Problema

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<<Chi sa dirmi cos'è un virus?>> domandò la professoressa.
Alzai prontamente la mano, aspettando un suo cenno di assenso.
Nessuno, oltre a me, sembrava sapere la risposta e tutti mi fissavano con rabbia.
La docente mi fece segno di parlare.
<<È un parassita intracellulare obbligato, ossia che ha bisogno di un ospite per sopravvivere e replicarsi. Causa molte malattie infettive, tra cui il Rotavirus, l'HIV, l'epatite B e così via>> risposi, cercando di rispolverare tutte le conoscenze sulla biologia che avevo.
Non possedendo unicità ero decisa a conquistarmi un futuro diversamente e lo potevo fare solo studiando più degli altri.
<<Perfetto, come sempre>> rispose lei sorridendomi, attirando ancora più l'odio dei compagni su di me.
<<Piccola smorfiosa, si crede chissà chi ma non vale niente, non ha nemmeno un'unicità>> sentii bisbigliare da qualche angolo della classe.
Era comune per me sentire cose del genere, ma decisi di non darci peso.
Ignorai anche le palline di carta che mi scagliarono contro e continuai a prendere appunti nell'indifferenza più totale.
Dovevo essere forte. Dovevo resistere.
Al suono della campanella per la pausa pranzo tirai un sospiro di sollievo e mi alzai, pronta per andare verso la terrazza della scuola, dove ero solita mangiare in compagnia del verde.
Stranamente nessun compagno ne approfittò per mettermi i bastoni tra le ruote e sorpresa mi allontanai col mio bento fatto in casa.
Raggiunsi in fretta il luogo designato e ne approfittai subito per prendere una boccata di aria fresca a pieni polmoni, per poi constatare che del ragazzo non c'era ancora ombra alcuna.
Feci spallucce e decisi di aspettarlo appoggiata alla balaustra, per godermi un po' il panorama dei ciliegi in fiore in lontananza.
Solo dopo qualche minuto mi ricordai della seconda dose di pastiglie del giorno che dovevo prendere e mi affrettai a recuperare l'astuccio, contenenti la pillole necessarie per coprire l'ultima settimana, prima di andare a ritirare una nuova confezione.
Fissai per qualche secondo l'astuccio con malinconia e feci per aprirlo, ma un forte spintone mi fece aderire completamente contro il ferro della ringhiera. Persi la presa sulle pastiglie e le vidi cadere tristemente verso il giardino di sotto.
Una settimana intera di cura sparita.
Quando mi voltai trovai la ragazza che avevo offeso quella mattina, insieme a tre sue compagne. Le mie attenzioni si concentrarono soprattutto su Mia Terumi, della sezione f, famosa per la sua unicità che consisteva nell'evocare delle fiamme sui palmi delle mani e con cui si dilettava a terrorizzare i ragazzini più giovani.
<<Ti sei divertita stamattina ad aprire la tua boccaccia contro la mia amica, vero?>> chiese lei, sprigionando la prima fiammella.
<<È stata lei a cominciare>> risposi, incrociando le braccia al petto e lanciandole uno sguardo carico di odio.
Lei mi afferrò per il colletto con la mano libera e avvicinò la sua faccia furibonda alla mia.
<<Fai meno la saccente. Posso carbonizzarti quando voglio>> disse, causando un'ovazione di incoraggiamento alle sue spalle.
<<Ah, ma davvero? Perché non ci provi allora? Usa pure il tuo potere, sempre se non ti colpisco io per prima>> mormorai.
Lei sembrò non cogliere e ne approfittai per adottare una posizione di difesa.
Non ero ancora molto brava, ma assumere un comportamento sicuro mi sembrava la cosa migliore da fare.
Sapevo che prima o poi mi sarei messa nei casini col mio comportamento, ma era stato più forte di me rispondere male. Quando attaccavano me non me ne curavo, ma quando mettevano in mezzo anche Midoriya diventavo ingestibile.
Nessuno doveva toccarlo.
In quattro mi avrebbero sicuramente disintegrata, senza nessuna ombra di dubbio.
Mi preparai ad accogliere il mio destino, ma proprio in quel momento la porta si spalancò, rivelando il professore di educazione fisica con il fiatone.
L'uomo soppesò per qualche secondo la situazione e poi il suo sguardo si infuriò, tanto che si avvicinò a noi guardando le ragazze davanti a me con severità.
Dietro di lui la figura del mio migliore amico era ben visibile, seppur leggermente intimidita.
<<Voi quattro, avete una spiegazione convincente per questa situazione?>> domandò, guardando le ragazze.
<<Stavamo solo chiacchierando>> si difese Mia, evidentemente terrorizzata dalle possibili conseguenze.
<<Confermi?>> domandò il docente, fissandomi sospettosamente.
Cercai di soppesare velocemente la situazione e non mi sfuggirono gli sguardi infastiditi delle ragazze nei confronti di Izuku.
Si meritavano decisamente una punizione per la loro vigliaccheria nell'attaccarmi in gruppo, ma vuotare al sacco avrebbe comportato guai e vendette per il mio amico. Non potevo permetterlo.
<<Stavamo solo chiacchierando. Forse la situazione era particolare e ci sono stati dei fraintendimenti, ma non è successo nulla>> mentii prontamente, facendo sgranare leggermente gli occhi al gruppetto di ragazze.
Guardai il ragazzo implorante e lui mi resse il gioco.
<<Beh, quando sono arrivato loro non mi hanno notato e devo aver interpretato male la situazione. Mi perdoni per averla fatta preoccupare>> disse Izuku, inchinandosi leggermente in segno di scuse.
L'uomo sospirò e si passò una mano tra i capelli scuri, congedandoci subito dopo e dichiarando chiusa la faccenda.
Si allontanò e pochi secondi dopo anche le quattro ragazze lo seguirono, senza nemmeno spiccicare parola.
Restammo io e Izuku da soli.
<<Perché lei hai difese? Se avessi raccontato la verità forse le avrebbero sospese>> disse lui.
Sorrisi amaramente.
<<Questo non avrebbe cambiato la situazione. Anzi... tutti ci avrebbero decretato degli spioni e reso la vita ancora più difficile. È meglio così>> dissi io, dandogli velocemente le spalle per impedirgli di vedere la tristezza nel mio sguardo.
<<L'hai fatto per me, vero?>> chiese lui.
<<Chissà>> risposi, guardando di sotto per evitare il suo sguardo. Quel gesto accese una lampadina dentro di me.
<<Dannazione! Le medicine!>> esclamai, ricordandomi solo in quel momento dell'astuccio precipitato di sotto.
Ancora prima di dare il tempo al mio amico di realizzare iniziai a correre, decisa a raggiungere il pianoterra nel più breve tempo possibile.
Giunsi al piano di sotto col fiatone, notando tristemente l'astuccio aperto sopra una grata.
Le pastiglie erano cadute tutte tra i buchi ed erano perse per sempre. Non avevo altre scorte e non volevo passare per un'irresponsabile agli occhi dei miei genitori, non dopo tutta la fatica che avevo fatto per convincerli a rendermi autonoma per i miei trattamenti farmacologici.
Sapevo già cosa avrebbe comportato svuotare il sacco: osservazioni ferree e trattamenti da bambina dell'asilo.
Ricordavo ancora con vergogna la figura di mia madre, eroina di professione, che si presentava ad ogni pausa pranzo per darmi le medicine. Così come ricordavo le risate e le prese in giro dei miei compagni per la situazione.
Mai avrei permesso di tornare in una simile situazione, piuttosto avrei mentito a discapito degli effetti collaterali.
In fondo una settimana senza pillole non mi avrebbe di certo uccisa, ecco cosa pensai in quel momento.
Izuku arrivò proprio in quel momento e realizzò la situazione, notandomi tenere la scatolina capovolta tra le mani e la grata sotto di me.
<<Sono andate perdute?>> domandò.
<<A quanto pare>> commentai.
<<Erano quelle per una sola settimana, no? Puoi dirlo ai tuoi genitori e farle riprendere in anticipo>> consigliò.
<<Non è così semplice, Izuku. È un farmaco molto costoso e molto difficile da ottenere, figuriamoci in anticipo. E poi i miei genitori mi darebbero dell'irresponsabile e renderebbero di nuovo la mia vita un inferno.>>
<<Stai dicendo che vuoi mentire e non assumerle fino al prossimo arrivo? Sei pazza? Lo sai che potresti stare male. L'ultima volta che hai saltato una dose per errore hai iniziato a perdere le forze dopo nemmeno due ore>> disse, ricordandosi l'episodio avvenuto pochi mesi prima.
<<Dannazione, ne sono consapevole. Cercherò di non farmi scoprire e in caso di gravità vuoterò il sacco, va bene?>>
<<Non posso permetterlo. Se non parli tu allora io->>
<<Tu cosa? Andrai a spifferare tutto ai miei? Fallo e non ti parlerò mai più, Izuku. È la mia maledetta vita questa e non posso, non posso tornare a vivere in quelle condizioni. Non posso>> dissi, portandomi le mani tra i capelli.
Lui mi guardò per qualche secondo, osservandomi triste. Si ricordava perfettamente del periodo di vergogna a sottomissione che avevo passato e nemmeno lui moriva dalla voglia di vedermi di nuovo così.
<<Per favore, promettimi che non dirai nulla>> dissi, adottando un tono di supplica che non mi apparteneva.
Il ragazzo tentennò e fece un passo indietro, evitando il mio sguardo.
<<Se inizierai a stare male non resterò fermo con le mani in mano. Smettila di parlarmi, se lo ritieni necessario, ma non negarmi di salvaguardare la tua salute. Tu mi hai sempre protetto da tutto e da tutti, ma adesso tocca a me. Ti starò vicino e al minimo cenno vuoterò il sacco, questo è il massimo che posso fare>> disse lui, fissandomi con una serietà e una determinazione che mai gli avevo vista stampata in faccia.
Mi gettai tra le sue braccia, stringendolo forte a me. Lui non tentennò nemmeno per un secondo e mi strinse a sé di rimando.
Restammo lì.
Io a pregare di stare bene nonostante le mie bugie e lui a pregare per il buon esito della settimana che mi aspettava.

SPAZIO CENTRIFUGA DI PANDACORNI
Ho pubblicato subito il secondo capitolo, allo scopo di avviare un po' questa storia.
Per ora ho diversi capitoli pronti e spero di riuscire a procedere a ritmo sostenuto, visto che ho completato una della mie storie e sono in fase di completarne un'altra.
In teoria dovrei avere abbastanza tempo.
Alla prossima pubblicazione, bye!

Timeless (Bakugou/Todoroki x Reader)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora