Giorno 15 (parte 2)
29 OttobreALEC
Nessun messaggio, nessuna telefonata. Una parte di me era grata del fatto che non ci avesse nemmeno provato a mettersi in contatto, sapevo che avrebbero potuto rintracciarla ma non potevo ignorare l'altra parte che stava morendo sotto i duri colpi dell'ansia.
Dove sei Sara? Ti giuro che se non arrivi in orario ti ammazzo, a meno che non l'abbiano già fatto loro. Ti vengo a cercare, Sara, se non arrivi subito.
Guardai a destra e a sinistra e ripetei l'azione almeno una decina di volte. Scrutavo con attenzione ogni viso, ogni movimento di tutti coloro che mi passavano accanto. Quello non era un posto pericoloso solo per lei, lo era anche per me, e se fino a quel momento non mi era mai importato più di tanto, adesso consideravo i rischi con leggermente più serietà.
Guardavo i binari e due nomi si accavallavano nella mia testa: Sara e Maia.L'avevo lasciata da sola su quel tetto all'alba. L'avevo lasciata lì perché la mia priorità era Sara, lo era sempre stata, e quel giorno, vedendo che non arrivava, mi sentii morire ogni secondo di più.
Ripetevo silenziosamente il numero del treno, quello dell'orario di partenza, il numero di fermate e il presunto orario d'arrivo. I numeri. Dovevo concentrarmi sui numeri.
Frecciarossa 9514, Regionale Veloce 3117, Intercity 1570, 6.10, 15, 10.50.
Io, che pensavo solo a me stesso da tanto tempo, mi spezzavo ad ogni ticchettio dell'orologio della stazione.
Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette...ventidue...trentacinque...
cinquanta...settantatré...novantadue...cento.
Sara spunta fuori perché ti ammazzo.Un uomo con un cappello nero e un sigaro fra le labbra infilò la mano dentro al lungo giaccone nero. Scattai sull'attenti ed inspirai. Solo quando estrasse dal taschino interno un accendino mi rilassai e lasciai uscire tutta l'aria che avevo imprigionato nei polmoni.
Sara, basta così. Questi ci ammazzano se non ti muovi.
Una donna frugò nella borsa facendo scontrare delle chiavi l'una contro l'altra e non si fermò fino a che non trovò il biglietto del treno.
Un ragazzino mi urtò con la spalla, lo fulminai con lo sguardo ma mi imposi di non dire nulla, non era il momento di farsi notare.
Un neonato nel passeggino iniziò a piangere, una ragazza al telefono cominciò a litigare con chiunque ci fosse dall'altro capo, un senzatetto accarezzò il suo cane sdraiato su un pezzo di cartone e dei ragazzi ridevano e scherzavano su chissà quale ragazza. Non persi la concentrazione nemmeno per un secondo, osservai tutto e tutti.Doveva già essere arrivata eppure della sua testa bionda non c'era alcuna traccia, iniziai a preoccuparmi ma non c'era molto che potessi fare se non aspettarla.
Coprii la mia testa con il cappuccio nero della felpa e mi accesi una sigaretta mentre alcune ragazze mi guardavano sussurrando, sorrisi. Rimanevano tutte attratte dalla stessa cosa: la mia pelle macchiata di inchiostro, quella sulle mani, sul collo, sul petto, sulle braccia.Una fantasia nata dalla trasgressione. Erano semplicemente attratte da ciò che gli era proibito.
Ghignai compiacendomi dell'effetto che facevo alle ragazze, attrarle era quasi più eccitante che spogliarle e per un attimo non pensai a mia sorella.
Mia sorella sola su un freccia rossa, con degli italiani, i lisci capelli biondi, gli occhi color miele e la sua pelle chiara. Se pensavo a tutti coloro che su quel treno avrebbero potuto metterle le mani addosso impazzivo, mi veniva voglia di spaccare tutto, di farmi del male perché non l'avevo protetta, perché avevo lasciato che facesse tutto da sola.

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ADESSO CHE NON CI SEI
Romance(IN CORSO) Maia ha diciannove anni ed è irreparabilmente infelice, non accetta niente della vita in cui è rinchiusa e, come spesso accade ai giovani, ogni occasione è buona per criticare tutto ciò che non va, ignorando l'esistenza del lato positivo...