Verso Chicago!

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Di comune accordo, ci fermiamo lungo la strada per fare benzina e mangiare qualcosa. Il piccolo bar attaccato al benzinaio non ha niente di invitante nell'aspetto, ma nessuno dei due ha voglia di cercare un altro posto, stanchi e affamati come siamo.
L'esterno sembra una scatola di latta arrugginita dall'età, con vecchie insegne ormai illeggibili e sedie e tavoli in legno scolorito da tempeste e vite passate di lì.
Anche l'interno incontra le aspettative, a parte il ragazzo giovane che sta dietro al bancone e che ci accoglie con un sorriso tirato. Come se anche lui sapesse che la nostra è una scelta forzata. Una scelta forzata, come la mia vita.
Tyler è stato silenzioso durante la guida. Le poche parole che sono riuscita a strapparle erano composte di monosillabi facendomi capire che non era propenso a dialogare. Ho deciso di lasciar perdere. Ci ho rinunciato.
"- Vado un attimo in bagno" lo informo dopo aver preso posto in uno dei tavoli vuoti e aver ordinato le uniche cose che offre questo posto sperduto; panini e patatine.
Fa un leggero movimento di testa per farmi capire che mi ha sentito e si lascia cadere sulla sedia che sospira sotto il suo peso come se fosse stanca anche lei di reggere il peso delle vite di passeggeri che vengono e vanno.
Mi alzo e seguo le indicazioni che mi ha dato il cameriere. Il fetore di pipì che sento appena apro la porta in metallo mi blocca il respiro e porto istintivamente una mano alla bocca per trattenere un conato di vomito.
Noto, mio malgrado, che gli urinatoi  degli uomini sono proprio sulla destra, mentre a sinistra c'è quello che dovrebbe essere il bagno delle donne. Decido di non entrarci. Chiederò a Tyler di fermarci di nuovo lungo la strada.
Quando torno al tavolo, lo trovo con il mio telefono in mano, mentre parla con qualcuno, con i gomiti appoggiati al tavolo. Mi da le spalle perciò non mi può ancora vedere, così rallento il passo presa dalla curiosità di sapere con chi sta parlando.
"- No, non me ne sono andato con lei perché la amo." Lo sento dire alquanto alterato e una fitta di delusione mi percorre tutta facendomi sentire ancora più stupida.
"- A Newberry è successo qualcosa, non ho avuto il tempo di dirtelo. Io voglio sapere di più. Non so perché, ma voglio saperla al sicuro." Spiega al suo interlocutore.
Cosa è successo a Newberry e perché si preoccupa della mia sicurezza ora?
"- Non posso parlare al telefono. Te lo racconterò quando torno." Dice intenzionato a chiudere la telefonata.
Sbuffa ancora e chiude la chiamata senza salutare chiunque era dal altro capo della linea.
Mi avvicino con passi incerti e con altre mille domande che mi frullano nella testa dopo quello che ho ascoltato.
"- Ha chiamato Ron" mi informa appena mi siedo davanti a lui.
"- Cosa voleva?" Chiedo cauta incontrando il suo sguardo.
"- Sapere dove eravamo"
"- Gliel'hai detto?"
"- Già" Eccole lì di nuovo, le risposte a monosillabi come a voler annunciare che il nostro dialogo è di nuovo finito. Mi lascia un'amaro in bocca la sua risposta. Lo guardo silenziosa cercando di vedere oltre il suo atteggiamento il motivo. Voglio chiederli cosa è successo a Newberry? Metà del tempo ero scossa dalla notizia che ha cambiato rotta alla mia vita, di nuovo...e l'altra metà ero occupata a bere per dimenticare la notizia. Ma so che non mi risponderà...
Il cameriere con i nostri ordini arriva a spezzare il silenzio scomodo e a riempirci lo stomaco, ma il mio ormai si è chiuso. Riesco a malapena a mangiare le patatine.
Lui invece mangia vorace, affamato. Lo sarei anche io se non avessi ascoltato quella conversazione.
"- Lo mangi quello?" Indica il mio panino intatto. Scuoto la testa e allungo il piatto sul tavolo verso lui che lo finisce in pochi morsi. Se fossi stata dell'umore giusto avrei fatto qualche battuta sul fatto che mangia come se non lo avesse fatto da giorni, ma non sono in vena.
"- È da quando siamo entrati che mi guardi come se mi volessi dire qualcosa. Che c'è?" Mi chiede alzando lo sguardo finalmente su di me.
È vero.
Lo sto guardando da quando siamo entrati, con mille domande che mi frugano in testa. Una al primo posto.
"- Perché sei qui?" Punto gli occhi sui suoi nella ricerca della risposta vera, non della bugia che mi dirà.
Mi fissa inerme per qualche istante. Cerca anche lui nei miei occhi la vera domanda, quella che sono incapace di chiedergli. La sensazione che l'abbia trovata mi costringe a ritirarmi nella mia sedia sentendomi piccola e vulnerabile come se fossi nuda davanti ai suoi occhi.
"- Non lo so" risponde dopo un po' e i suoi occhi mi dicono che sta dicendo la verità. Distolgo gli occhi per non permettergli più di leggere la delusione scritta in essi e lui fa lo stesso.
In silenzio mi alzo dal tavolo ed esco fuori ad aspettarlo in auto.
***
Ciao a tutti! Questo capitolo è un po' corto, ma è una sorta di capitolo di passaggio e non volevo allungare il brodo con cose inutili perciò l'ho pubblicato così.
Nell'ultimo capitolo uno dei lettori (Entonyc89 che ringrazio molto) mi ha dato un suggerimento e volevo chiedere anche i pareri degli altri.
Dato che i miei aggiornamenti sono lenti, che ne direste se faccio una specie di riassunto dei capitoli precedenti perché non perdiate il filo? Non so, magari gli ultimi 10 o 5 capitoli? Farei una cosa breve per non annoiarvi nelle ripetizioni. Fatemi sapere e se questo capitolo vi piace, cliccate la ⭐️.
Un abbraccio e grazie di cuore a chi continua a seguire la storia malgrado io non sia costante con gli aggiornamenti. ❤️

Guidami all'inferno (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora