Dieci

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Giorno 14 (parte 2)
28 Ottobre

MAIA

Pensai a tutte le cose che mi sarebbero potute accadere nei giorni seguenti sussultando di tanto in tanto.

Stesi le gambe, presi un bel respiro e aprii gli occhi. Intravidi una figura che se ne stava appoggiata allo stipite della porta, istintivamente spalancai la bocca e mi portai una mano al petto.

«Ma quanto sei stronzo da uno a mille?» strinsi gli occhi.

«Lascia che te lo dica io: un miliardo»

Mex con un'espressione seria stampata sul volto non sembrava molto entusiasta della mia affermazione e senza indugiare troppo diede voce ai suoi pensieri.

«Allora lasciami dire che tu sei stronza il doppio di me, anzi, il triplo» riprese fiato «Pensavi davvero di potertene andare così? Come se non ci conoscessimo neanche? Come se tu non mi dovessi nemmeno un addio? Sei proprio una stronza, e se te lo dico io vuol dire che è vero, ho sempre pensato di essere il più stronzo fra gli stronzi ma tu mi superi di gran lunga»

Si avvicinò lentamente e per un secondo ebbi paura che mi avrebbe colpito.

«Te lo dico ora e non te lo dico più, sono io che decido chi sei tu per me e se per i canoni dettati da questa stupida società noi siamo amici allora tu, quando te ne vai con l'intenzione di non tornare, mi devi salutare perché come amico almeno un addio penso di meritarlo. Non sei da sola e quando si parla di relazioni, che siano fra due fidanzati o fra due amici, le decisioni si prendono in due, si considera anche l'altro per certe cose sai? Smettila di fare le cose come se di me non ti importasse, come se non avessimo passato del tempo insieme, come se tu fossi da sola e dovessi combattere una guerra»

E se ne stava lì, con i pugni chiusi, ad un passo da me.

«Non mettermi da parte bimba, o ne pagherai le conseguenze»

Le minacce non mi erano mai piaciute e quella, in particolar modo, mi aveva fatto arrabbiare parecchio. Mi alzai in piedi fronteggiandolo, anche se lo sapevo che non mi avrebbe sfiorato nemmeno con una piuma.

«Mex, te ne devi andare»

Strinse la mascella «Non vado da nessuna parte se non mi dici perché hai deciso di andartene in quel modo»

Strinsi i pugni anche io, non ci toccavamo nemmeno eppure avevamo voglia di strapparci la pelle a vicenda.

«Mi stai irritando parecchio, non tutte le ragazze sbavano dietro al tuo corpo tatuato, e io non ti voglio qui, te ne devi andare e basta, non puoi sempre averla vinta tu, ficcatelo in quella stupida e inutile testa»

Mex inspirò rumorosamente «Voglio una spiegazione e poi me ne vado" scossi la testa

«Non ti devo niente, vattene»


«Smettila di combattere Maia»
In un secondo rilassò le spalle, sciolse i pugni e ghignò. Quello era il vero Mex ed io l'avevo appena risvegliato.

Si sedette sul mio letto e assunse la posizione in cui mi aveva trovato poco prima, l'unica differenza era che le sue gambe, essendo troppo lunghe, erano piegate normalmente, i suoi piedi toccavano terra e le sue mani erano giunte di fronte a lui.

Chiuse gli occhi aspettando che io facessi qualcosa.

Emisi un gemito di frustrazione e appoggiai le mani sui fianchi. La maglia salì di qualche centimetro e l'aria fresca sulla mia pelle mi ricordò che, oltre a quella maglia, avevo solo un paio di mutande.

Afferrai un paio di pantaloncini dall'armadio e andai nel bagno, chiusi a chiave la porta, misi i pantaloncini e mi sedetti sul bordo della vasca.

ADESSO CHE NON CI SEIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora