Giorno 45
29 NovembreMAIA
L'errore più grande era stato lasciare che il tempo che dedicavo a lui diventasse non più un breve e sporadico passatempo, ma parte fondamentale di ogni mia giornata. Era diventato, in qualche giorno, pensiero fisso; dal nulla al tutto, dal vuoto allo strapieno. Pianificavo intere giornate spostando turni, visite e appuntamenti per ritagliarmi quelle mezz'ore con Mex. Iniziai anche a vestirmi con colori abbinati, ad intrecciarmi i capelli come per le feste, a guardarmi più spesso allo specchio per controllare che gli occhi fossero abbastanza luminosi e le magliette non troppo stropicciate.
Poi lui toccava la mia pelle o mi respirava sul collo e io sentivo le stelle. Niente farfalle, niente angioletti e niente elefanti. Erano stelle, scintille che si trasformavano in brividi, pronte ad incendiare tutto non appena lui si fosse avvicinato qualche centimetro di troppo.
Come una ragazzina, sotto il suo tocco, perdevo tutta la mia sanità mentale.
Anche la mattina del 29 novembre, io, quell'allarme che mi urlava forte "Attenzione, pericolo per incolumità mentale in avvicinamento" l'avevo lasciato in sottofondo, avevo preso la vecchia Punto di mia madre ed ero andata all'ospedale. Avevo chiacchierato con Luca finché Mex non era uscito dalla camera e mi aveva guardato sorpreso, non si aspettava che mi sarei fatta viva anche il giorno della dimissione.
«Allora? Per quanto tempo hai intenzione di fissarmi? Andiamo a casa o no?»
Sorrise ammiccando «Mia o tua?»
Sorrisi, con una spinta mi allontanai dal muro bianco e decisi di dargli un margine di speranza «Tua»
Lui guardò l'agente in divisa e lo stinse a sé «Grazie Luca»
Lui gli diede una pacca sulla spalla e sorrise «È stato un piacere, mi raccomando per il rientro, fate attenzione ragazzi. Direi che qui ho finito, non vorrei disturbarvi oltre» catturai il suo sorriso furbo e scossi la testa.
«Lo sto solo facendo sperare» sussurrai trattenendo a stento un sorriso.
Mex aggrottò le sopracciglia e Luca rise «Divertitevi ragazzi»
Lo guardammo scendere le scale e scomparire dietro l'angolo. Mi ficcai le mani in tasca del cappotto e, senza rivolgere nemmeno uno sguardo a Mex, mi avviai verso l'ascensore.
Lui mi raggiunse con qualche falcata «Speravo dicessi sul serio» sussurrò.
«Assolutamente no» sorrisi.
«Dove vuoi portarmi? Mi fai paura»
«Da una persona speciale» dondolai sui miei piedi sorridendo al pensiero della faccia di Mex una volta capito di chi si trattava.
Percorsi i corridoi che si infragevano l'uno contro l'altro come a formare un labirinto, nel cui ovviamente mi perdevo ogni volta. Sorrisi ai bambini, alle infermiere e ai medici vestiti da clown che mi passavano accanto ma non mi voltai nemmeno una volta per vedere se Mex stava ancora dietro di me, per la paura che leggesse il mio sguardo e capisse il mio piano.
Quando mi affacciai alla porta di una cameretta rosa lo sentii sussultare.
«Maia per favore io-» sibilò, ma era troppo tardi.
Sofia uscì fuori a corsa e mi saltò in braccio, barcollai un secondo ma poi la strinsi a me ricambiando l'abbraccio.
«Guarda un po' chi ti ho portato?» indicai con la testa il ragazzo tatuato dietro di me che nel frattempo aveva fatto qualche passo indietro.
«Alec!»
L'appoggiai a terra e lei corse verso Mex, il quale per un secondo spalancò gli occhi, preso alla sprovvista. Alla fine imitò i miei gesti e sollevò la bambina da terra posandole un bacio sulla fronte.
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ADESSO CHE NON CI SEI
Romance(IN CORSO) Maia ha diciannove anni ed è irreparabilmente infelice, non accetta niente della vita in cui è rinchiusa e, come spesso accade ai giovani, ogni occasione è buona per criticare tutto ciò che non va, ignorando l'esistenza del lato positivo...