IL MAZZO DI CHIAVI

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Nonostante l'eredità lasciata dai nostri genitori, io scelsi, comunque, di andare a lavorare. Provvedevo a pagarmi gli studi e le spese di casa. Qualche volta, io ed Eliana ci toglievamo qualche sfizio. Non c'era alcun bisogno di premiarla. La mia sorellina aveva una pagella che faceva invidia a chiunque.

Mi ero iscritta alla facoltà di Direzione d'impresa, marketing e strategia. Da grande, desideravo diventare Un'analista di mercato. Avevo seguito le orme di Papà, già, alle superiori. Ricordo quando tornava a casa e, doveva studiare un nuovo menabò. Doveva rispettare i tempi di lavoro, imposti. Molto brevi. Ma lui, aveva passione per la sua attività. Si armava di pazienza e si metteva all'opera. Ero una bambina, ma ricordo ancora l'espressione sul suo viso, mentre era concentrato a dare forma al suo progetto. Uno sguardo soddisfatto pronto, per affrontare nuove sfide.

È stato questa la spinta che mi ha, guidato con chiarezza, verso il mio futuro.

Nei giorni, in cui non avevo lezione all'università, Nonna, mi coccolava più del solito. Nella stagione fredda, stavamo tutte e tre, sedute davanti al camino con una bella tazza di cioccolata calda in mano. Discorrevamo vecchi ricordi e i sogni per il futuro.

Fu proprio, in uno di quei momenti che, chiesi alla Nonna, se potevamo riaprire la casa, in cui io ho vissuto i miei primi anni di vita insieme a mamma e papà.

«Perché?» Mi chiese la Nonna.

Sapevo che avrei dovuto rispondere a questa domanda.

«Perché sono passati così tanti anni, mi piacerebbe rivivere quegli antichi momenti in cui, mi sentivo vicino ai miei genitori. Vorrei riprendermi un pezzo di quel passato lontano. Sembra surreale, lo so. Ma passeggiare tra quelle stanze mi darebbe la sensazione di rivivere quei bellissimi momenti di condivisione.

Capisco, quanto questo, possa sembrarti strano. È arrivato, per me, il momento di affrontare il dolore. Di chiudere una volta e per sempre con questa eterna tristezza. Forse potrò, finalmente, essere una persona libera e felice».

Nonna non disse nulla. Ascoltò fino all'ultima parola. Si alzò dalla poltrona, poggiò delicatamente la tazza sul tavolino. Si voltò, dandomi le spalle e uscii dalla stanza.

Dopo un momento che, sembrò eterno, tornò. Riprese il posto dove era seduta qualche attimo prima e appoggio un mazzo di chiavi sullo stesso tavolino su cui era appoggiata la tazza di cioccolata.

«Puoi aprire il tuo cuore ai momenti vissuti con i tuoi genitori, quando vuoi. Non sarà una casa ad annullarne la nostalgia. L'amore è veleno ed antidoto in egual misura. Amare significa rischiare di morire per esso. Ogni giorno. Solo tu, puoi essere la cura per te stessa. Se, il tuo intento, servirà per renderti felice, in futuro, Allora, avrai tutto il mio sostegno. Non chiedermi, però, di rientrare in quella casa. Sono troppo vecchia e stanca per rivivere quei ricordi».

Abbassò il viso ed una lacrima le rigò la guancia.

Io e Eliana ci alzammo all'unisono e abbracciammo la Nonna. Fummo noi a coccolarla più che mai, in quel momento.

«Grazie». Le sussurrai all'orecchio.

Non rispose. Ci accarezzò il viso e sorrise.

Ci risedemmo nei nostri posti e, gradualmente, ricominciammo a chiacchierare di frivolezze. Le nostre risa riecheggiavano nella stanza.

Quando finimmo la nostra conversazione. Presi le chiavi dal tavolino, le misi in tasca e mi alzai. Fu in quel preciso istante che, incrocia lo sguardo di Eliana. Era di intesa. Senza proferire parola, entrambe, sapevamo cosa pensava l'altra. Lei sapeva. E questo era più che sufficiente.

La vita segreta di CarlottaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora