La casa!

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Le luci che costellano la città di Chicago sembrano delle piccole pagliuzze dorate. L'aria è appesantita dallo smog e il freddo di una notte senza stelle mi trafigge la pelle coperta solo da una maglietta bianca. Mi mancava il rumore della città, l'odore di asfalto dopo la pioggia e la vita che pullula fino a tarda notte- a volte anche al mattino. Le voci di un gruppetto di ragazzini arrivano acuti dal finestrino abbassato. Cantano e ridono a qualche battuta che non riesco a cogliere, ciascuno con una birra in mano e sembrano visibilmente ubriachi.
Rallento mentre sto per svoltare per l'ultima volta nel vicolo che porta a casa mia e una sensazione di malessere mi passa come una scossa al ricordo del giorno in cui sono scappata. Era crepuscolo, proprio come ora, e mentre spingevo il gas più che potevo senza fermarmi nemmeno al semaforo rosso, guardavo sullo specchietto retrovisore sperando che nessuno mi stesse seguendo.
Ho sempre avuto uno strano rapporto di amore e odio con questa città. Avevo imparato ad amare i suoi posti segreti in cui mi nascondevo quando volevo stare sola...ma odiavo l'umidità dell'aria e la nebbia insieme ai brutti ricordi che continuavo a collezionare.
Arrivati davanti al palazzo rosso, dove si trova quella che ho chiamato casa per un tempo abbastanza lungo, parcheggio l'auto in uno dei posti liberi di fronte alla strada. Le palpitazioni del cuore iniziano ad aumentare, come un tamburo che aumenta il ritmo a suon di musica, ma mi impongo di calmarmi e di non pensare al giorno in cui sono scappata da qui. È tutto ancora vivo nella mia mente però...sono passati solo due mesi e di certo non mi aspettavo di tornare qui così presto e in queste circostanze.
"- Va tutto bene?" La voce incerta di Tyler al mio fianco mi ricorda che non sono da sola. Lo guardo dispiaciuta e penso che dovrei farlo andare via, deve scappare prima che si renda conto della persona orribile con cui ha a che fare, ma le parole non riescono a trovare la via d'uscita e tutto ciò che riesco a fare è sorridergli. Ho pensato per tutto il viaggio del perché ha voluto venire con me. E' vero, siamo amici, ma in fin dei conti ci conosciamo da troppo poco tempo per fare sacrifici l'uno per l'altro e di sicuro sappiamo molto poco sulla vita reciproca. Dal suo sguardo confuso capisco che anche a lui frullano mille domande per la testa e di sicuro io non ho le risposte che cerca,- o meglio, non sono disposta a dargliele. Non ora...non mai...

"- Andiamo" esordisco prima che inizi con le domande.
Esco dalla macchina e mi guardo intorno irrequieta prima di chiudere la portiera. Mi aspetto da un momento all'altro che Carmen sbuchi fuori dalle mie paure e si materializzi qui davanti per dirmi che abbiamo dei conti in sospeso.
Guardo Tyler con la coda dell'occhio perlustrare la zona con la fronte corrucciata e le mani infilate nelle tasche dei jeans neri. Il suo corpo è rigido e la sua espressione illeggibile. Sento qualcosa muoversi dentro di me, ma ignoro qualunque reazione il mio corpo prova nei suoi confronti. Non sono stupida. Ho capito che lui mi piace, ma nella mia vita non c'è spazio per un uomo.
"- Non è una bella zona" osserva come se conoscesse a memoria i quartieri malfamati di Chicago. Punta le sue iridi chiare nelle mie costringendomi a distogliere lo sguardo per paura che riesca a leggermi.
"- È tranquilla" mi difendo. Le chiavi strette nella mano e il cuore stretto in gola. Non sarà uno dei quartieri più belli della città, ma è sicuro. Niente di spiacevole è mai successo qui.
Lui non si oppone e lascia cadere lì il discorso ma continua a guardarsi intorno, come se anche lui si aspettasse che succeda qualcosa.
Senza aggiungere altro ci avviamo verso l'entrata del palazzo con il mio cuore che aumenta sempre di più i battiti. Se continua così mi romperà la cassa toracica.
Me ne rendo conto solo ora che lui è il primo ragazzo che entra a casa mia e che ci resterà per chissà quanto tempo. Sono stata una folle nell'accettare che lui venisse con me... dovevo oppormi con tutte le forze, ma sembra che le decisioni sbagliate siano la mia specialità.

Cerco di smorzare un po' l'aria tesa che si è creata tra noi e faccio qualche stupida battuta che, come immaginavo, fallisce di farlo ridere.

Lo informo, sorridendo, che dovrà fare parecchie scale fino al terzo piano se l'ascensore è di nuovo fuori uso, ma non ricevo nessun commento da parte sua. Sembra quasi assente con la mente e la cosa mi lascia assai perplessa.
Per nostra fortuna l'ascensore è a posto e quando le sue porte si aprono al terzo piano, prendo un profondo respiro e con le chiavi in mano e un Tyler eccezionalmente silenzioso al mio fianco, percorro lo stretto corridoio fino in fondo, davanti alla porta di casa.
Il suo cigolio famigliare mi accompagna ad una scena non altrettanto famigliare. Le chiavi mi cadono dalle mani e un urlo strozzato mi esce dalle labbra.

Guidami all'inferno (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora