Cap. 35

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"Hey ragazzina, sta attenta a dove vai!" mi urla un tizio da una macchina, suonando il clacson rabbiosamente.
Merda. "Scusi tanto!" urlo mortificata.
Devo proprio farmi una macchina, penso mentre faccio zig zag in mezzo al traffico. Camminare con Google Maps aperto per le strade di Seattle non è facile, ma soprattutto è pericolosissimo...per poco non ci rimanevo stecchita sotto quella macchina!
Ed ecco che la sola idea di un possibile incidente stradale mi fa pensare a Dylan, di nuovo.
Pochi minuti e sarò arrivata fuori casa sua, sento la sicurezza di qualche secondo fa svanire ad ogni passo in più verso di lui.
Che cosa posso dirgli? Dopotutto non ho ancora preso una decisione riguardo a noi. So solo che voglio fargli capire che adesso lo capisco, che può sfogarsi con me se vuole.
E se non volesse farlo? In fondo chi diavolo sono io per lui, proprio nessuno!
Quando arrivo fuori la sua porta ammetto che forse sto facendo una gran cavolata, e sono tentata di tornarmene dritta a casa.
Guardo il giardino e l'enorme villa che ho davanti: l'ultima volta che sono stata qui, la casa era così gremita di gente, che ho pensato "Però! Qui di sicuro non ci si può sentire soli...", mentre adesso più la guardo, e più capisco il bisogno di Dylan di organizzare sempre feste. La casa è enorme, e si trova in un quartiere riservato...è chiaro che lo fa perché non vuole sentirsi solo. O almeno spero che sia questo il reale motivo, e non solo perché Dylan è un fottuto narcisista, festaiolo, e Casanova del cavolo. Mi mordo il labbro riflettendoci, e arrivo alla conclusione che potrebbero essere entrambe le cose. Quando si tratta di Dylan non si può mai escludere niente.
"Hey Dyl, come butta?" no, così non va bene...troppo precipitosa, penso mentre cammino avanti e indietro sul portico.
"Ciao, Dylan passavo di qui e ti volevo chiedere come stai?" certo. In quale universo esistente Dylan potrebbe mai credere che passassi di qui per caso, se faccio fatica anche a ricordare il mio indirizzo di casa!
"Piantala, Cass! E bussa a questa dannata porta e basta, non fare la fifona!"
"Ok..."
Fantastico! il mio cervello sta appena facendo una conversazione da solo nella mia testa.
Faccio un enorme sospiro, e suono finalmente il campanello.
Mi dondolo impaziente sui talloni, mentre aspetto che Dylan apra la porta.
Quando lo fa, ogni mia capacità cognitiva mi abbandona del tutto: Dylan è a torso nudo ed ha i capelli spettinati. L'occhio mi cade inevitabilmente sull'elastico dei boxer, che fuoriesce dai pantaloncini della tuta. Vorrei sfiorarglielo con un dito e...
La voce di Dylan interrompe i miei pensieri, che stavano decisamente prendendo una piega sbagliata.
"Brand?" è chiaramente sorpreso di vedermi.
Si appoggia allo stipite della porta incrociando le braccia, alza il mento in attesa di risposta. Sbruffone come sempre, vedo.
Alzo gli occhi al cielo. Ma perché ogni volta che mi chiama con il mio nome deve esclusivamente essere un evento raro?
"Ehm, si...ciao!" farfuglio. Ma perché non mi invita ad entrare? Buone maniere, queste sconosciute!
"Che ci fai qui?" si passa una mano nei capelli per sistemarsi il ciuffo ribelle. Ha la voce più roca del solito e le labbra gonfie, sembra quasi che...
Scaccio via il pensiero, scuotendo la testa. "Volevo...volevo sapere se ti andava di accompagnarmi alla cena di stasera. Sai, da Ty..."
Brava Cass, bella scusa! il mio lato destro del cervello batte un cinque al lato sinistro.
"No." dice secco, con quella sua faccia di schiaffi.
"Ah.." tutto qui? Merda!
Brava davvero, Cassie, ma quanto sei scema? Che scusa idiota da rifilare! E dimmi, adesso come intendi procedere?
Mentre sto per dire quella che probabilmente sarebbe stata un'altra cavolata, un rumore arriva da dentro casa di Dylan.
"Cosa è stato?" chiedo agitata.
Dylan si mette dritto, staccandosi dalla porta "Niente!" dice fingendo indifferenza, ma lo vedo che è nervoso.
Sta mentendo.
"Dylan, cosa..."
Non riesco a terminare la frase perché Maddy è appena comparsa sulla soglia, e indossa solo...la maglia di Dylan. Da come le cade sul seno capisco che non indossa neanche il reggiseno.
Sento un groppo alla gola.
"Kassidi, ma sei tu? Dio, mi dici che cazzo hai da rompere a quest'ora? E Dylan, perché mi hai fatta nascondere in un dannato cesso, se sapevi fosse la principessina!"
Ignoro completamente le parole di Maddy, compreso il fatto che Dylan deve avermi sbirciato dalla finestra mentre recitavo il mio monologo interiore, ancor prima che bussassi alla porta. Mi rimangono giusto cinque secondi prima di scoppiare a piangere, e devo usare questo brevissimo tempo per dire qualcosa a Dylan.
"Scusa di averti interrotto, ora vado."
Faccio per voltarmi, ma Dylan mi trattiene per un gomito.
"Non fare la stupida, Cassandra. Non è di certo la prima volta che mi interrompi..." dice in tono perentorio, alludendo certamente alla sera della festa "...dimmi la verità, perché sei qui?"
Cassandra? Ormai è passato dal chiamarmi con soprannomi offensivi, al totale distacco di dire il mio nome per intero, e senza diminutivi. Sento che il cuore sta per esplodere in mille piccoli pezzi.
Perché sono qui, mi chiede?
Perché sono una stupida, ecco perché! Credevo di essere quella che ti poteva aiutare, quella su cui potevi contare per smettere di odiare il mondo, quella per cui...si supponeva avessi una cotta, che assurdità direi ora.
Mi odio, odio profondamente il fatto di essermi di nuovo creduta speciale quando si parla di Dylan. Ma perché non riesco a farmi entrare in testa che a Dylan non frega niente di me? Lui era intento a spassarsela con Maddy mentre io, sono solo la povera scema che sta per piangere sulla soglia di casa sua.
Se Tyler fosse qui gli direi, "Hai visto?" e poi gongolerei di aver avuto ragione fin da subito, anzi...ma chi voglio prendere in giro: mi dispererei come una matta.
Tiro via il gomito disgustata.
"Beh, ti ho già detto cosa volevo, visto che...insomma sai com'è, Tyler mi ha detto tutto!"

insomma sai com'è, Tyler mi ha detto tutto!"

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