La perdita

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Quando scese nuovamente la notte, le uniche luci che illuminavano la stanza, erano quelle appartenenti alla luna ed alle stelle.

Curiosamente l'ombra di un uomo scivolò di fronte al mio sguardo. Mi sorrideva ed era lo stesso che avevo scorto in lontananza mentre mi guardava asserendo ai miei pensieri. Delicatamente si chinò avvicinando la bocca al mio orecchio e mi sussurrò: «Questo è il momento opportuno per svignarcela, fidati conosco le abitudini di tuo padre meglio di chiunque altro. Oggi, in particolar modo, è esausto. Ci siamo allenati a combattere l'uno contro l'altro e lui, non ama perdere...».

Qualcosa dentro me, mi inquietava. Una strana sensazione si protese sul mio cuore, sussurrandomi di non seguire quel soldato. Quella sua spiegazione suonava come una bugia che avrebbe portato solo ad orribili conseguenze. Ma la ragione continuava a spingere verso l'unica via di fuga consentita anche se non accettabile.

Svincolai i polsi dalla corda e mi feci aiutare per alzarmi in piedi. Corsi verso Alessio lasciando lo sconosciuto inebetito di fronte alla mia non-curanza nei suoi confronti. Ma solo per l'attimo necessario che, il tempo, mi diede per riabbracciare il mio amato. Ci voltammo entrambi verso il nostro possibile salvatore, sorridendogli. Alessio lo osservava con circospezione, sembrava non fidarsi molto di quella strana coincidenza. Era tutto troppo bello per essere vero.

Avanzammo a piccoli passi seguendo Andrea. Silenziosamente e furtivamente nell'ombra, con il terrore di essere scoperti. Tenevo stretta la mia mano dentro quella di Alessio e quel gesto sembrava trasmettermi un poco di quiete e pace.

Andrea accese quello che appariva come l'interruttore di una luce e nel mentre, pigiava il pulsante, una porta incassata sul muro delineava la sua forma, girava su se stessa e ci invitava ad entrarci dentro.

Buio totale. Solo per un attimo. Poi, i candelabri che ricordavano quelli presenti nel periodo Medioevale, si accesero in fila, sfiorandone uno con un solo tocco. Il corridoio regalava la stessa atmosfera di quel periodo: pavimenti intarsiati, la volta in pietra e, nel cunicolo, la via di fuga sembrava infinita. In lontananza una luce tenue fendeva l'oscurità.

Un panorama variopinto di verde si profuse davanti ai nostri occhi. Avanzammo di qualche passo verso la selva, ma il piede scivolò dentro un buco nero, sotterrandomi nuovamente, con la forza e la velocità della discesa, anche Alessio, venne trascinato con me verso il baratro.

Il tanfo del primo giorno dentro la nostra prigionia si fece strada dentro le nostre narici.

L'inferno si scagliò, brutale, dentro le nostre menti. Il Dio Ade aveva divorato l'anima di colei che mi aveva cresciuto dalla mia più tenera età. Il corpo avvizzito ed inerme nell'angolo più oscuro della caverna aveva lasciato che, la morte, consumasse la più macabra delle verità.

Di Nonna Geppa non rimaneva altro che il ricordo dolce, contraddittorio e lontano. Un pensiero, che penetrò nella mia mente trasformandosi in nostalgia.

La vita segreta di CarlottaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora