Giorno 35
19 NovembreALEC
Nelle trombe dei palazzi rimbomba una voce bianca, quella di un bambino che non avrà più di dieci anni, accompagnata dal rumore di un sasso che sbatte contro le canale.
«Maria! Maria! Prendi le scarpe!»
È il segnale. Sono arrivate le guardie.
Ciro mi prende per il giacchetto e mi trascina via, dobbiamo scendere due scalini alla volta perché fra il blocco due e il blocco quattro ci sono almeno tre minuti di corsa e fra due abbiamo le guardie al culo.
Raccattiamo Lisca e Sacco per la strada ma durante il tragitto non posso fare a meno di guardarmi alle spalle, rallentando il passo. Le sirene sono sempre più vicine, mi sento il cuore scoppiare in gola e le vene pulsare contro le tempie.
Se mi beccano è finita. No, non possono beccare me, non proprio me.
Al blocco tre gettiamo lo zainetto Invicta rosso e blu nel cestino.
Se trovano la coca è male, ma se trovano noi con la coca è peggio. Gli assistenti sociali, i gruppi di recupero, gli psicologi e la comunità non sono nei miei piani; Nisida non è nei miei piani.
Per quanto gli possa servire, mio padre non mi tirerebbe fuori, o forse sì, lo farebbe, ma non di certo per Sacco, Lisca, Ciro e gli altri.
Quando entriamo in casa di Sacco sua madre, Rosa, appare dalla cucina, un grembiule a fiorellini su sfondo blu legato in vita e uno straccio a quadri fra le mani. Siamo in salvo, siamo a casa.
Respiro in modo irregolare e lei, con quegli occhi azzurri identici a quelli del figlio, mi guarda con disapprovazione: non è la prima volta che ci becca a scappare dai Carabinieri. E, soprattutto, non è la prima volta che vede anche me fare la gavetta come tutti gli altri, anche se potrei -e secondo mio padre dovrei- evitarla e passare direttamente ad incarichi più seri.
«Se non la finisci vai in iper ventilazione ja» dice dalla porta della cucina.
«È tutt' appost' Rosa» le rispondo sorridendo.
Lei mi batte la mano sulla schiena e io tossisco, consapevole che fumarmi una canna prima di una corsa di due chilometri non è stata una delle migliori scelte.
Lisca rompe il silenzio che si era creato nel tentativo di riprendere fiato, inizia a ridere e si butta sul divano seguito gli altri.
Rosa rientra in cucina accompagnata dal rumore degli zoccoli di gomma sul pavimento piastrellato, io guardo i ragazzini sul divano e mi abbandono ad una risata liberatoria. È l'eccitazione di averla scampata anche questa volta.
Ridendo penso che sono questi i momenti che voglio ricordare per sempre.
****
«Mo' te sei fatto grande» mio padre appoggia una mano sulla mia testa e gira intorno alla mia sedia. Sento il freddo dell'anello di famiglia sulla cute coperta da riccioli scuri.
«Il coglione non lo puoi fare 'cchiù» sibila stringendo la presa, come se mi volesse schiacciare il cranio con la sola forza di una mano.
Io sto in silenzio, lui mi lascia andare, si siede dietro alla sua scrivania di mogano e mi guarda inquisitorio. Cerca di leggermelo in faccia, che ho disubbidito ai suoi ordini, ma non è mai stato bravo a capirmi.
"Le guardie ce le abbiamo già in cuoll' » esala una nuvola di fumo «Non te puoi fa' piglià»
Rimango in silenzio e aspetto la sentenza, sta volta l'ho rischiata davvero.

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ADESSO CHE NON CI SEI
Romance(IN CORSO) Maia ha diciannove anni ed è irreparabilmente infelice, non accetta niente della vita in cui è rinchiusa e, come spesso accade ai giovani, ogni occasione è buona per criticare tutto ciò che non va, ignorando l'esistenza del lato positivo...