Quel sapore di Caffè

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Aspetto l'ora di ricreazione con ansia. Assomigliavo, forse, vero ad un cagnolino con la coda scodinzolante, che aspetta di vedere il suo padroncino.

Ma ho bisogno di vederlo. Sarò scemo, idiota, deficiente.
Ma quel nero è calamita per me.
Mi attira e mi trasporta verso di lui, senza riuscire a controbattere.

Arriva finalmente l'ora di uscire da quella classe. Stretta. Fastidiosa.

Ho per tutto il tempo il brusio di stridule voci che parlavano alle mie spalle.

Secondo voi, non ho notato quei bigliettini che vi passavate per tutta l'ora? Sarei un cretino ai vostri occhi?

Mi giro verso quelle oche giulive.

Morenti perché io posso parlare con Mario, e loro possono solo sbavargli dietro, senza essere considerate, se devo essere sincero anch'io sbavo alla sua vista, ma loro sono cattive. Quel veleno è ingiustificato.

Sono svenuto, mi ha portato in infermeria, che colpa ne ho?

Perché dovete guardami come se fossi un mostro?

Vado lì verso di loro, senza paura, e con le palle girate.

"Se avete qualcosa da dirmi, ditela, non fate le finte ingenue a guardarmi così, come se non sapeste di cosa sto parlando, conosco Mario, parlo con lui, e quindi? Vi rode il culo perché voi non potete farlo? Mi dispiace."

E mi giro, lasciandole nella loro ignoranza.

Vado come sempre a comprargli un panino, e volo per le scale.
No, non sono caduto.
Correvo solo per vederlo.
Già una caduta era sufficiente, e una figura di merda anche.

È lì sempre su quel muretto, assorto a guardare il cielo.

Bellissimo, ormai lo dico troppe volte, ma non mi stufo mai di pronunciare quella parola, perché è la pura verità.

Quella barba appena pronunciata, si ha la barba! scura, nera pece, finissima.

E vorrei tanto toccarla.

In più quella bocca che si apre e si chiude dolcemente, posando le sue labbra rosee sulla sigaretta che sta fumando.

Io
Io rimango ore a fissarlo,osservando ogni sua movenza

Per quanto divino è quel nero petrolio.

Non amo chi fuma, ma la sigaretta con lui, diventa un oggetto sensuale.

Cazzo mi eccito solo a quella visione.

Si gira verso di me, piegandosi in avanti e i gomiti sulle cosce, con quella mano che tiene ancora in mano la cicca fumante.

"Devi rimanere ancora lì davanti all'ingresso per molto? Sai avrei una certa fame."

Deglutisco, e scuotendo la testa divertito da quella affermazione.

"Ecco, tieni" e gli tiro il panino.

Vedendomi che lo fisso, senza mangiare, alza il sopracciglio col boccone in bocca.

"Non mangi neanche oggi?"

Gli risposi col semplice segno del capo.

Lui gira il panino dalla parte ancora intatta, e ne spezza un pezzo come l'altra volta.

"Tieni, mangia anche tu, così non mi guardi come se fossi una prelibatezza da gustare"

Eccolo lì, fa il gentile, per poi ritornare stronzo in un attimo.

Lo guardo storto, è uno sbruffone del cavolo.

Accetto il panino, in silenzio mangiamo uno accanto all'altro.

Nel Nero dei tuoi OcchiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora