One. ✔️

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Appoggiai ancora una volta la schiena contro il muro gelido di questa cella, feci piccoli sospiri, talmente piccoli che non li avrebbe sentiti nessun altro tranne me.
Avevo bisogno di sentirmi libero, avevo bisogno di tornare a Los Angeles, la mia casa.
Ero cosciente, consapevole, del fatto che nessuno dei miei parenti mi avrebbe accolto a braccia aperte, nessuno mi avrebbe voluto, del resto, chi rivorebbe a casa il proprio figlio finito in prigione per determinati reati?
Mi alzai da quel piccolo e scomodo letto, raggiunsi la minuscola finestrella posta sopra alla mia testa, e iniziai ad espirare l'aria che entrava e usciva.
Era una sensazione piacevole, ma non mi sentii libero, ancora non potevo esserlo.
Sbuffai appena sentii delle chiavi aprire la porta della mia cella.
Sapevo già cosa mi stava aspettando.

-Ragazzino.- la guardia poggió le sue braccia muscolose contro il petto, sentii il suo sguardo bruciare nella mia pelle, era una sensazione fastidiosa.

-È ora di cena, signore?- ironizzai sulla mia ultima parola pronunciata, ma sapevo che sarei finito ulteriormente nei guai.

-Vedi di fare meno lo spiritoso.- si avvicinó a me e con una forte stretta mi prese da entrambi i polsi, costringendomi ad uscire da quella stanza buia e monotona.

-Non ti ho chiamato per la cena e lo sai benissimo Plume. Ci sono delle visite, perciò vedi di accelerare il passo.- disse con tono serio, forse anche troppo.

La sua voce rauca era fastidiosa, avrei preferito sentirla meno ore al giorno, ma ormai era come una specie di abitudine, sembrava fosse diventato la mia guardia del cuore.
Mi chiamava sempre lui, per il pranzo, la cena, quando c'erano visite, per ogni piccola sciocchezza.
Non mi avevano mai concesso un cambio di guardia, una più esile o vivace, qualcuno che avrei sopportato più facilmente, perché a vedere sempre lui mi verrebbe da commettere un omicidio.

-Cinque minuti, non uno di più.- mi fece sedere con forza su quella sedia, che pareva più vecchia di questo posto.

Lanciai un'ultima occhiataccia alla guardia, che dopo avermi costretto a farmi sedere qui, incroció le braccia al petto e inizió ad osservare ogni mio minimo movimento.
Presi in mano il telefono e lo poggiai sul mio orecchio destro, feci un sospiro e alzai lo sguardo sulla persona che si trovava dall'altra parte del vetro posto difronte a me.

Mia sorella.

-Ciao Clary.- strinsi la mascella, non togliendo neanche per un secondo lo sguardo da lei.

-Come stai Filippo?- la sua voce dolce e sottile mi fece quasi emozionare.

-Davvero sorellina? Osi chiedermi come sto?- dissi con tono duro, ero sul punto di alzare la voce, ma lo sguardo di quella lurida guardia era ancora puntato su di me.

-Si Filippo, voglio sapere come stai.- portó una ciocca dei suoi capelli chiari dietro l'orecchio.

-Me la cavo.- sospirai, ero già stufo di questa conversazione.

Io e mia sorella non avevamo mai avuto un bellissimo rapporto, eravamo i classici cane e gatto, per ogni minima scemenza dovevamo sempre litigare.
Non l'ho mai sopportata, per il semplice fatto che con lei mi sentivo sempre un peso, per lei ogni scusa era buona per rinfacciarmi tutto.
Lei era la preferita della classica famiglia perfetta, io invece, ero colui che veniva odiato da tutti, senza un briciolo di pietà.
Aveva una vita felice, amici, un fidanzato che sapeva renderla felice, aveva tutto per poter vivere la sua vita perfetta.
E questo un po' mi portava ad essere invidioso di lei.
Non ho mai avuto degli amici veri, non mi sono mai concesso di essere felice veramente, e forse, non so nemmeno che sapore abbia la felicità.

-Mi manchi.- disse poi, lasciando scorrere una lacrima sulla sua guancia pallida.

-E non te lo sto dicendo per pietà, per farmi perdonare da te, perché so che mi ritieni colpevole della maggior parte dei tuoi brutti eventi, solo perché sono la più desiderata in famiglia non significa che nessuno ti vuole bene, Filippo.- aggiunse, con il respiro completamente mozzato.

Bad Reputation. ×Irama Plume.× #Wattys2019 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora