Forty-five. ✔️

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Los Angeles.


Erano passati ormai sei mesi da quando me ne andai da quel carcere.

Sei mesi durante i quali la mia vita sembrava non aver più un senso logico.

Prima di partire per quel lavoro la mia vita era così monotona e semplice, la classica routine.

Avevo alcuni amici, amici ai quali ero parecchio legata, e che purtroppo ero stata costretta ad abbandonare.

Passavo la maggior parte delle mie giornate assieme a loro.
Ero spensierata, allegra, non ero presa da un mucchio di pensieri che a quanto pare ora sembravano darmi il tormento.

Ero così felice di poter vivere la mia vita serenamente.
Senza problemi, intoppi, guai o altre preoccupazioni.

Ero convinta, che, un giorno avrei incontrato il ragazzo giusto per me in uno dei posti che frequentavo spesso assieme ai miei amici.
Invece ho iniziato ad amare così tanto all'interno di quel postaccio un ragazzo che probabilmente ora starà vivendo di nuovo la sua vita normale.

In più, oggi avrei rivisto i miei genitori dopo tutto questo tempo.
Non sapevo se ero pronta, non sapevo come gestire al meglio questa situazione.

Presi un altro dei miei respiri profondi, continuando a camminare nervosamente all'interno della mia stanza.

Speravo, che, una volta tornata a casa la mia vita sarebbe stata la stessa di un tempo, tutto ciò che mi ero lasciata alle spalle.
Ma una parte di me sapeva che niente potrà mai essere come prima.

E non volevo pentirmi di niente, non lo avrei mai fatto.

Quel carcere, lavorare all'interno di quel posto, mi aveva regalato tutto quello che nella vita non avrei mai pensato di poter ricevere.

Mi aveva dato la possibilità di conoscere l'amore della mia vita.
Quell'amore che ti porterebbe a fare qualsiasi cosa pur di donare la felicità alla persona che ami.
Quell'amore, nato anche solo da uno sguardo, in grado di farti sorridere anche con una piccola carezza.
Quell'amore folle, incondizionato.
Quell'amore che ti fa conoscere la parte più vera e genuina.
Quell'amore che ti farebbe compiere qualsiasi pazzia, ma sempre in due.
Quell'amore, così forte e puro, capace di sfiorare anche la tua anima.

Filippo era menefreghista e manipolatore.
Lui sapeva come riportare la situazione sempre a suo favore.
Era arrogante e stronzo.
Di tutte le cose più belle, lui sapeva come spezzarle, una ad una.
Lui era in grado di farti entrare in uno dei suoi giochi meschini, privandoti di scegliere una via migliore.
A lui piaceva giocare.
A lui piaceva il brivido, il pericolo, tutto ciò che era sporco, sbagliato e fottutamente insano.

Eppure, era tutto ciò che non avrei mai voluto perdere.

Lui mi aveva privato della mia dignità, della mia ragione.
Mi aveva umiliata, spogliandomi dalle mie piccole fragilità e insicurezze.
Mi aveva mostrato quanto potessi essere vulnerabile accanto a lui.
Aveva preso il mio cuore, usandolo come se fosse il suo sfogo personale.
Ed io glielo avevo permesso, senza alcun ripensamento.

Filippo era proprio quella persona, che nonostante il suo caratteraccio, mi aveva fatta sentire così viva per la prima volta nella mia vita.

Mi aveva dato la possibilità di amare, ed io l'avevo tenuta così stretta.

Potevo continuare a negare la realtà a chiunque, sarebbe stato più semplice.
Ma la verità non era questa.
Filippo mi mancava, più di quanto avrei mai potuto immaginare.
Mi mancava ogni cosa, ogni singola cosa.
Tutto questo faceva così male senza di lui.

-Tesoro!- poco dopo, la voce allegra di mia madre scacció via tutti quei pensieri.
Scossi la testa ripetutamente e andai ad aprire la porta.

-Ciao mamma.- tentai di sforzare un sorriso appena la vidi.
Non era cambiata per niente, i capelli erano più lunghi rispetto al solito, ma per il resto era tutto uguale a prima.

-Vieni qui.- allargó le braccia e senza esitare mi lasciai stringere forte.
Nonostante tutto, mi era mancata parecchio.

-Come stai?- sussurrò felice in mezzo ai miei capelli, lasciando poi un piccolo bacio in mezzo ad essi.

-Sto bene, grazie.- mentii, chiudendo gli occhi per qualche istante.
Inspirai per alcuni secondi il suo dolce profumo, sorridendo leggermente.

-Quanto sei bella, bimba mia.- cessó quell'abbraccio poco dopo, prendendo poi il mio viso fra le mani.

-Mamma, sono sempre io.- ridacchiai, guardandola negli occhi.
Lasció un altro bacio in mezzo ai miei capelli, per poi metterli in disordine.

-Mi dispiace davvero tanto, Emma. Dispiace molto ad entrambi.- sussurrò poi, dopo essersi seduta sul mio comodo letto.

-Certo.- risposi divertita, lasciando scappare una piccola risata amara.

-Papà non ha neanche avuto il coraggio di presentarsi?- domandai poi, portando le braccia contro il petto.

-Tuo padre è stato trattenuto per altri giorni, ci sono state delle urgenze a lavoro e sai benissimo che lui è il più portato in quel campo.- portó una ciocca di capelli dietro l'orecchio, non smettendo neanche per un secondo di guardarmi.

Sospirai, alzando gli occhi al cielo più volte.
Per mio padre sembrava essere più importante il lavoro anziché sua figlia.

-Sono stanca, mamma. Ogni volta è sempre la solita storia, non pensi che io mi sia stufata? Devo ricordargli che ha una figlia a cui pensare o dobbiamo rimandare sempre?- alzai di poco il tono della mia voce, fissando lo sguardo con quello di mia mamma.

-Tesoro, cerca di capirlo. Per tuo padre quel lavoro è importante.- cercó di giustificarlo, il che mi faceva ridere.

-Ed io sono meno importante, non è così?- iniziai a camminare di nuovo avanti e indietro per la mia stanza, completamente nervosa.

-Come pensi che mi sia sentita io dentro quel carcere, mh? Pensi che per me sia stato divertente? In quel periodo il lavoro di papà non andava a gonfie vele, ed io vi ho accontentati facendo qualcosa per la quale non ero affatto felice, una cosa che mi avete totalmente obbligata a fare. Questo dovrebbe essere il ringraziamento mamma? Sentirmi dire che io non capisco mio padre? La verità è che io ci provo, ma lui a quanto pare non si sforza neanche un minimo per comprendere sua figlia.- sputai fuori tutto quanto, come se potesse aiutare in qualche modo a farmi sentire libera.

Mia madre non disse più niente, il che non mi sorprese.
La guardai per altri secondi che sembravano non terminare mai, dopodiché presi il mio cappotto e uscii per andare a fare un giro.

Tutto ciò era insopportabile.
Ero stanca di reggere questa situazione come se non fosse qualcosa di importante.
Perché loro non capivano?
Perché sembrava essere tutto così semplice ai loro occhi?

Pensavo che mi sarei sentita meglio una volta tornata a casa, invece mi sembrava di stare di nuovo all'interno di una piccola gabbia.

Era straziante.

Camminai per altri minuti lungo le strade di Los Angeles, osservando come le persone attorno a me sembravano essere così spensierate e tranquille.

Alzai il viso poco dopo verso un bar che mi piaceva un sacco frequentare assieme ai miei vecchi amici.

Sentii il mio cuore impazzire dentro il mio petto poco dopo, ed io non capivo neanche il perché.

Un ragazzo girato di spalle stava aspettando il suo ordine al bancone.
Indossava degli skinny neri strappati sulle ginocchia ed una camicia color salmone.

Dopo aver ringraziato la ragazza si voltó verso l'uscita e il mio respiro si bloccó per alcuni istanti.

Era successo tutto in pochissimi secondi, secondi che sembravano essersi fermati.

Filippo.

Bad Reputation. ×Irama Plume.× #Wattys2019 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora