io rimango ferma, con la testa sorretta da una mano, a guardarlo, ha una voce diversa dal solito, é così calma e lenta, sembra un professore, ma più bello e molto meno severo.
-Un giorno decise di creare un altra razza, ma senza ali o particolari poteri, una razza che doveva lavorare sodo per realizzare i propri sogni, gli umani. Andava tutto bene finché non si rese conto che a questa nuova razza piaceva mettersi nei guai, piaceva il pericolo, ma non erano in grado di affrontarlo. Dio decise di agire e mandó degli angeli sulla terra per proteggere gli umani, poi nel tempo a tutto gli angeli fu affidato un umano e vennero costruite strutture come questa chiamate cloud che servono ad accogliere gli angeli. Anche se sono chiamate cloud non sono delle nuvole, sono situate in una dimensione parallela e ci si può accedere da delle porte speciali, ma ti parlerò domani di questo- conclude il suo discorso e io continuo a guardarlo imbambolata.
-domande?- chiede senza cambiare tono di voce.
-professor "non so il tuo cognome", se non siamo su una nuvola allora perché il pavimento è una nuvola?!- ridacchio.
-primo: il mio cognome é White. Secondo: queste non sono vere e proprie nuvole ma è solo della nebbia condensata e messa sul pavimento- sposto lo sguardo seguendo la sua mano che indica il pavimento e poi ritorno su di lui.

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