Capitolo 53

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-Marc's pov-
Arrivai al circuito con quasi un'ora di anticipo, passai il tempo a ridere e scherzare con i meccanici. Verso le 11 iniziai la prima sessione di test, e devo dire che sono abbastanza soddisfatto. Non pranzai, ero troppo preoccupato. Ero in pensiero per Eveline, volevo sapere com'era andata la visita. Ci pensai un po' prima di chiamarla, ma appena decisi, mi chiamò lei. Parlammo del più e del meno, mi fece delle domande su di me, e disse che la visita era andata bene. Quando sembrava che la nostra conversazione avesse preso la giusta strada, nominò una persona, Vinales. Disse che aveva chiamato la sua migliore amica, ovvero Iris, per aiutarla. Ovviamente lui che non sapeva neanche della sua esistenza. Le spiegai che l'avevo chiamata io, e che era una sorpresa, ma fece fatica a credermi.

"Marc, non può essere. Lei stessa non mi ha detto nulla" Disse sospirando. Ma perché deve sempre credere a tutti, vedere il buono nelle persone, e con me no?

"L'ho chiamata davvero io, che motivo avrei per mentirti?" Le chiesi. Non rispose. Sapevo quanto si sentisse sola senza di me, l'ho aiutata, come farebbe qualsiasi ragazzo innamorato. Avevo sentito Iris qualche volta dal suo incidente, mi chiamava per sapere come stava ed io le spiegavo la situazione. L'ho invitata a venire perché non volevo che stesse troppo tempo con Sam, ma ovviamente se non c'è lui, c'è Vinales. Ormai stanno lottando per sostituirmi, ma non ci riusciranno mai, devono arrendersi.

"Non lo so. Perché avrebbe dovuto mentirmi lui allora?" Domandò. L'ha sempre vista come una ragazza impossibile da conquistare, quello che pensa lei di me, è la descrizione di Vinales.

"Perché lui sta cercando in tutti i modi di conquistarti, ci ha sempre provato, anche quando stavi con me" Spiegai. Quando mi accorsi delle ultime parole che mi ero lasciato scappare, mi venne quasi voglia di riattaccare.

"Come scusa? Quando stavo con te?" Chiese. Questa conversazione non può andare avanti, quando sono arrabbiato, non ragiono.

"Sì, sempre come amici intendo. Quando parlavi con me, s'intrometteva" Improvvisai. Dissi la prima cosa che mi passò per la mente e lei non ribatté.

"Va bene, vuol dire che ci parlerò e chiarirò questa faccenda prima che parta" Affermò.

"Ci devi proprio parlare?" Chiesi con tono supplichevole. Non sopportavo l'idea di saperla vicino a lui, non avrei potuto proteggerla.

"Ma qual è il tuo problema se ci parlo? Sei geloso?" Mi smascherò.

"Non solo geloso, non ho motivi per esserlo. Ti prego solo di stare attenta, non ti fidare di lui, può farti del male. So che hai una cattiva impressione di me e probabilmente non hai creduto a una parola di quello che ti ho detto, però se mi hai chiamato per informarmi sulle tue condizioni vuol dire che un po' ti fidi" Le confidai.

"Possibile che riesci sempre a capire quello che provo?" Rispose. Non capii se stesse parlando con me o se stava solamente pensando ad alta voce, risposi ugualmente.

"Perché ti conosco. Adesso devo andare, scrivimi quando arrivi" Dissi.

"Se vuoi" Aggiunsi dopo. Mi dimentico sempre che non è più la mia ragazza, mi comporto come se lo fosse. Ormai è una donna libera.

"Si lo farò. Tu stai attento, quando sei arrabbiato non ragioni" Pronunciò. Mi fermai di colpo. Come faceva a saperlo? Era una frase che mi diceva sempre quando eravamo lontani, se l'è ricordata?

"Come fai a saperlo?" Le chiesi.

"Non lo so, mi è venuto spontaneo dirlo. Non è così?" Domandò.

"Si è così, cercherò di stare calmo. Buona giornata Eveline" La salutai.

"Anche a te" Disse attaccando.

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