Undici

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Giorno 15 (parte 1)
29 Ottobre

MAIA

2:30
Stavo ancora seduta sulla sedia con i gomiti piantati sul tavolo, la fronte appoggiata sul palmo della mia mano destra e lo sguardo fisso sul muro bianco.
Il caffè che tanto avevo desiderato quel pomeriggio stava facendo effetto nel momento meno opportuno, a cinque ore dall'inizio del mio turno.

Avevo lavato tutti i piatti, riordinato la camera, cambiato i letti, pulito il salotto e la sala da pranzo ma il sonno non arrivava e la noia occupava tutti gli spazi.
Raccolsi i capelli in un ciuffo ed iniziai a giocare con un pezzo di spago finché un rumore non catturò la mia attenzione . Controllai, in punta di piedi, la camera di mia madre e poi la mia ma nulla sembrava essersi spostato. Tornai a sedermi sulla sedia in cucina ma, poco dopo, sentii di nuovo lo stesso rumore e qualcuno che imprecava a bassa voce.

Di ladri un po' improvvisati e goffi ne avevamo visti tanti, soprattutto il quel quartiere, ma la loro era sempre stata un'avventura breve poiché le donne non avevano paura di aprire la porta e lanciare uno zoccolo o una pentola.

Mi alzai e mi avvicinai alla porta d'ingresso, sbirciai nello spioncino sfidando il buio, che rendeva impossibile capire cosa stesse succedendo dall'altra parte.

Aprii la porta arrendendomi alla curiosità. Mex se ne stava in piedi sul pianerottolo e mi guardava sorridendo, avevo intenzione di richiudergli la porta in faccia ma, dal modo in cui oscillava, capii che non stava tanto bene e la mia vocazione da crocerossina mi spinse ad avvicinarmi.

Le iridi erano più nere del solito e la sclera era iniettata di sangue, sorrideva sì, ma perché era ubriaco marcio.

Si era tolto quasi tutti i piercing dalla faccia, lasciando solo quello sul sopracciglio destro, cosa che non aiutò a diminuire il fastidio che provavo nei suoi confronti, non solo per essere tornato a casa mia dopo che gli avevo chiaramente fatto capire che non volevo più vederlo, ma per essere tornato per giunta ubriaco.

Incrociai le braccia al petto.

«Cosa ci fai qui?» lui fece spallucce e abbassò lo sguardo.

«Rispondimi Mex oppure te ne vai»

«Non...non trovo casa mia»

«Non ti ricordi dov'è casa tua ma sai perfettamente dov'è la mia?» annuì lentamente.

«Via Mazzini 34, appartamento 16A» si strofinò gli occhi arrossati.

«Scommetto che ti ricordi anche il mio numero di telefono ma non ricordi il tuo»

Aggrottò le sopracciglia ma rispose.
«340 3346585»

«Mex, quanto fa 60 per 320?» alzò gli occhi al cielo ma non impiegò più di qualche secondo per rispondere.

«19.200» mi fissò confuso «Ma questi stupidi conti non te li puoi fare da sola?»

Mi accigliai «Non riesco a fare i conti, non è così scontato come lo fai sembrare»

Alzò le spalle «E a me invece piacciono i conti, posso entrare?» scossi la testa «Rimani qui che torno subito»

Andai in camera, tolsi il piumone dal letto, presi una coperta, il giacchetto e due cuscini.

Indicai le scale «Terrazza all'ultimo piano»

Mex cominciò a salire i gradini barcollando. Quando inciampò per l'ennesima volta presi il suo braccio e l'avvolsi attorno alle mie spalle aiutandolo a salire.

Ma se lo lasciassi cadere? Anzi, se gli dessi proprio una spinta forte da fargli sbattere la testa su questi scalini duri e farlo dissanguare qui? Lo farei? Non lo so se lo farei ma forse sì.
Forse la verità è che lo farei ma che non voglio ammetterlo perché me l'hanno sempre detto che sono una troppo violenta, troppo "adolfina" come diceva la maestra Stella.
Ma io ce lo voglio buttare davvero giù dalle scale, così sono sicura che non ci torna più da me e non mi incasina i piani.

ADESSO CHE NON CI SEIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora