Sixty-three. ✔️

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-Diamine!- una voce pungente e aspra iniziò a scorrere nelle mie orecchie, ma non ci feci caso, non cercai di indagare, volevo che rimanesse solamente un suono ovattato attorno al mio corpo totalmente immobile.

-Per quale cazzo di motivo voi lo sapevate ed io no?- lo stesso tono di prima, lo stesso getto accusatorio e incazzato.

-Filippo datti una calmata! L'ospedale ha chiamato stamattina quando ancora stavate dormendo.- a seguire un'altra voce, più esile, più calma e docile.

Cercai di stare al loro passo, muovere il mio corpo e dare qualche segno di vita dinanzi a queste voci che intrappolarono la mia mente offuscata e confusa.

-Non si muove, è da minuti che guarda un punto indefinito della stanza! Che cazzo facciamo?- quei suoni erano insopportabili, quasi creavano fastidio, ma non potevo fermarli senza prima riprendere controllo del mio corpo e della situazione.

-È sotto shock, Filippo. Dobbiamo darle tempo di riordinare il casino dentro la testa, deve elaborare la notizia.- spiegó lentamente una terza voce, che arrivó con dolcezza accanto al mio corpo.

-Ma non vedi in che condizioni sta? È in quello stato da troppo tempo.- di nuovo la prima voce, perché non mi dava tregua?

-Vado a prenderle un bicchiere d'acqua intanto, voi rimanete qui.- la stessa dolcezza di prima, ma perché non ero in grado di reagire? Cosa mi stava succedendo?

-Emma.- sentii una mano poggiarsi con delicatezza sulla mia coscia, l'altra esercitó una leggera pressione proprio all'altezza della mia guancia. -Ti prego, non posso vederti così.- una carezza in mezzo ai capelli, sentii le sue dita oltrepassare anche il mio cuore.

-Per favore, reagisci.- continuò, quasi realizzai, sembró la stessa voce che all'inizio arrivó dritta alle mie orecchie con arroganza e preoccupazione.

-Se n'è andata, se n'è andata.- furono le uniche parole che riuscii a pronunciare, sussurrando, con il cuore che premeva dentro la mia gola.

***

-Ti ho detto che quelle non vanno bene, no cazzo, diamine Filippo ascoltami!- delle urla leggermente ovattate intrappolarono le mie orecchie, costringendomi ad aprire gli occhi subito dopo.

-Benjamin.- mi tirai su lentamente, poggiando i gomiti contro il materasso di questa stanza. -Perché stai urlando?- domandai quasi divertita, sbattendo più volte le palpebre per mettere a fuoco lo spazio attorno a me.

-Per colpa di quel coglione del tuo fidanzato.- ammise scocciato, riportando il telefono nella tasca dei suoi pantaloni. Cacció qualche sbuffo incastrando le dita tra i suoi capelli, dopodiché si avvicinò sul letto accanto a me.

-Non è un coglione.- presi le sue difese, corrucciando la fronte.

-Mi sembrava strano che non stessi dalla mia parte.- ridacchió ed io lo seguii, con una mano mise in disordine i miei capelli e in tutta risposta lanciai un cuscino contro il suo viso giocosamente.

-Beh..- iniziò, tossendo falsamente. -Come stai oggi?- chiese preoccupato, e infondo mi aspettavo una domanda del genere.

Era passata una settimana da quando ricevetti quella notizia.
Rimasi completamente sotto shock, i primi minuti erano assolutamente i peggiori.
Il mio corpo non era in grado di rispondere ai comandi, era come se fosse bloccato da un enorme macigno.
Dentro di me urlavo, ma volevo che gli altri sentissero il mio dolore, che provassero le mie stesse emozioni.
Guardavo un punto indefinito dinanzi a me, non sapevo nemmeno io come spostare lo sguardo, come far capire alle persone attorno a me che ero ancora presente mentalmente e non solo fisicamente.

Bad Reputation. ×Irama Plume.× #Wattys2019 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora