Senza voltarsi

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Quella mattina per quanto mi sforzassi non riuscivo a stare dietro al passo di Katsuki, oramai diversi metri avanti a me.
Solitamente il ragazzo camminava sempre molto velocemente, ma di prassi io aumentavo la mia andatura e in qualche modo riuscivo ad affiancarlo sempre e comunque. Anche perché lui non si scomodava nemmeno minimamente di rallentare o di aspettarmi, col rischio di lasciarmi indietro come l'ultima delle stupide.
Ne ero ben consapevole, ma non riuscivo comunque a mettermi in testa di accelerare e di conseguenza le mie gambe continuavano a muoversi una dopo l'altra con un ritmo molto più rilassato del mio abituale.
Inizialmente accostai il tutto alla mia stanchezza, accumulata dopo una notte pressoché quasi insonne, ma poi capii da me la vera motivazione: la verità era che avevo paura di arrivare a scuola e di rivedere nuovamente lo stesso viso freddo che Shouto mi aveva rivolto il giorno prima per tutta la durata dello stage.
Avevo paura di arrivare lì e di rendermi conto definitivamente del divario che si era improvvisamente e quasi inspiegabilmente creato tra me e lui nel giro di poche ore.
<<Vuoi muoverti? È da stamattina che continui a darmi sui nervi. Non voglio arrivare tardi solo per colpa della tua fottuta pigrizia>> mi richiamò improvvisamente il biondo, facendomi quasi sussultare dallo spavento.
Lo trovai fermo ad aspettarmi qualche metro più avanti, col viso girato di circa trenta gradi nella mia direzione e un'espressione truce come poche prima di quel momento.
Mi stupii enormemente, siccome fino a qualche momento prima mi sarei aspettata di essere lasciata indietro senza il minimo scrupolo.
Evidentemente dovevo averlo sottovalutato.
<<Non preoccuparti per me, puoi andare avanti se vuoi. Io prima o poi arriverò>> risposi sottovoce, vergognandomi come una ladra per il senso di colpa. In fondo mi stavo comportando senza volerlo come una palla al piede, mentre lui non era esattamente la persona più paziente del mondo.
Katsuki non rispose in un primo momento e per un secondo mi sfiorò l'idea di vederlo riprendere il suo cammino senza pronunciare parola alcuna, ma non andò così.
Il ragazzo infatti prese a camminare nella mia direzione e una volta a un palmo da me afferrò rudemente il bordo della manica della mia giacca, usandola come mezzo per iniziare a trascinarmi dietro di sé. <<Stai zitta e muovi il culo. Non ho voglia di sorbirmi le domande stupide delle tue amiche quando mi vedranno arrivare da solo, nemmeno fossi la tua dannatissima balia.>>
Quelle parole mi fecero quasi sorridere, perché trovai dietro di esse una scusa per non ammettere che non voleva lasciarmi indietro.
<<Grazie davvero>> dissi quindi io dal nulla, ottenendo in risposta un suo sguardo truce.
<<Grazie per cosa, esattamente?>> chiese lui di conseguenza, utilizzando un tono quasi minaccioso.
Non risposi a parole, ma semplicemente scuotendo la testa con un'espressione vagamente arresa, come per comunicargli che non serviva spiegare nulla.
<<Come ti pare>> disse infine.
Poi nessuno parlò fino all'arrivo a scuola, dove il biondo lasciò la mia manica pochi metri prima del cancello.
Il tragitto non era stato particolarmente lungo e avevo apprezzato la sua intenzione di non rivolgermi parola alcuna. Mi aveva infatti dato l'opportunità di riorganizzare i miei pensieri e di meditare un po' rispetto a tutta la situazione.
Forse l'aveva fatto consapevolmente o forse semplicemente non aveva avuto nessuna voglia di parlare con me. In ogni caso gli ero profondamente grata per la sensibilità che aveva dimostrato a modo suo, decidendo di non lasciarmi indietro e di non forzarmi a parlare sul momento, siccome avevo dimostrato visibilmente di non averne l'intenzione, né tantomeno la voglia.
Mi aveva immensamente stupita.
Il ragazzo, dopo avermi lasciata, aveva continuato a camminare da solo, senza rendersi conto della mia figura ferma davanti alla struttura, persa nei propri pensieri.
Oltre quell'ingresso mi aspettavano un ragazzo che non credevo di avere la forza di rivedere e delle parole che avevo paura di pronunciare, ma ancor di più che avevo paura di sentire.
Avevo vissuto quelle settimane credendo di avere a separarci poco più di un millimetro, mentre in quel momento la distanza tra noi non solo era tornata come quella di un tempo, ma era anche aumentata. E forse era destinata a non accorciarsi mai più.
Tuttavia Katsuki qualche secondo dopo si voltò nuovamente nella mia direzione e notandomi ferma mi rivolse uno sguardo carico di rimprovero.
Le sue labbra mi mimarono qualcosa che non riuscii propriamente ad afferrare nella loro interezza, ma captai comunque qualche minaccia, abbastanza convincente da sbloccarmi.
Superai quindi il cancello, quasi affrettandomi, forse per la consapevolezza di non poter rimandare ulteriormente qualcosa che non poteva essere rimandato ancora.
Non potevo più tornare indietro, non potevo più avere paura. Dovevo essere forte.

• • • •

Shouto sedeva come suo solito nel banco accanto al mio, tuttavia sembrava come se a dividerci ci fossero chilometri e chilometri di distanza.
Il suo viso era sempre bellissimo come al solito, ma era freddo come mai mi era capitato di vederlo prima di quel momento.
Nel corso delle settimane si era aperto molto con la classe, talvolta arrivando anche a sorridere quasi impercettibilmente, ma quella mattina sembrava essere tornato il ragazzo che era un tempo.
Era infatti arrivato in classe pochi secondi prima del suono della campanella e non aveva quasi risposto ai saluti dei nostri compagni di classe, limitandosi solo a fare dei piccoli cenni abbozzati con la testa, senza nemmeno distogliere lo sguardo da davanti a sé.
Aveva poi preso posto nel suo banco, senza calcolare minimamente le domande a lui rivolte rispetto allo stage e senza nemmeno notare il mio sguardo fisso sulla sua figura.
Poi le lezioni erano cominciate e con loro erano cadute tutte le mie intenzioni di affrontarlo immediatamente senza perdere altro tempo. Dovevo solo aspettare la pausa pranzo, cercando di comportarmi nel frattempo nel modo più naturale possibile per non far preoccupare i miei compagni di classe.
Quella mattina infatti mi ero sforzata al massimo per chiacchierare con il mio gruppo di amici nella maniera più sciolta e docile possibile, partecipando attivamente alla conversazione e mostrandomi interessata a tutti i loro racconti.
Chiaramente tutti avevano notato il mio volto leggermente provato, ma avevo liquidato la questione dichiarando di non aver dormito quasi per niente a causa di vari pensieri e avevo alleggerito l'atmosfera con una battuta, fortunatamente riuscita nell'intento di farli ridere. Ero riuscita ad ingannare tutti, tranne il mio migliore amico.
Izuku infatti si era mostrato subito confuso davanti alla mia figura, non appena aveva incrociato il mio sguardo e i suoi dubbi dovevano essersi accentuati quando avevo iniziato a parlare, siccome mi conosceva da talmente tanto tempo e talmente bene da captare immediatamente la stranezza nei miei comportamenti.
Non mi aveva detto nulla a voce per non attirare su di me le attenzioni della classe, quando visibilmente avevo dimostrato di voler passare inosservata, ma l'avevo capito dalla sua espressione e dal modo preoccupato che aveva mantenuto mentre seguiva con lo sguardo i miei movimenti.
Lo stesso sguardo pieno di consapevolezza che avevo visto anche negli occhi di Katsuki quando ci eravamo incontrati nei pressi delle nostre abitazioni e che aveva continuato a posare su di me più e più volte prima dell'inizio delle lezioni e anche durante. Infatti non di rado lo avevo beccato leggermente voltato nella mia direzione, salvo poi tornare a guardare avanti dopo essersi reso conto di essere stato beccato da me o da qualcun altro.
Ero riuscita a notare tutte queste cose, nonostante le mie attenzioni quasi totalmente monopolizzate dalla figura di Shouto Todoroki, dalla figura di quel ragazzo che non potevo negare di amare. Non dopo tutte le sensazioni che era stato capace di scatenare dentro di me e non dopo tutti i momenti condivisi insieme.
Continuai quindi a guardarlo di soppiatto per tutta la mattinata, ascoltando a malapena il fiume di parole dei professori che spiegavano le proprie lezioni del giorno, sentendo a malapena il suono della campanella che ci informava della pausa pranzo.
Mi ridestai solo notando il ragazzo bicolore alzarsi come scottato e iniziare a camminare in direzione della porta prima di chiunque altro.
<<T/N, oggi pensavo di prendere una porzione di riso con cotoletta di maiale, ma volevo prendere anche altre cose e non voglio sprecare nulla, quindi ti va di dividere con m->> cercò di chiedermi Mina, magicamente sbucata davanti al mio banco alla velocità della luce.
<<Scusa Mina, adesso vado di fretta, ma va bene... prendi quello che vuoi e poi arrivo>> le dissi in modo sbrigativo, liquidandola in modo abbastanza maleducato da parte mia.
Mi sarei scusata dopo, perché la mia priorità in quel momento era raggiungere Shouto. Raggiungerlo e costringerlo a parlare seriamente con me una volta per tutte.

CUSCINI PER ELEFANTI COI PIEDI GONFI

Ammetto di aver scritto questo capitolo sul momento e non so cosa ho tirato fuori.
Di solito li scrivo a step e rileggo mille volte, oggi invece mi girava così e sono riuscita a scriverlo tutto insieme ahahaha
Spero che il risultato non sia deludente. Io so solo che mi sto deprimendo da sola.

Ultimamente non ho molto tempo, ma quel poco che ho lo uso per scrivere qualcosa o per deprimermi sopra a qualche manga shojo (non c'è niente da fare, sono i miei preferiti... anche se leggo tutti i generi). A voi piacciono o avete qualche altro genere preferito? Quali sono i vostri manga preferiti? (Oggi sono curiosa)

Timeless (Bakugou/Todoroki x Reader)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora