Capitolo 24

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DAMON CURTIS

Venticinque minuti dopo

Yosef mi fa scendere dalla macchina mentre Thomas mi cammina accanto come se fossi una prigioniera che deve essere scortata alla sua cella.

Mi ritrovo davanti una struttura metallica gigantesca; Thomas preme un pulsante che legge la sua mano e il portone si apre facendo un rumore cigolante che si amplifica nelle orecchie.

Yosef se ne va mentre il mio peggior nemico mi fa il segno di seguirlo lungo un corridoio con le pareti color mattone.

Mi porta in una specie di garage sotterraneo poco illuminato: c'è un semplice tavolo di legno con qualche sedia attorno e diversi scaffali ricolmi di scartoffie e libri con il dorso marrone scuro.

"Qui organizzo tutte le mie missioni. Adesso andiamo al piano superiore" mi dice lui sorridendo.

"E le manette?"

"Ah no quelle le devi tenere mia cara"

Prendiamo l'ascensore e raggiungiamo il piano terra.

Mi fa entrare dentro una stanza dove ci sono un tavolo e una sedia di metallo.

"Un'interrogatorio? Scherzi vero?" Dico mentre la sua faccia mi conferma il contrario, sono spacciata.

"Ci sei arrivata! Ma non sarò io a farti le domande" dice chiudendo la porta.

"Io ti uccido" urlo mentre un ragazzo robusto con gli occhi azzurri fa ingresso nella stanza.

Si siede di fronte a me mentre appoggia un fascicolo sul tavolo.

"Ciao amica"

Non può essere!

Ho sempre sperato di rivederlo, ma trovarmelo davanti e dalla parte del nemico mi rattrista.

"Dam? Sei davvero tu?" Chiedo con un filo di voce mentre lui punta i suoi occhi di ghiaccio contro i miei.

"Brooke, che piacere rivederti! Direi che possiamo cominciare, ti va?"

"Lavori per lui?! Non ci credo, tu non sei come tuo padre" dico mentre cerco di sfilarmi le manette.

"Lui si fida di me e.."

"Anche se ha ucciso il suo stesso fratello? Ma cosa ti è successo? Tu eri un bambino normale che amava la vita"

"Le cose cambiano Brooke e anche le persone. Di certo mio padre non aveva il diritto di fare fuori Luke, ma le sue idee sono innovative" risponde mentre dispone sul tavolo cinque foto: sono delle coordinate e dei punti precisi all'interno del deserto nepalese.

"Non ti dirò proprio niente!" Urlo mentre gli tiro un calcio allo stinco e lui mi guarda con odio.

"Immaginavo. Ho tutto il tempo del mondo per interrogarti. Adesso ti porto in una sala dove mio padre di solito tortura i nemici. Magari cambierai idea e mi dirai qualcosa" dice facendomi alzare con forza.

Entriamo dentro una sala con un letto che ha delle stringhe: mi fa sdraiare e poi mi lega polsi e caviglie mentre da un macchinario aziona una leva.

Il letto si alza e mi ritrovo praticamente in piedi.

"Ti spiego come procederò: ti farò qualche domanda e se non risponderai, azionerò la scossa che agisce con i neuroni. Potrei procurarti lesioni gravi e rischieresti la paralisi del cervelletto o una morte istantanea, ma, se sarai collaborativa, ti eviterò il peggio"

"Inizia la tortura. Preferisco morire piuttosto che spifferare i miei segreti" dico beffandomi della sua stupidità.

"Sei davvero una ninja! Bene, allora mi divertirò" dice con superiorità.

La città segretaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora