Schiava della paura!

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Tornata in camera chiudo la porta alle mie spalle e mi ci appoggio contro, con una mano sul petto, cercando di calmare il respiro. Il cuore batte forte, come colpi di martello in successione che riesco a percepire in questo silenzio assordante.
È come se avessi paura di quello che sarebbe potuto succedere. Mi sembra così impossibile, che per un momento penso di avermelo sognato.
Cosa sta succedendo con me?

Mi tuffo sul letto, con la testa affondata nel cuscino e gli occhi serrati cercando di dimenticare gli ultimi venti minuti della mia vita. Devo togliermelo dalla testa.
Non mi può piacere Tyler. Quello stronzo maleducato, dispettoso e bellissimo ragazzo dagli occhi color zaffiro.

Ma che c'entra il colore degli occhi ora?!

Oh santo cielo!
È il mio cervello che è andato e non ragiona più. Sto diventando una rincoglionita. Questo non è il momento giusto per pensare ai ragazzi. Non è il momento giusto per pensare a Tyler. Non lo sarà mai.
"Toglietelo dalla tua stupida testa Gwen".
Grandioso! Adesso parlo pure con me stessa...
Mi giro lentamente mettendomi supina sul letto stanca e affranta da una giornata che era già iniziato male e della quale non vedo ancora la fine.

La stanza è buia se non per la poca luce dei lampioni che riesce ad entrare dalla finestra dipingendola di una luce d'oro. I vecchi e grandi alberi sul retro della casa  creano delle ombre arrivando fino alla mia finestra. Ombre che la mia immaginazione le dipinge come dei mostri. Mostri che mi seguono ovunque...
Mi ci sono abituata ormai... A volte mi diverto a fare finta di sconfiggerli. Come quando insegnavo a mia sorella da piccola di scacciare i mostri sotto il letto. Ma questi sono peggiori, sono reali e non è possibile sconfiggerli...

Il ticchettio del vecchio orologio sul muro risuona nella stanza segnando le quattro del mattino, ma il mio cervello è acceso e non ha intenzione di riposarsi. Mi ci sono abituata anche a questo...
Le parole dette da Tyler risuonano come eco nel vuoto del silenzio.
Quelle non dette ancora di più.  Tradotte in mille modi nella mia testa. "Potresti rimanere qui. Cercarti un lavoro"
Potrei?
Dovrei?
Lui vuole che io stia qui?
Quello che io vorrei è piantare radici in un posto per una volta... ma è questo il posto giusto? Questa piccola cittadina lontano da tutto e da tutti? Così accogliente e gentile. Piccola e piena di vita. Senza mostri che ti fanno dormire con un coltello sotto il cuscino. Che ti fanno perdere il sonno. Senza mostri che ti vogliono possedere come se fossi un oggetto.

Nah! Sono solo seghe mentali le mie. Sono proprio disperata. Mi faccio pena. Mi illudo di poter fare una vita normale. Di poter avere degli amici...
Amici... la parola suona così strana nella mia bocca.

Carmen non aspetta altro...Ha mandato i suoi scagnozzi fin qui a seguirmi. Ed è strano che non mi abbiano ancora minacciato o ammazzato. Anzi, adesso che ci penso, non ha più cercato nessuno di contattarmi.
Da quella sera al falò.
Ero troppo presa da quello che è successo a mia sorella per notarlo prima.
Stanno forse aspettando il momento giusto?
Come avrà fatto a trovarmi?Probabilmente mi troverebbe ovunque andassi...
maledetta!
Schegge di luce solare iniziano a filtrare nella stanza insieme al canto degli uccelli. Chiudo gli occhi cercando di immaginarmi a vivere qui. In una casa grande, con un bel prato verde e fiori piantati sul viale d'entrata. Magari dei gigli o gelsomini che sbocciano timidi alla sera. Potrei trovarmi un lavoro e magari ricominciare daccapo. Lasciare tutto quanto alle spalle, chiuderlo per sempre in uno scrigno con un lucchetto.
Ma lei non me lo permetterà mai...

È questo il mio destino? Una vita da fuggitiva per pagare gli errori fatti quando ero una adolescente?
Forse dovrei rimanere. Per dimostrarle che non ho paura di lei. Che non mi possiede. Non può possedere la mia vita.

Mi alzo di scatto,- come se avessi avuto un'illuminazione,- e mi affaccio alla finestra. La sagoma della luna si sbiadisce sempre più, lasciando il posto al sole, fino a rimanere solo una debole e trasparente falce d'argento. L'aria è più fredda, più penetrante e l'odore di erba secca mista a fiori si sente distintamente.
La mia mente torna di nuovo a Chicago...a quel appartamento del quinto piano di un palazzo vecchio e malandato, in un quartiere in periferia che non aveva una buona fama. Alle pareti ingiallite, il divano che sprofondava su se stesso e le tende pesanti che ricoprivano le finestre. In un certo modo riuscivano a tagliare fuori l'odore di alcol e urina delle strade puzzolenti del quartiere, le grida degli ubriachi che uscivano dal bar al pian terreno proprio a quell'ora e sovrastavano il silenzio della notte, buia e pesante, come se contenesse tanti segreti orribili sotto a quel velo nero. All' aria viziata dal fumo e dalla nebbia, e al mio vecchio lavoro o forse dovrei dire lavori.
Inizio a girare avanti e indietro per la stanza, come se cercassi una risposta scritta dentro a queste mura.

Guidami all'inferno (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora